Riforma della famiglia? Qualche riflessione sul ddl Pillon
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Credo che sia un dovere etico morale, oltre che politico, che mi porta a prendere in esame e denunciare ciò che sta accadendo circa alcuni provvedimenti attualmente all’esame del Senato. Mi riferisco in particolare al disegno di legge n.735, Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità, proposto dal senatore leghista Pillon e da altri, sul quale vorrei portare la dovuta attenzione, per gli effetti che siamo già sicuri comporterà, se malauguratamente venisse approvato.
Molte sono state le manifestazioni prevalentemente di movimenti e associazioni femminili che di recente hanno denunciato l’allarmante proposta del senatore leghista Pillon, su questa cosiddetta riforma del diritto di famiglia e dell’affidamento dei minori in caso di separazione e, anche se la cosa sembra non turbare più di tanto l’opinione pubblica, credo che per tanti aspetti sia davvero una proposta di legge di inaudita, che presenta una visione distorta dei diritti dei bambini, dei figli e delle donne nei casi di separazione familiare.
Davvero interessante e completa, a questo proposito, l’inchiesta presentata su Rai3 alcuni giorni fa dalla trasmissione ‘Presa diretta’, che ha correttamente presentato i vari aspetti dei motivi ‘ispiratori’ di questi sedicenti legulei, degli effetti e conseguenze gravi che possono derivare dall’approvazione del citato disegno di legge.
Questi i punti cardine su cui si fonda il ddl Pillon : la mediazione civile obbligatoria – e a pagamento dopo il primo incontro – per le questioni in cui siano coinvolti i figli minorenni, la “bigenitorialità perfetta” ossia tempi paritetici per entrambi i genitori con i figli, il contrasto all’alienazione parentale, il mantenimento diretto senza automatismi.
Occorre notare che la figura del mediatore familiare obbligatoria è davvero avvilente: forse il senatore leghista Pillon – mediatore famigliare – vuole rendere edificante la propria attività, ma è innegabile che vi sia un evidente palese conflitto di interesse, proprio perchè tale figura diventa addirittura obbligatoria e indicata fin dai primi articoli di questo disegno di legge.
La proposta di Pillon prevede diversi cambiamenti rispetto alla norma attuale. In primo luogo c’è l’addio all’assegno di mantenimento, dato nella maggioranza dei casi alle mamme, con cui il padre passa ogni mese una cifra stabilita per i figli. Se il disegno di legge di Pillon venisse approvato, mamma e papà dovranno invece provvedere ognuno a metà delle spese. Viene tolto l’assegno perché i figli avranno due case e due domicili e, a meno di accordi diversi presi dai genitori, ogni bambino o bambina dovrà passare lo stesso tempo con i genitori, che non dovrà esser inferiore ai 12 giorni al mese. Secondo il testo, questo dovrebbe garantire un giusto equilibrio nei rapporti con entrambe le figure genitoriali, senza tenere in debito conto però il problema dei bambini in sempre in trasloco, da una casa all’altra.
Ebbene le preoccupazioni più grandi riguardano appunto la tutela dei bambini, proprio quei soggetti che il ddl n. 735/2018 dice di voler proteggere, ma l’allarme riguarda anche le donne, soprattutto quelle in condizioni di difficoltà e vittime di violenza.
C’è da pensare che chi ha redatto il testo del disegno di legge non si renda affatto conto del contesto in cui viviamo e non sappia minimamente ciò che accade nei tribunali, nei territori e soprattutto tra le mura domestiche. Il testo sembra quasi completamente ignorare la diffusione della violenza maschile che determina in maniera molto significativa le richieste di separazioni e genera gravi tensioni nell’affidamento dei figli, che diventano in molti casi soprattutto per i padri, oggetto di contesa e strumento per continuare ad esercitare potere e controllo sulle madri.
Con l’eliminazione dell’assegno di mantenimento, se si dispone il doppio domicilio dei minori, si danno per scontate le disponibilità economiche anche da parte delle donne, molto spesso impossibili da garantire, proprio perché il nostro paese ha elevatissimi tassi di disoccupazione femminile e presenta ancora un gap salariale che continua a espellere dal mercato del lavoro le madri, ne penalizza la carriera e garantisce sempre meno servizi in grado di conciliare le scelte genitoriali con quelle professionali, mentre scarica i crescenti tagli al welfare sulle donne schiacciate dai compiti di cura. Si tratta di un elemento di grave sottovalutazione, perché vi è un effettivo squilibrio di potere e di accesso alle risorse fra madre e padre, proprio perché sappiamo benissimo quali siano in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi, le condizioni lavorative delle donne madri. Proponendo un’equiparazione di contribuzione economica tra i genitori in caso di separazione, emerge che la situazione delle donne è quindi vincolata necessariamente al grado di autonomia finanziaria per reggerne il costo, anche a prescindere dal fatto che la separazione sia richiesta per atti di violenza commessi dal coniuge nei suoi confronti e nei confronti dei figli, perché per provare questi aspetti occorre tempo. Occorre ricordare, infatti, che per le denunce di violenza occorre arrivare ai tre gradi di giudizio per avere sentenze definitive.
Nelle denunce delle associazioni appare chiaro che rispetto a questa situazione, già oggi nei tribunali le donne incontrano difficoltà enormi nel denunciare le violenze subite, non sono credute, devono affrontare una pesante percorso di analisi da parte di un sistema giuridico e sociale che ancora tende a spostare la responsabilità degli atti violenti sulla vittima del reato, piuttosto che sull’autore. Inoltre, in molte interviste a questi legulei, non è raro sentirli ripetere che la colpa, in ogni caso, è delle madri, accusate di inadeguatezza genitoriale per non essere riuscite a tenere insieme la famiglia, per non aver tutelato i minori dalla violenza diretta e assistita o per non consentire ai padri di continuare a mantenere una relazione con i figli generando in essi avversità e alienazione.
Molti giuristi ci dicono che la presenza di violenza rende sconsigliabile se non impraticabile secondo le normative attuali, ma anche secondo le diverse discipline scientifiche chiamate in causa, sia la mediazione familiare, sia l’affidamento congiunto, così come è palesemente riconosciuta l’inefficacia di percorsi prescrittivi ampiamente previsti nella proposta di legge in questione.
Ebbene mi chiedo che ne sarà della vita di quei bambini che si troveranno in condizione di separazione familiare, già in condizione affettivo- relazionale critica, chi pensa a loro?
Penso che il ddl Pillon sia un anacronistico esempio di incapacità di legiferare, che non tiene conto dei diritti di tutti, soprattutto dell’infanzia, di quei figli che vengono contesi e trattati come fossero automi da manovrare verso un genitore o l’altro, senza tener conto della loro sensibilità , delle loro scelte, incidendo sulla loro vita con interventi che segneranno per sempre il rapporto e le relazioni socio affettive con gli altri.
Sto pensando che dovremo trovare il modo per fermare ad ogni costo questo ddl che non fa altro che produrre sui bambini, sui figli dei genitori che si separano, profonde ferite e potenziali danni psicologici se venissero applicate effettivamente le indicazioni del testo. E’ aberrante che i primi a pagare siano proprio i bambini alla faccia della difesa della famiglia, di una famiglia dove possono essere agite anche terribili violenze. Abbiamo capito che l’obiettivo primo è relegare le donne a un ruolo subalterno di pure fornitrici di prole e che devono dipendere da un mondo che ha Dio, Patria e Famiglia come unico e inderogabile feticcio da perseguire. La famiglia per diritto naturale non può sciogliersi, anche se i bambini vivono in un contesto in cui padre e madre litigano continuamente o agiscono abusi e violenze di ogni tipo. Se si rifiutano di andare col genitore violento o abusante vengono comunque costretti a stare anche con questo…che in genere è il padre. Allora può capitare che i figli che si oppongono possano essere allontanati dalla madre e venga invocata “l’alienazione parentale” e addirittura finiscano per essere affidati altrove.
Mi chiedo: è un caso che Pillon svolga patrocinio legale presso l’associazione dei padri separati con la quale ha un palese condizionamento quasi lobbistico?
Tantissime sarebbero le obiezioni da aggiungere, basti dire che la visione del rapporto di coppia, della tutela dei minori e del senso della vita familiare, oltre che del ruolo marginale della donna nel contesto sociale, appaiono declinati secondo una chiusa visione integralista che ci riporterebbe a una dimensione classista di chiusura completa di una reale parità uomo donna e soprattutto della difesa dei diritti dei minori. Non possiamo essere indifferenti perché tutto ciò sembra richiamare inevitabili effetti assimilabili a quelli ai tempi dell’inquisizione.
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Loredana Bondi
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