LA LETTERA
Chi ha paura dell’obiezione di coscienza? La risposta di una lettrice
Tempo di lettura: 3 minuti
da: Ilaria Baraldi
Gentile Direttore,
desidero condividere alcune considerazioni all’indomani della pubblicazione della lettera di Patrizio Fergnani sull’obiezione di coscienza [leggi].
In primis: accanto ad una rispettabile narrazione personale di vita, coscienza, lotte e valori si tenta forzosamente di accostare l’obiezione al servizio militare all’obiezione di medici e farmacisti nell’esercizio delle loro funzioni. Ciò è poco sensato. Le obiezioni sono tutte diverse perché diverso è ciò verso cui si obietta.
Per quanto attiene gli obiettori in campo medico, occorre sottolineare che il loro diniego, pur legittimo, produce uno scompenso nella gestione dei casi di interruzione volontaria di gravidanza e di dispensa dei farmaci della cosiddetta contraccezione d’emergenza. Si tratta, in questo caso, di un interesse individuale (ancorchè previsto e consentito dalla legge) che rischia di compromettere altri interessi individuali, altrettanto legittimi (il diritto a scegliere liberamente del proprio corpo e della propria salute). È in casi come questo che il pubblico deve intervenire per riequilibrare le eventuali carenze e i disservizi che impediscano a chi lo desidera di accedere alle cure, agli interventi sanitari e ai farmaci di cui necessita.
I dati del 2014 parlano, per il solo ospedale Sant’Anna, di 13 ginecologi obiettori su 17, cioè il 76,5%: la più alta percentuale di tutta la regione Emilia Romagna. Anche in ambito Asl le percentuali di obiezione si attestano al 63,3%. In altre regioni i dati sono ancora più allarmanti, con un picco del 93,3% in Molise e dell’80,7% in Lazio e Abruzzo; in alcune province del sud Italia è impossibile abortire, il che costringe spesso a spostamenti anche fuori dalla propria regione, con le immaginabili difficoltà emotive, fisiche ed economiche di chi necessita di accedere al servizio, per non dire del carico di lavoro abnorme che finisce col gravare solo sulla minoranza di medici non obiettori. Non voglio qui aprire il dibattito sulla reale natura dell’obiezione dei tanti medici, anche se risulta difficile pensare che sia per tutti il frutto di reali convinzioni morali. È bene invece confrontarci con altri paesi europei, se non altro perché il Consiglio di Europa ha appena condannato il nostro paese per la sostanziale mancata applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
In Francia tutti gli ospedali pubblici hanno l’obbligo per legge di rendere disponibili i servizi di interruzione della gravidanza. In Inghilterra è obiettore solo il 10% dei medici ed esistono centri di prenotazione aperti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Tutti gli operatori che decidono di lavorare nelle strutture di pianificazione familiare non possono dichiararsi obiettori. In Svezia il diritto all’obiezione di coscienza non esiste proprio. Gli specializzandi in ginecologia e ostetricia che pensano che l’aborto sia una cosa sbagliata vengono indirizzati verso altre specializzazioni.
In qualità di consigliera comunale – nell’ambito del panorama poco sopra descritto – ho ritenuto di chiedere all’Amministrazione, tramite lo strumento dell’interpellanza, quali siano i numeri dell’obiezione di coscienza delle farmacie comunali e quale sia l’orientamento del Comune e dell’Azienda Farmacie Municipali circa il doveroso e necessario rispetto della normativa, che prevede il rilascio senza obbligo di ricetta della cosiddetta “pillola del giorno dopo”, contraccettivo d’emergenza (quindi non un farmaco abortivo), poiché – evidentemente – quel servizio DEVE essere garantito.
Nessuna caccia agli obiettori, quindi, ma una richiesta di chiarimento, nell’ambito delle mie funzioni consiliari che – per come le interpreto – prevedono una corretta informazione dei cittadini interessati affinchè la libertà di scelta sia rispettata per tutti, non solo per alcuni.
Sull’affermazione, poi, che l’atteggiamento mio e di quanti la pensano come me sia frutto dell’”intollerante pensiero liberticida che ci circonda con la finta espressione di chi tenta di accreditarsi come difensore dei diritti” (sic), vorrei ricordare che la libertà di coscienza non può ricevere, in uno stato di diritto, una tutela maggiore rispetto a qualsiasi altra libertà il cui esercizio sia normativamente previsto e tutelato per legge. Al di là delle profonde differenze che separano la mia visione del mondo, e dei cittadini e dei diritti in esso, da quella di Fergnani, questo mi pare il punto: che tutti hanno una coscienza, anche se alcuni pretendono di averla migliore.
Ilaria Baraldi
Sostieni periscopio!
Riceviamo e pubblichiamo
I commenti sono chiusi.
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it