Renzi e la voglia di partito unico
da Gentedisinistra
Il termine ‘democratura’ è un neologismo usato spesso da Eugenio Scalfari per indicare una sorta di ibrido tra democrazia e dittatura, con preponderanza sostanziale della seconda, cui ci sta portando l’attuale governo Renzi con le sue riforme istituzionali.
Tutto avviene senza che la maggior parte dell’opinione pubblica si renda conto della gravità della cosa e con il complice silenzio di tutta l’area Pd, al centro come in periferia (con poche lodevoli eccezioni). Non si comprende come sia possibile che quasi tutta l’area politico-sociale e dell’associazionismo vario che fa riferimento al PD, nel 2006 si battesse contro riforme analoghe (ed anzi meno pericolose) proposte da Berlusconi ed ora che le propone Renzi le consideri un toccasana o, nel migliore dei casi, le lasci passare con il suo silenzio.
Eppure in queste ore si sta consumando un delitto istituzionale: si sta costruendo un micidiale ingranaggio che di fatto piega le istituzioni al potere dell’uomo solo al comando, annulla il principio di rappresentanza assegnando artificiosamente il potere ad una minoranza che governerà non in nome del popolo, di cui non è più espressione democratica, ma contro il popolo. Vediamo gli anelli della catena antidemocratica in cantiere. Il Senato non sarà più elettivo ma nominato dai consigli regionali, cioè dalle maggioranze in essi determinate, quindi i senatori non esprimeranno il corpo elettorale di quelle regioni ma solo le loro maggioranze consiliari. La cosa è particolarmente grave se si pensa alla natura autoritaria di molte leggi elettorali regionali. Emblematico è il biltz con cui il Pd, ormai il partito della ‘democratura’, ha fatto approvare in Umbria una legge elettorale che assegna al partito di maggioranza relativa il 60% dei seggi senza prevedere neppure una soglia minima di voti per ottenere il premio: cioè anche un partito con il 20% dei voti potrebbe ottenere il 60% dei seggi. Degno di Putin (o di Stalin). Sono questi consigli regionali che nomineranno i senatori. Questo Senato, non elettivo ed antidemocratico, potrà votare cose importanti come riforme costituzionali, leggi importanti ed elezione degli organi costituzionali di controllo. Il secondo anello della catena è l’Italicum: anche qui, con il premio al partito e non alla coalizione e con il ballottaggio, già al primo turno con il 40% si ottiene un corposo premio del 15% che conferisce il 55% dei seggi. Più probabile comunque che si vada al secondo turno: il partito che vi accede pur avendo ottenuto percentuali basse al primo turno e che vincesse il ballottaggio anche con gli stessi voti presi al primo turno, otterrebbe il 53% dei seggi. Cioè un partito che vale ad esempio anche il 20-25% può ottenere la maggioranza assoluta dei seggi; il fatto che ciò sia consentito ad un partito e non ad una coalizione accentua il segno autoritario dell’operazione Il tutto in barba ai principi costituzionali di rappresentanza e di uguaglianza del voto sanciti dalla costituzione e ribaditi dalla Corte Costituzionale nella sentenza sul Porcellum. Questa legge si ispira alla legge elettorale ‘Acerbo’ voluta dal fascismo. E’ una legge ad uso e abuso di Renzi che, sulle ceneri del Pd, vuole costruire il partito unico della nazione (vi dice qualcosa?). Terzo anello della catena si lega al fatto che le riforme renziane fanno saltare il sistema di garanzia democratica voluto dall’art. 138 della Costituzione, quel meccanismo rinforzato e a maggioranze qualificate per cambiare la Costituzione ad evitare ciò che fu consentito al fascismo, cioè che una minoranza possa stravolgere la legge fondamentale che regola i rapporti tra i cittadini: è evidente che, con le riforme ora in cantiere, se si consente ad un partito di avere un premio così corposo di seggi e di controllare le Camere nei modi truffaldini descritti compresa la nuova composizione non elettiva del Senato, le maggioranze saranno qualificate solo sulla carta. Così il partito unico, con una maggioranza assoluta di seggi drogata artificialmente, potrà aggirare l’art. 138, cambiare a suo piacimento la Costituzione, ma anche eleggersi il Presidente della Repubblica e i membri non togati (cioè di nomina politica) della Corte Costituzionale, asservendo così proprio gli organi che dovrebbero controllare il potere esecutivo e legislativo.
L’ultimo anello della catena è la riforma della Rai che assegna direttamente al governo la nomina dell’amministratore delegato che ha poteri su tutta l’azienda e nelle nomine interne; cioè chi vince le elezioni si prende la Rai e l’informazione in barba alla funzione democratica che dovrebbe avere.
La vocazione autoritaria di Renzi e del ‘Suo’ Pd (che ormai è un partito personale), si riscontra anche in svariati comportamenti. Da ultimo la sostituzione (epurazione) di massa dei dieci parlamentari della minoranza Pd in commissione affari costituzionali in vista del voto sull’Italicum ed in violazione dell’art. 67 Costituzione (ma già di per sè sarebbe un fatto politicamente gravissimo); ma si potrebbero citare numerosi altri episodi. Da ultimo lo strappo istituzionale di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale cioè su un provvedimento che non è del governo ma, trattandosi di un asse del sistema democratico di tutti, dovrebbe essere lasciato alla libertà del parlamento e con convergenze larghe. Renzi trasforma il parlamento in un “bivacco per i suoi manipoli”; è lui a ledere la dignità del suo partito, che ha origini antifasciste, trasformandolo nel promotore di una dittatura mascherata.
Com’è possibile che tutta l’area Pd e le sue associazioni di riferimento, in teoria antifasciste, consentano tutto questo? Discorso a parte va fatto per l’elettorato, che comincia a capire ed in massa si astiene dal voto non sentendosi più rappresentato, e per l’Anpi che è memore del significato della resistenza e difende nettamente i principi costituzionali e democratici. Per il resto sul carro di Renzi sono saliti quasi tutti all’ultimo momento (con cambiamenti di idea repentini, e talora persino ridicoli, su temi di fondo) e sembrano indifferenti alla china autoritaria in cui Renzi sta trascinando il paese.
E’ in atto un misfatto non solo politico-istituzionale ma anche sociale.
Infatti questo processo istituzionale non è cosa avulsa dai problemi dei cittadini: costruire un sistema con cui con i voti di pochi elettori si governa in modo totalizzante e non in rappresentanza del popolo, impedisce che le proteste sociali e la partecipazione dei cittadini abbiano il minimo peso e, potenzialmente, consente la repressione in caso esplodano proteste che il potere ritenga inaccettabili. Certo è che i cittadini ed i loro problemi conteranno assai meno.
I cittadini sanno poco di questo percorso, storditi dagli slogan del twitter-renzi e dei suoi corifei che, con frasi banali e vuote, eludono il tema della democrazia appellandosi… all’efficienza della democrazia: ma una democrazia che si suicida è efficiente?

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Riceviamo e pubblichiamo
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)