Referendum, il giudice Imposimato attacca: “Anche il Nazismo è nato così”
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di Simona Gautieri
“I cittadini devo sapere che se passa questa riforma finisce la democrazia.” Lo afferma Ferdinando Imposimato, giudice e presidente onorario della Suprema Corte di Cassazione con riguardo alla riforma della Costituzione, oggetto del referendum costituzionale fissato per il mese di ottobre. “Anche se questa riforma pare indolore invece è il preludio ad un colpo di stato, il tentativo di instaurare una dittatura personale del premier” tuona il giudice Imposimato e piovono applausi di consenso nella gremita sala estense, in piazzetta Municipale a Ferrara, teatro ieri sera di una conferenza organizzata dal Comitato Cittadini 5 Stelle di Ferrara.
L’incontro, dal titolo Di sana e robusta Costituzione…c’è chi dice NO…, prevedeva un confronto tra gli ospiti della serata, Massimo Villone, costituzionalista e professore emerito dell’Università Federico II di Napoli, e Domenico Morace, avvocato del foro di Bologna ed esponente del movimento Agende Rosse, e i rappresentanti delle maggiori testate giornalistiche cittadine. Assente, per motivi famigliari, il giudice Imposimato, di cui è stato proiettato un contributo filmato. Su sollecitazione delle domande poste dai giornalisti e dal pubblico presente in sala, si è cercato di approfondire la natura della consultazione referendaria, chiamata ad approvare o respingere la riforma costituzionale Renzi-Boschi, con digressioni sull’attuale legge elettorale, il cosiddetto Italicum, e sull’eterno problema della corruzione della classe politica.
Il professor Villone critica aspramente la riforma e dichiara “La Costituzione di De Gasperi e Togliatti non può essere toccata da Renzi e dalla Boschi. Non lo accetterò mai!”. Passa poi a smantellare, punto per punto, la proposta referendaria sottolineando come la stessa non possa essere vista come una soluzione all’ingovernabilità del paese. Il problema principale, evidenziato dal professore, è che se passasse il referendum si ridurrebbero gli spazi di democrazia dei cittadini a favore di un neo centralismo statale, di cui il premier sarebbe il massimo esponente, e questo, di fatto, andrebbe a minare le autonomie locali. Spiega Villone che “non si vuole abolire il Senato, ma eliminare la possibilità dei cittadini di votare per il Senato. Un Senato composto da consiglieri regionali e sindaci diverrebbe il Senato dei regionalismi”. Il pericolo, evidenziato dal costituzionalista, è quello che i cittadini si facciano abbagliare dalle promesse, “specchietti per le allodole”, di cui la riforma è infarcita: maggiore governabilità del paese, meno costi della politica, parlamento più efficiente.
“Quando si parla di tempi lunghi, di complessità della politica, si parla non di regole o di procedure ma di politica. Quando si perde tempo nell’approvazione delle leggi, è un problema politico interno alla maggioranza”, spiega il professore e di conseguenza la soluzione non è la riforma della costituzione ma della politica.
Dello stesso avviso è l’avvocato Domenico Morace, secondo il quale la nostra Costituzione è stata concepita come un patto sociale condivisa dai cittadini. Il rischio è che il comune cittadino, stanco del panorama politico nazionale, si convinca che con la riforma costituzionale ci sia una riforma anche della classe politica a favore di una maggiore governabilità che porti ad una ripresa economica dell’Italia. Niente di più falso per Morace che chiaramente ribadisce il pericolo che “ alcuni cittadini sono disposti a farsi rubare la democrazia per avere un paese efficiente. Ma il vero problema è far funzionare le regole con la classe politica, non serve cambiare le regole se la classe politica non muta”. “Servono una serie di pesi e contrappesi”, dice Morace “ e questi, in tutti i paesi democratici sono rappresentati dalle Camere. Per lo snellimento della burocrazia non è quindi necessario massacrare la Costituzione!”.
La serata prosegue con le diverse domande del pubblico che all’unanimità giudica negativamente la riforma costituzionale proposta dal Governo che affonda le sue radici nell’attuale sistema elettorale. L’Italicum assegna un premio di maggioranza pari al 54% dei seggi al partito più votato. Se nessuno dei partiti ottiene almeno il 40% dei voti al primo turno, la Camera viene consegnata al partito che vince il ballottaggio, anche se scelto inizialmente da una esigua minoranza di elettori. Con la riforma costituzionale, rimarcano i sostenitori del NO, si corre il rischio che questa “falsa” maggioranza possa poi governare, praticamente da sola, il Paese. Da una parte quindi, sottolineano Morace e Villone, si va verso una deriva centralista a favore della Camera e del Premier e dall’altro si riduce il Senato ad un covo di interessi regionalistici che non farebbero bene al paese ma solo al “pezzetto di territorio” di cui i nuovi senatori sono anche rappresentanti.
Il monito del giudice Imposimato “anche il Nazismo è nato così”, trova il consenso della platea. Vi è la certezza di aver assistito ad una conferenza articolata e con ospiti di pregio, ma a cui sarebbe, forse, servita l’espressione di una voce fuori dal coro per dare il via ad un maggiore confronto dialettico.
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