Da: Ufficio Stampa CER
All’indomani della Giornata Mondiale contro la Desertificazione il Canale Emiliano Romagnolo vuole stimolare una riflessione molto ravvicinata nel tempo e nello spazio facendo una analisi meteoclimatica dell’area che serve e attraversa con inevitabili influenze sull’irrigazione e le colture. Nel comprensorio dell’Emilia Romagna Centro Orientale infatti – sotteso all’influenza diretta dei benefici idrici del Canale Emiliano Romagnolo – la quantità di precipitazioni caduta dall’inizio dell’anno sino a Maggio è stata la più bassa di sempre, registrata dalla nascita del CER negli Anni ‘50. Solo 70 millimetri nel Ferrarese ed in Romagna e circa 90 mm in provincia di Bologna. Un record perfino se comparata alle medie di Israele uno dei paesi più siccitosi in assoluto cui spesso si fa riferimento; la pioggia è stata appena 1/3 di quella caduta ad Haifa e Gerusalemme, un’area del mondo in cui piovono mediamente nello stesso periodo 300-330 millimetri.
Per queste ragioni di estrema necessità l’attività del canale è iniziata con largo anticipo già da fine Febbraio per salvare i trapianti di bietola da seme che rischiavano di essere compromessi irrimediabilmente per la mancanza d’acqua. Sempre in Febbraio hanno rischiato di soccombere alla siccità le produzioni precoci di colture da foglia come gli spinaci destinati all’industria di surgelati. L’appassimento di centinaia di ettari è stato evitato mediante consistenti prelievi dal Fiume Po da parte del Consorzio CER e della successiva ed immediata distribuzione alle aziende agricole da parte dei Consorzi di Bonifica del territorio: Bonifica Renana, della Romagna Occidentale e della Romagna.
Oltre a questo va considerato che l’acqua prelevata dal fiume Po si è resa indispensabile per alimentare, come di consueto, anche a 3 potabilizzatori romagnoli e all’intero complesso petrolchimico di Ravenna, da sempre collegato e associato al sistema idrico CER. L’assoluta mancanza d’acqua di pioggia è proseguita con severità in marzo, aprile e maggio costringendo le aziende agricole ad irrigare anticipatamente ogni coltura erbacea, comprese alcune centinaia di ettari di frumento ed ad iniziare le irrigazioni su tutti i frutteti e vigneti per non compromettere le produzioni con cascole di frutticini indotte dallo stress idrico. Il 2020 ha ulteriormente dimostrato che il cambiamento climatico sta diventando sempre più severo, con incremento delle temperature medie di quasi 2 gradi in Emilia Romagna e conseguente maggiore necessità di irrigazione per compensare i consumi d’acqua accresciuti. Alle “desertiche” piogge registrate sino a maggio sono seguite alcuni acquazzoni nella prima decade di giugno che, seppur positivi, non hanno raggiunto i 120-140 mm e cambiato la situazione, essendo ben inferiori alla metà di quelle di Israele (330 mm), cioè la metà dell’arido Paese. L’acqua sollevata è distribuita dal CER è stata sino alla prima decade di giugno di 130 milioni di metri cubi; un vero record che ha costretto ad un continuo lavoro le elettropompe e tutti i tecnici operativi addetti agli impianti di sollevamento. Fortunatamente, le piogge cadute in Piemonte e Lombardia hanno mantenuto i livelli del Po a quote idonee al prelievo, seppure in continuo preoccupante calo per settimane.
“Mentre l’acqua del Canale Emiliano Romagnolo sta diventando assolutamente irrinunciabile per l’economia e l’ambiente Emiliano romagnolo – hanno sottolineato il Presidente del CER Massimiliano Pederzoli e il direttore generale Paolo Mannini – il cambiamento climatico sta minando la certezza di un sicuro approvvigionamento dal Po. Il CER è perciò in piena operatività con la sua attività di ricerca sul risparmio idrico con irrigazioni di precisione e sistemi di trasporto dell’acqua intelligenti ed anche con intensi strategici lavori di manutenzione e modernizzazione degli impianti e dei rivestimenti del canale più datati”.
Preoccupati dal peggioramento della crisi climatica come ipotesi di studio si sta anche rivalutando un vecchio progetto di costruzione di un grande bacino idrico sull’Appennino Bolognese di 26 milioni di metri cubi in zona Castrola da collegare al canale per integrare le risorse idriche nei periodi di futura crisi idrica.
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