Anni fa, durante un corso di specializzazione, rimasi colpita dalle parole di un relatore: “Se vuoi lavorare con gli alberi, ragiona da albero”. Forse si trattava di una battuta, forse era una citazione altrui, di certo chi aveva espresso questo pensiero non era esattamente uno qualunque, infatti si trattava di Gildo Spagnolli, una figura mitica per chi si occupa di giardini e di verde pubblico in Italia. Spagnolli ha praticamente fondato la Giardineria del Comune di Bolzano, da lui diretta con energia e competenza per quarantadue anni, creando un esempio di progettazione e di gestione delle aree verdi urbane, stabile e indipendente dalle logiche elettorali. È sufficiente aprire la pagina del sito della città di Bolzano, scorrere i servizi che fornisce la Giardineria e leggere con quanta chiarezza sono espressi, per renderci conto che stiamo parlando di un altro pianeta. Dal vivaio delle piante, ai giardinieri che le curano, fino ai progettisti e amministratori, la Giardineria fornisce un pacchetto di gestione completa, che delega agli esterni solo alcuni interventi di pulizia. Soprassediamo sul fatto che tutto questo ha determinato una conoscenza della complessità del sistema del verde della città che dovrebbe essere una componente fondamentale di chi lavora in questo settore, vorrei però sottolineare un aspetto della Giardineria che mi piacerebbe fosse obbligatorio ovunque: il vivaio comunale.
È evidente che produrre in proprio il necessario richiesto dai progettisti, garantisce una coerenza totale tra progetto e realizzazione e, soprattutto, la qualità delle piante stesse. Piante sane, ben formate, messe in terra nel momento giusto, sono un’ottima partenza per ridurre i costi di manutenzione nel tempo e permettere di ragionare in termini di piantagioni stabili, evitando il cava-e-metti delle annuali. Nel caso degli alberi, la qualità della pianta dovrebbe essere un obbligo, ma non è così. Gli alberi sono organismi straordinari, la loro forma, caratteristica per ogni specie, è una macchina perfetta che ne garantisce salute e stabilità. Quando un albero crea dei problemi, nella stragrande maggioranza dei casi è colpa degli esseri umani. I casi più frequenti sono quelli della diffusione di malattie che si trasmettono usando attrezzi infetti e non puliti, o ignorando le pratiche di smaltimento del legno malato (come nel caso della epidemia di cancro colorato del platano). Poi ci sono errori di piantagione, specie sbagliata per lo spazio a disposizione, con conseguenti sbancamenti di muretti e pavimentazioni, e errori di potatura. Gli alberi non amano le potature, i tagli su legno vivo sono delle ferite che permettono l’ingresso agli intrusi: funghi, parassiti, malattie varie e che possono compromettere la stabilità perché, interrompendo l’asse di crescita, si formano ramificazioni con angolature che, nel tempo, cedono per il loro peso. Basterebbe questo per pensarci bene prima di pigliare in mano una sega a motore e ridurre una pianta maestosa a uno scheletro di legno, eppure questa convinzione è talmente dura a morire che persino l’animazione di apertura di Google, nel giorno di equinozio d’autunno, ci mostrava degli alberi, che dopo aver perso le foglie, avevano la ramificazione tipica di un albero cimato, o ancora peggio capitozzato.
Intorno a noi è rarissimo vedere un albero con la sua forma caratteristica, perché per decenni ai giovani alberi veniva castrata la punta, si spezzava la “freccia”, il ramo che sale dalle radici e esce dalla terra diretto verso il cielo, per favorire una forma regolare, sferica e innaturale della chioma. Ma non c’è verso, continuiamo a ragionare da umani, “perché si fa così”, ma quello che può avere un senso per un albero da frutto che deve produrre molto e vivere poco, non ne ha per un albero che fiancheggia una strada, che fa ombra in un parcheggio o che ci delizia nei giardini. Per le alberature storiche, ormai, bisogna considerare caso per caso, ma per le nuove piantagioni impariamo a scegliere in base allo spazio disponibile, scegliendo piante ben formate e dritte. Ci sono alberi bellissimi, di tutte le forme e dimensioni e, se non abbiamo lo spazio per un gigante in giardino, impariamo a goderne la bellezza in un parco e a scegliere con criterio i nostri amici vegetali, in modo da evitare di ridurli a patetici moncherini privi di grazia e bellezza. Insomma, bisogna avere buon senso e cominciare a ragionare da alberi, e capire che quando un albero potato vigliaccamente produce uno sproposito di ramificazioni, non lo fa perché si diverte, ma perché ha paura e sta cercando di sopravvivere.
[La foto è di Raffaele Mosca]
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Giovanna Mattioli
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