Quella casa nel bosco dove i ricordi rivivono
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Ritornare in un luogo dell’infanzia e del passato quando si è adulti e un po’ distanti. I fratelli Gianrico e Francesco Carofiglio vanno nelle casa dove hanno trascorso le vacanze quando erano bambini, devono chiuderla e consegnarla al nuovo proprietario. La casa nel bosco (Rizzoli, 2014) è un luogo vero che è rimasto come lo avevano lasciato, ma è diventato magico perché fa ritrovare cose e li fa ritrovare come fratelli.
Entrare in quegli spazi è riappropriarsi di un vissuto che, ora, ci si può raccontare insieme. I ricordi di Gianrico e Francesco si completano a vicenda, ciascuno ha il proprio pezzo di memoria da fare valere o da recuperare.
La casa nel bosco è piena di cose scoperte da bambini e di oggetti evocativi che hanno ancora importanza perché l’hanno avuta allora. E poi ci sono gli odori e i sapori fra quelle mura, intatti. La memoria olfattiva è velocissima a riportare indietro, non sembra nemmeno passato tutto quel tempo. Il viaggio di Gianrico e Francesco dalla città alla casa nel bosco che doveva durare lo spazio di poche ore, diventa un viaggio nel tempo, avanti e indietro, a due voci che hanno condiviso tantissimo. Tanto vale passarci anche la notte, negli stessi letti di allora, a parlare a luce spenta, come da ragazzini. La casa nel bosco è piena di notturni, silenzi, buio e candele alla cui luce mangiare e poi andare a dormire.
Una volta tornati in città, c’è un pretesto per rivedersi, Gianrico e Francesco devono ancora fare qualcosa insieme prima di tornare alle rispettive vite, forse ora un po’ meno lontane. Da un vecchio ricettario di famiglia, appartenuto alla nonna e alla mamma, trovano la torta di ricotta che porta con sè altri ricordi, altre digressioni di vita familiare così piene di persone e cibo.
Stanno per iniziare a impastare, è come quando iniziavano a giocare da piccoli, tutto pronto per divertirsi insieme. Non è molto diverso, c’è da tradurre la ricetta dal dialetto, fare attenzione al procedimento, usare per la prima volta un matterello e condividere con l’altro l’obiettivo della buona riuscita.
La torta è pronta, una conquista come quella volta con il Dolce Forno delle cugine. Un autoscatto suggella il tutto prima di fare una sorpresa e portarla alla mamma.

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Riccarda Dalbuoni
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani