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Mettendo ordine nella mia affollata libreria, ho colto l’occasione per rileggere alcuni libri sull’euro e i tre kit che l’Associazione bancaria pubblicò (con il supporto della Banca d’Italia) per i corsisti bancari, per formarli come euro tutor. Non ho trovato sorprese nella lettura, dopo i tanti anni trascorsi con questa valuta, anzi molte conferme e non poche indicazioni sulle cose da fare a livello di impianto e le non poche riforme da realizzare in tempi ben precisi.

Il 25 di maggio si voterà per eleggere i parlamentari europei e i successivi organismi di governo, quindi penso sia utile riprendere quei lontani suggerimenti, per contribuire ad un voto più consapevole.
Di seguito alcuni dei punti forti su cui si basava l’introduzione della moneta unica, pensata come strumento unificante. Alcuni dei passi che le Nazioni e gli Stati avrebbero dovuto compiere, anche a tappe, ma comunque compiere, per raggiungere uno sviluppo armonico e una crescita sostenibile, per misurarsi con il resto del mondo, ridimensionando il signoraggio.
Bilanci convergenti, armonia dei welfare sociali, politiche economiche e di crescita in rete e coerenti, fiscalità diretta ed indiretta in linea, politiche di difesa ed estera comune, governance a maggioranza e senza diritti di veto, politiche dei prezzi conformi, uniformità di diritti sindacali, politiche monetarie e strumenti unici a sostegno dello sviluppo per le nazioni aderenti, erano i suggerimenti forti che venivano segnalati per avere l’Europa che vogliamo.

Se si pensa al libro bianco di Delors nel 1986 e poi a quella bellissima pagina della storia che ci ha offerto la caduta del muro di Berlino tre anni dopo; Maastricht con i suoi tre pilastri; e ora, a dieci anni e più dall’introduzione dell’euro, non possiamo nasconderci i tanti sconvolgimenti in cui, in questi lontani e recenti anni, siamo stati tutti un po’ tutti coinvolti.
Coinvolti anche come singoli, nei comportamenti familiari, a livello locale e globale, come singole nazioni, come democrazie; coinvolti, forse nostro malgrado, dalle guerre vicine, dentro e fuori dai perimetri europei sempre più allargati.

Di questa lunga storia e della geopolitica ci scordiamo spesso, non riusciamo a rifocalizzarla. Ci piace solo, egoisticamente e cinicamente, soffermarci sull’oggi, sul nostro piccolo giardino e sulle responsabilità degli altri, della politica soprattutto.
Quelle note di Bankitalia, però, ci avvertivano dei benefici, dei costi e dei rischi che qui richiamo, non solo per bucare la memoria ma perché la verità è quello che conta, anche per capire il nostro domani.
I benefici: una moneta unica all’interno di un enorme mercato di 400 milioni di persone, significa meno costi di transazione e di incertezze derivanti dalla flessibilità e volatilità dei cambi, trasparenza, compatibilità dei prezzi e massima concorrenza, maggior peso dell’Europa nel contesto internazionale, e quindi vantaggi economici e politici.
I costi: la perdita dell’autonomia monetaria e dell’uso del tasso di cambio in presenza di rigidità nominali.
I rischi: ulteriori ampliamenti dei divari regionali esistenti, gli effetti della maggior specializzazione produttiva e della maggior concentrazione geografica indotta dall’unificazione monetaria, gli attacchi speculativi delle monete “outs” (specialmente contro valute di economia ad alto debito), possibilità di ritorsioni commerciali e rischio di disintegrazione del mercato unico.

Ecco, in sintesi, una lettura dello scenario che, nel processo di integrazione europea e nei meandri dello shock mondiale, ci ha visto trascinarci da almeno un ventennio.
E guai a fare un’analisi dei nostri guai partendo solo dal 2007, dall’inizio della crisi che attraversa noi come Italia e comunque tutta l’Europa, anche con diverse articolazioni.
Se poi andiamo a rileggerci, Le 33 false verità sull’Europa, un intelligente e convincente libro di Lorenzo Bini Smaghi, sicuramente comprenderemo quale pazzia sarebbe uscire dall’Europa, sia a livello politico che monetario.
Sarebbe bene saperne di più su quel 1.936,27. Sul come e perché di quella cifra. La nostra mente allora vedrebbe, nella sua composizione, nei suoi componenti, nei totali parziali e nella somma, dove il tutto non sono numeri ma una condizione, un vissuto, un sentimento, una storia, un popolo.
Una cifra che, col suo criterio di formazione, cioè il tasso di conversione, si articola di ogni valuta del paniere ecu per ritrovare stabilità in parità bilaterale, fissando i valori discreti, poi il rapporto con il dollaro, poi ancora ecu/valute ue, ancora $/ecu, ancora valute /$ e, concludendo il percorso, si ha il tasso di conversione Euro in valute area euro per ogni paese aderente.
La complessità matematica ci porta a dire che tutti questi passaggi (una sorta di vecchia catenaria) sono i tempi di un vissuto sociale, economico, civile, di libertà, del lavoro e dell’impresa, ben quantificati e ponderati in un paniere che ha subito diverse sue composizioni al crescere di un Paese e di una nazione ma, soprattutto, ci piace sottolineare che quella cifra aggiuntiva ed integrativa (sostanziale) è fatta di fatiche, di sudore, di sacrifici, dei pianti e dei dolori delle persone, delle famiglie, delle comunità, di tutti gli italiani.

C’è chi pensa che quella cifra sia troppo alta, c’è chi pensa che occorra tornare indietro, anche correndo il rischio vero di una nuova miseria e di una nuova povertà, mettendo in pericolo anche una storia. C’è chi gioca per un’ideologia e per populismo, c’è chi pensa di raccogliere qualche migliaia di voti in più. Ma può un Paese con una responsabilità così grande e storica essere lasciato cadere nel baratro? Penso proprio di no. E allora attenti a quelle 33 false verità.

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Enzo Barboni



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