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di Fausto Natali

Manca un mese alla chiusura dell’Expo 2015 ed è ancora un po’ troppo presto per fare dei bilanci, ma qualche breve considerazione su un evento che ha posto l’Italia al centro dell’attenzione planetaria si può già proporre.

Va detto, innanzitutto, che il colpo d’occhio è meraviglioso. Da lontano, mentre si arriva, lo skyline dei padiglioni che si stagliano nel cielo lascia a bocca aperta e passeggiare sotto i grandi teli bianchi che coprono il decumano è una bellissima esperienza multisensoriale e multietnica. Il design e le architetture sono il vero punto di forza dell’esposizione milanese, mentre il contenuto a volte è poco convincente. Il concept iniziale che prevedeva grande spazio per i prodotti della terra non è stato del tutto rispettato e alcune rappresentanze nazionali hanno preferito puntare su soluzioni meno impegnative come i video promozionali, che hanno sì agevolato l’allestimento e la cura degli spazi espositivi, ma che producono il medesimo coinvolgimento emotivo di una puntata di Superquark nel salotto di casa, non tale, almeno, da giustificare un viaggio fino a Milano. In alcuni padiglioni, invece, si apprezza lo sforzo creativo e la volontà di portare un concreto contributo al tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. In una prossima occasione analizzeremo i singoli padiglioni e, magari, stileremo una vera e propria classifica degli spazi espositivi più riusciti, ma prima vogliamo offrire un quadro d’insieme della manifestazione.

Milano è caotica e gestire un tale afflusso di visitatori non è cosa semplice. Il risultato, nel complesso, è positivo. I collegamenti con Expo sono piuttosto agevoli: in treno e metro la facilità di accesso è palese e i parcheggi, per chi arriva in auto, sono ben serviti dalle navette. L’attesa alle biglietterie e ai tornelli è breve e i volontari svolgono un prezioso lavoro di assistenza.

Il vero punto debole di tutta la manifestazione sono le chilometriche code agli ingressi degli spazi espositivi. I più interessanti sono del tutto inavvicinabili e alcune ore di coda per un singolo padiglione possono trasformare una giornata piacevole in un martirio. D’altronde, una manifestazione di questo genere ha costi così elevati che possono essere ammortizzati solo da un numero altrettanto elevato di visitatori, i quali gioco forza devono stiparsi entro spazi ben definiti. Le code, con questi presupposti, diventano intrinsecamente inevitabili.

Il cibo, filo conduttore dell’Expo, abbonda. Quasi tutte le rappresentanze nazionali propongono un proprio menu e i chioschi finger food non si contano. La quantità raramente si abbina alla qualità e, a volte, si ha l’impressione che le portate siano preparate con poca cura. In alcuni casi, pochi per fortuna, il servizio e il prezzo sono ai limiti della decenza. Complessivamente, però, l’offerta è molto interessante e spiace di non avere tempo per poter assaggiare tutti i piatti dei centotrenta Paesi presenti. Nota di merito: fontanelle di acqua fresca gratis, anche frizzante, ad ogni angolo.

Una discorso a parte merita l’Albero della vita, straordinario simbolo di Expo 2015. Un magnifico intreccio di legno e di acciaio di quaranta metri che svetta armoniosamente verso il cielo. Lo spettacolo serale di acqua, musica, luci e fuochi artificiali costituisce un richiamo irresistibile per tutti i visitatori. Da vedere assolutamente.

In base ai dati di fine agosto, sembra che la quota di venti milioni di ingressi sarà raggiunta, così come nelle previsioni. Lontana dai 73 milioni di Shangai 2010, ma superiore ai 18 milioni di Hannover 2000, ultima località europea ad aver ospitato una esposizione universale.

Un ultima considerazione: gli stranieri ammontano ad appena un quinto del totale. Peccato perché era una grande occasione per visitare con una passeggiata il mondo intero, ma complimenti ai nostri connazionali per l’interesse, la curiosità e il desiderio di conoscenza.

In conclusione, il tema è stato sviluppato al meglio? Probabilmente no. I numeri sono veritieri? Forse non tutti. Più contenitore che contenuto? Si. In definitiva una manifestazione che non ha del tutto mantenuto le aspettative, ma che nel complesso ha offerto ai visitatori un grande “racconto” sul cibo e l’alimentazione del pianeta. Si poteva fare di più? Certamente, ma nella società dello spettacolo, così come nella caverna di Platone, è sempre più difficile distinguere fra sogno, immagine e realtà. E l’Expo milanese, con le sue contraddizioni, gli slanci creativi, le innovazioni e le buone intenzioni, ne è la prova.

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Redazione di Periscopio



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