“La Sfida di Aracne” è un’associazione culturale ferrarese nata per riportare alla luce e tramandare tecniche di ricamo d’eccellenza, in particolare la tecnica dei “punti in aria”, una trina completamente realizzata ad ago, nata nella prima metà del Quattrocento proprio a Ferrara. Da qualche anno, la presidente Maggiolina Novelli ha avviato corsi di ricamo di pregio, convinta che lavorazioni di questo livello potrebbero anche rappresentare un’opportunità lavorativa per giovani donne e una risorsa economica importante per la città e il territorio.
Abbiamo incontrato Maggiolina e alcune ricamatrici un sabato pomeriggio, durante un corso, per capire in cosa consista questa tecnica così antica e le ragioni della sfida che l’associazione ha intrapreso. “Noi siamo rimaste le uniche a Ferrara a riprodurre questi ricami a mano a livelli di perfezione” – esordisce Maggiolina – “Il ricamo nei sui punti base è praticato da diversi laboratori in Italia (anche se sono ormai sempre più rari); il “punto in aria”, invece, è un’arte tipica del nord Italia, che rischia di andare perduta per sempre, nonostante abbia un grandissimo valore”.
Perché questa pregiatissima tecnica si chiama ‘punto in aria’?
“Si chiamano “punti in aria” perché fatti in un certo senso sul nulla: è un gioco di nodi su una imbastitura che segue il disegno voluto tracciato sul cartoncino. Concluso il lavoro, l’imbastitura viene tolta e rimane soltanto la trina.”
A quando risale tale manifattura?
“Il primo documento che ne parla è del 1441, un documento estense oggi conservato presso l’Archivio di stato di Modena: è il primo documento dell’era moderna europea in cui si menziona una “trina”, il che ci rende veramente orgogliose. Nasce nel Quattrocento in Lombardia, Veneto ed Emilia, come reazione agli sfarzi della Chiesa. Esso si diffuse poi largamente in tutto il nord Italia soprattutto a seguito delle richieste del Concilio di Trento, nella persona di san Carlo Borromeo, il quale intimò ai prelati di non utilizzare più oro e pietre preziose per i paramenti sacri. Così si ‘ripiegò’ sulla trina ad ago che manteneva comunque un alto livello di eleganza, pur nella sua apparente semplicità. Se nel lavoro in oro e pietre preziose il valore è intrinseco al materiale stesso, nel “punto in aria” è il lavoro enorme in termini di ore e perizia che lo trasforma in un oggetto di grande valore. Si tratta di una esecuzione talmente minuziosa e delicata che nei secoli si è per lo più perduta. Questa tecnica è stata in parte ripresa solo a fine Ottocento dalla società Aemilia Ars di Bologna (da allora il “punto in aria” prende anche il nome di Aemilia Ars ossia Arte emiliana), che operava nel campo delle arti applicate e che scelse tra i tanti disegni che ci erano stati tramandati quelli più geometrici e squadrati perché più affini agli stili dell’epoca. A noi piacerebbe far riscoprire anche tutti quei disegni tipicamente Rinascimentali a fitte trame di fiori, frutti, animali e simboli.”
E’ questa la vostra sfida?
“Sì, quella di far riscoprire qualcosa che si è perduto, non solo in termini di patrimonio artistico, ma anche la necessità di riscoprire il valore del tempo e della manualità. Da qui il nome dell’associazione che trae spunto dalla figura mitologica di Aracne, fanciulla abilissima nel tessere, tanto da sfidare la dea Atena in una gara di ricamo.”
Quali le cause del rischio d’estinzione?
“Diciamo che ci sono stati tre grossi scossoni: l’avvento della macchina meccanica ha prodotto un forte arresto delle attività manuali in genere e ha attribuito al tempo lavorativo un valore diverso; poi c’è stato il femminismo, che ha raso al suolo e svilito tutti i cosiddetti “lavori da donna” e, infine, l’importazione orientale (quella coreana in partire dagli anni ’70), che ha portato alla totale decadenza dell’arte del ricamo e alla dequalificazione del lavoro manuale.
A causa di tutto questo noi italiani abbiamo perso un sapere e una tradizione d’eccellenza, non solo per quanto riguarda ricami e le lavorazioni di sartoria, ma anche per la produzione di tessuti come le sete e i lini nell’ambito dei quali eravamo tra i migliori al mondo. Ora la gente non ha nemmeno più la conoscenza dei materiali di qualità, non è più in grado di riconoscere una confezione fatta con un buon tessuto. I turisti stranieri acquistano tessuti e pizzi spacciati per italiani, mentre si tratta di prodotti e confezionati in Cina.”
Che tipo di filo si utilizza?
Soprattutto il numero “100”, il filo più sottile che esista in assoluto. E’ un cotone particolare, molto più delicato di ogni altro cotone.
Quante ore si impiegano per fare un lavoro con la tecnica dell’Aemila Ars a mano?
“Tantissime. Per un centrino 30 ore, per un lavoro come questo che è appoggiato sul tavolo occorrono 150 ore, per chi ha mani esperte e lo fa da una vita come me. Ma non si possono contare le ore; è il lavoro nel complesso che vale, non si può dare a manufatti simili un valore in base al tempo che si impiega a realizzarli. Ogni particolare richiede tempo ed in questo risiede la bellezza; è il gusto del “fatto a mano”. Purtroppo in una società in cui è soltanto l’immediatezza a contare, si perde il particolare. L’arte del ricamo risiede nel particolare.”
Quanto ci vuole per imparare?
“Per imparare l’Aemilia Ars ci vogliono dai due ai tre anni; per riprodurre i disegni originali con tutte le loro rotondità molto di più, perché dipende anche dal movimento della mano e dalla giusta tensione. Per raggiungere la perfezione, tutta la vita. Al corso partecipano donne che hanno età compresa tra i 24 e i 65 anni; tutte hanno iniziato da zero, al massimo dal “punto croce”. In un anno sono passate al “punto giorno”, al “punto erba”, a sfilature importanti fino ad arrivare all’Aemilia Ars. Caterina dopo un anno sta facendo un lavoro su tulle, Margherita ha recuperato una vecchia frangia e sta facendo una tenda su un disegno Liberty e Franca si allena per il “punto in aria” ripetendolo su strisce di cartoncino decine di volte.”
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Fate dei lavori per commissione?
“Sì, e ce li dividiamo in base alle competenze. Ciò a cui puntiamo è realizzare manufatti di alto livello, artigianato di lusso, che oggi potrebbe essere anche solo confezionare le asole di un vestito fatto a mano, cucire i bottoni, attaccare le etichette, ricamare le iniziali per i corredi di alberghi a quattro stelle. Le donne che oggi frequentano i miei corsi potrebbero già da ora essere in grado di fare questi piccoli lavori alla perfezione, se solo si riuscisse ad avviare un laboratorio. Alcune delle signore seguono i corsi per puro piacere perché hanno già una professione, ma per altre potrebbe rappresentare un’opportunità lavorativa. A me arrivano di continuo anche richieste di questo tipo, ma da sola faccio fatica a fare tutto, quindi credo che questo potrebbe diventare un lavoro interessante e redditizio, perché è vero che ci vuole molto tempo (soprattutto all’inizio), ma poi si potrebbe guadagnare anche molto bene.”
Lavori come questi saranno i lavori del futuro secondo lei?
“In un certo senso sì, il recupero del saper lavorare a mano è da considerare come qualcosa di innovativo al giorno d’oggi.”
Lei è un’esperta, ricama ad alti livelli da tutta la vita, che tipo di lavori fa?
“Ho sempre fatto un po’ di tutto. A volte mi occupo di cose molto impegnative come il caso del consolidamento di abito di seta ricamata in oro inserito in una reliquia risalente al 1460. Recentemente mi hanno chiesto il restauro di un arazzo della seconda metà del Cinquecento. Ho anche ricamato abiti per papa Benedetto XVI; il Vaticano mi mandava i tessuti e io li ricamavo. Poi confeziono abiti da sposa, pizzi, ma tante volte mi chiedono anche cose molto semplici come rifinire abiti o fare bomboniere. L’idea dell’associazione e del laboratorio nasce infatti per due motivi: per una mia esigenza, perché appunto da sola non riesco più a gestire la mole di lavoro che mi commissionano, e per non far scomparire le lavorazioni di ricamo di qualità.”
L’idea del laboratorio sta procedendo?
“Sto innanzitutto cercando un luogo idoneo, ma purtroppo per ora non ho incontrato molto interesse e disponibilità, e il motivo è molto semplice: non si riconosce più il valore dei manufatti di qualità, e quando parlo ai miei interlocutori di pizzi e ricami mi rendo conto che le persone pensano alle presine e ai centrini. Ho l’impressione che non siano apprezzati perché sono lavori dimenticati. E pensare che attività come queste sarebbero una risorsa economica importantissima per la città; basti pensare che nel passato intere città sono state salvate dalle donne quando i loro uomini perdevano il lavoro; parliamo di Burano, parliamo del Trentino in seguito alla chiusura delle miniere, ecc. Per ora ci troviamo nel retro di quello che prima era il mio negozio di libri e stiamo benissimo (oltre a ricamare Maggiolina ha gestito dal 1978 la Libreria Antiquaria Victor di p.tta Corelli), ci piace molto lavorare in mezzo ai libri, ma siamo un po’ sacrificate e, nel momento in cui dovessimo iniziare a lavorare sul serio, occorrerebbe uno spazio più grande e attrezzato.”
C’è un’atmosfera serena, rilassata e allegra al corso, si percepisce. Mentre Maggiolina racconta dell’arte del ricamo e del suo progetto, le signore procedono ognuna col proprio lavoro partecipando di tanto in tanto alla conversazione, ma alla domanda “Che cos’è per voi il ricamo?”, non resistono e si scatenano: per Margherita, insegnante garbata e gentile, il ricamo “è la scoperta della manualità, la gratificazione di realizzare con le mie mani un lavoro finito” e – aggiunge – “questo è il mio appuntamento settimanale, il mio momento di totale relax, è un’attività che mi rilassa e mi gratifica insieme.” Caterina annuisce e con soddisfazione aggiunge: “Grazie a Maggiolina ho imparato a riconoscere i tessuti di qualità, prima mi sembravano tutti belli, ora ho un occhio diverso e li distinguo. Lei ha una grande conoscenza delle stoffe e dei materiali e sa dove procurarsi i migliori.” Franca, una simpatica signora dall’accento romagnolo, dice: “Ho sempre pensato che ci potesse essere un paragone tra la pittura del Seicento e il ricamo, per l’attenzione al particolare, per la finezza. E Maggiolina è una bravissima insegnante che ci risolve ogni problema: se ci ingarbugliamo e ci vengono dei nodini, lei arriva e li scioglie, ci aiuta e ci indica come proseguire, con semplicità. È dolce e ha una grande pazienza, e questo ci mette molto a nostro agio, stiamo benissimo con lei.”
Libri antichi e ricamo, passioni particolari, c’è un legame?
Libri e ricami si sono sempre parlati, innanzi tutto perché nei primi si trovavano i disegni per i secondi. Esse sono attività nate e sviluppatesi negli stessi periodi e che si assomigliano, simili gli intenti, simili gli insegnamenti. Anche per fare un libro antico (parliamo degli incunaboli che nacquero nel Quattrocento) c’era un’enorme lavoro di manualità: il libro era interamente realizzato a mano, dalle tesserine in legno incise una per una e composte per creare le parole, alla carta che veniva tirata completamente a mano. Le tesserine erano di due o tre millimetri e le incisioni si facevano come ora si incidono le lettere sui gioielli. Dopodiché venivano unte, poi inchiostrate e infine sistemate parola per parola dentro ad un piccolo contenitore e pressate sotto ad un torchio. Come nel ricamo occorreva la giusta tensione del filo, nella stampa del libro occorreva la giusta pressione. Entrambi i manufatti, libri e ricami, richiedevano una lunga preparazione, molta pazienza e un lavoro minuzioso che dava un altissimo valore al lavoro finito. È questo tipo di produzione di eccellenza ad averci portato ad essere quello che siamo nel mondo, ed è per questo che dobbiamo riportarle alla luce e rivalutarle.
Giorni e orari dei corsi: martedì (mattina e sera) e sabato pomeriggio, piazzetta Corelli 8
Contatti: maggiolina.novelli@gmail.com – mezzogori.beatrice@gmail.com
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Sara Cambioli
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