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Da Matteo Bianchi

Primo giorno di remix al Museo di Storia Naturale: ieri mattina si sono radunati creativi da tutta Italia per cominciare la trasformazione. Museomix è un laboratorio lungo tre giorni che vedrà impegnati i mixer nell’ideazione e costruzione di tre prototipi, uno per ogni equipe che si è formata, utili a migliorare la divulgazione dei contenuti museali. Tre sono anche i “terreni di gioco”, le aree tematiche pensate per l’edizione 2017 della manifestazione: Raccontare la scienza ai cittadini (citizen science), ovvero trasmettere a chiunque l’importanza del metodo scientifico; Un racconto amplificato, lo storytelling dell’evoluzione delle specie, umana e non, ragionando su come narrare le collezioni, e Comunicare l’invisibile, ossia rendere fruibile il patrimonio sommerso dei musei italiani, quello dentro a depositi e archivi non accessibili ai visitatori.

«Sono arrivata da Trieste in treno e non mi aspettavo di essere accolta da una bici Todisco. Ho conosciuto l’evento a Venezia, dove frequento l’università, durante una presentazione di Bam! Strategie Culturali – motiva Costanza Blaskovic, mediatrice culturale – II format mi ha incuriosito subito: studio storia dell’arte e in generale i musei mi appassionano». È molto labile il confine tra evento ricreativo e manifestazione che esprime una professionalità, o meglio, le due dimensioni si sovrappongono: «In questa città si avvertono serietà e impegno rivolti al settore culturale. Museomix è una palestra – conclude – consente di creare una rete di scambi e conoscenze a cui non si accede abitualmente».

Dopo un’attenta visita al museo, oggi le squadre hanno sviluppato un concept con l’obiettivo di identificare un progetto realizzabile entro il fine settimana. Conclusa la fase di design, oggi e domani i mixer saranno interamente concentrati nella produzione del prototipo, divisi tra chi materialmente lo assemblerà, servendosi del fablab, del laboratorio di bricolage e del magazzino tecnologico, detto ‘techshop’, e chi dovrà elaborarne il racconto e il brand, o svilupparne l’aspetto elettronico e software.

Invece Paolo Cocco, mediatore a sua volta, è venuto a Ferrara per mettersi alla prova: «Lavoro al Muse di Trento, e sono di origine sarda – si presenta – la ragione per cui mi sono iscritto è la volontà di lavorare in ambito culturale e farlo insieme, in un contesto libero dai soliti schemi. Non sempre è possibile rinnovarsi, spesso si finisce per confrontarsi con le stesse persone, perciò l’idea di remixare concetti e competenze mi ha convinto». In realtà Cocco è già del mestiere, dato che al Muse si occupa di relazionarsi con il pubblico e di recente si è occupato anche di diverse curatele. «Da questa tre giorni mi aspetto una boccata d’aria fresca, di trovare un approccio diverso, magari sorprendete – incalza – per avere nuovi occhi con cui vedere le stesse cose, come la comunicazione scientifica all’interno del museo».

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