Prescrizioni paracadute e appelli senza rischio: per questo la Giustizia non è tale e i furbi se la cavano
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di Federico Pulga *
17 febbraio 1992. Milano. Il presidente del Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa, esponente socialista, è arrestato dopo aver ricevuto una tangente di 7 milioni di lire. “È un mariuolo isolato”, afferma immediatamente Bettino Craxi, segretario del Psi. Tuttavia Chiesa, sentendosi tradito dal suo partito, fa i nomi di altri esponenti socialisti corrotti, provocando una reazione a catena. È l’inizio di “Mani Pulite”.
Venticinque anni dopo, le speranze dell’epoca sono stroncate, uccise da quella corruzione che ha trasformato la criminalità in routine e gli scandali in ordinaria amministrazione. Il 2017 si apre con lo scandalo Consip (la centrale acquisti della pubblica amministrazione) iniziato con la gara d’appalto Facility Management (Fm4), il cui valore è di 2,7 miliardi di euro, divisi in lotti, assegnati irregolarmente.
Protagonista di questa inchiesta è l’imprenditore Alfredo Romeo, accusato di aver consegnato a Marco Gasparri, dirigente Consip, 100mila euro in tangenti per facilitazioni nell’assegnamento dei lotti dell’appalto Fm4.
E lo scandalo Consip è tutt’altro che un caso isolato. L’Italia versa in una condizione critica: “le opere pubbliche costano più del doppio di quanto costano all’estero”, afferma il presidente dell’Anm ed ex Pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo a “Quante Storie”, su Rai 3, il 23 febbraio. La causa è la corruzione dilagante, che divora l’economia con un sistema di tangenti che non è morto dopo Mani Pulite, bensì è diventato più vigoroso.
I criminali non temono la pena, infatti, continua Davigo, “le corti d’appello sono piene di processi. Non sanno nemmeno quanti processi hanno, perché in Italia appellano tutti.” La domanda è legittima: perché appellare? Semplice: in Italia la pena può solo diminuire, a differenza di quanto avviene in ogni altro paese dell’Unione europea (Grecia esclusa).
“Non riusciamo ad ottenere neppure la riforma della prescrizione nonostante le pressioni internazionali”, afferma ancora Davigo, lapidario. L’Unione Europea infatti ce la richiede da tempo, ma senza ottenere risposte. L’articolo sulla prescrizione dev’essere modificato, poiché il termine è troppo breve e sussiste anche in caso di condanna di primo grado, finendo così per favorire le azioni dilatorie dei difensori. Ma la proposta è bloccata in parlamento da tre anni.
Taglienti le affermazioni del magistrato: “il codice di procedura penale è stato scritto per farla fare franca ai farabutti”. L’immagine donataci è quella di una legalità violentata, che muore lentamente sotto il peso della corruzione.
E l’eredità di Tangentopoli è pesante se si pensa che Primo Greganti, ex cassiere di Pci e Pds, già arrestato per corruzione nel 1993, è stato di nuovo arrestato durante Expo 2015, per lo stesso motivo. E questa non è che un’infima goccia nell’immenso oceano della corruzione.
Dal caso Marra agli scandali delle cooperative che fanno business sulle spalle dei migranti e dello stato, passando per Mafia Capitale fino a giungere alla recente condanna del noto deputato Ala, Denis Verdini, l’Italia non sembra pronta a voltare pagina.
* studente iscritto al liceo G. Cevolani di Cento
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Redazione di Periscopio
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