Pol Pot e il suo petrolio a.k.a. signora mia, dove andremo a finire?
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L’altra settimana ero all* fest* di laure* dei miei due compagni di band e così, fra un cicchetto di aceto – a onorare Gesù Cristo – e l’altro, qualcuno si prende la briga di informarmi che: una nuova teoria del complotto si aggira per l’Europa.
Ebbene sì, non erano abbastanza.
Dopo i negazionisti della Shoah, i sempreverdi terrapiattisti e chi più ne ha più ne metta, ecco a voi: i sostenitori di Pol Pot come baluardo dell’autonomia petrolifera della Cambogia.
Secondo questi sedicenti revisionisti storici Pol Pot avrebbe massacrato tutte quelle persone in un atto di “ottimistica ed estrema lungimiranza atta a creare – primo al mondo – giacimenti petroliferi sul suolo cambogiano che dopo anni e anni e anni e anni e anni avrebbero consentito l’agognata autonomia petrolifera della Cambogia”.
A quel punto, dopo essere stato informato di questa cosa, ho deciso di mollare la bottiglia dell’aceto – Gesù Cristo era già stato onorato a sufficienza – per attaccarmi a quella ben più balsamica – per il corpo e per la mente – del vino rosso che stava in tavola.
Nei giorni seguenti, riprendendomi dal vino e dalle birre mandate giù a caso ore dopo – chiedo scusa ma ero molto scosso – mi son fatto coraggio e mi son deciso a cercare riscontri su internet a proposito di questa strampalata teoria.
Per ora, per fortuna o purtroppo, non ho trovato ancora niente e non so cosa pensare.
Ho sospettato e sto sospettando di essere stato vittima di una colossale burla di pessimo gusto ma io so, sono sicuro – anche se non so i nomi conosco già i colpevoli – che presto salterà fuori qualcuno a sostenere questa cosa al grido di “Pol Pot come Enrico Mattei”.
Che dire?
Che fare?
Boh, direi che forse è il caso di attendere questi pazzi scatenati prossimi venturi con un pezzo a tema così da poter giungere ben preparati alla loro comparsa.
Pol Pot Pie (Royal Trux, 1997)
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