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Credo che scuola e territorio non abbiano mai visto piovere tanti soldi quanti quelli messi a disposizione dal ministro Bianchi con il suo “Piano estate”, da giugno a settembre, per “po-tenziare l’offerta formativa extracurricolare, il recupero delle competenze di base, il conso-lidamento delle discipline, la promozione di attività per il recupero della socialità, della proattività, della vita di gruppo delle studentesse e degli studenti…”

Troppi mesi di scuola strana, di scuola anomala, di opportunità perdute. E, dunque, il sistema formativo del paese è a debito nei confronti dei suoi giovani. Sistema formativo che non è solo scuola, ma anche territorio, con tutte le sue risorse umane e materiali, la rete dei “patti di comunità” proposta dal comitato scientifico, quando era presieduto dal professor Bianchi.

Ora la sfida è alta, le risorse non mancano e si chiede agli istituti scolastici di svolgere il ruolo di registi, di aggregatori dei vari soggetti, di proporre progetti, di chiamare in campo gli attori.
La scuola che disegna il Piano estate è tutto ciò che non è mai stata la scuola italiana: la scuola come polmone sociale e culturale della comunità, la scuola che non chiude, la scuola che non è mai stanca di fare istruzione, di promuovere e organizzare apprendimenti. La scuola dove apprendimenti formali, non formali e informali si incontrano e si valorizzano, la scuola della autonomia intesa come risorsa, anziché come condanna. La scuola aperta, aperta sempre ai bisogni delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, adolescenti, giovani, ai bisogni degli adulti che devono accompagnare e sostenere le nuove generazioni.

Non ci sono margini di interpretazioni, il mandato è chiaro: aprire la scuola significa aprire le classi ai gruppi di apprendimento, aprirsi all’incontro con “altri mondi”, del lavoro, delle professioni, del volontariato, come pure aprirsi all’ambiente, radicarsi nel territorio, realizzare esperienze innovative, attività laboratoriali dentro e fuori della scuola.
È ciò che noi negli anni settanta del secolo scorso, affascinati dal pensiero pedagogico di Bruno Ciari, chiamavamo sistema formativo integrato. Sperimentare un modo nuovo di essere della scuola sul territorio e del territorio di essere accanto alla scuola.

La circolare del ministro sollecita i Dirigenti scolastici, i Consigli di Istituto, i Collegi dei Docenti, in definitiva gli organi di governo delle nostre scuole, a farsi promotori e registi di progetti che coinvolgano gli enti locali, le istituzioni culturali, il mondo del lavoro, le associazioni, il terzo settore secondo un principio di sussidiarietà per offrire ai giovani del loro territorio un’estate diversa in una scuola diversa. La circolare ministeriale invita a “modalità scolari innovative”, “sguardi plurimi”, “apporti differenziati”, ad una scuola aperta, dischiusa al mondo esterno.

Il piano estate del ministro Bianchi più che un ponte tra la fine dell’anno scolastico e l’inizio del nuovo, disegna una possibile transizione verso una scuola nuova, una scuola come da tempo vorremmo che fosse e ancora non è. Un anticipo di quei cambiamenti che dovranno essere avviati e realizzati con i miliardi della Next Generation EU destinati alla scuola.
Per questo preoccupano le parole del presidente dell’ Associazione Nazionale Presidi, per il quale la scuola esce provata dagli effetti nefasti della pandemia, che qualsiasi esercito ha bisogno di riposarsi tra una battaglia e l’altra e questo principio è valido anche per la scuola. In definitiva la scuola è stanca.

Non credo che la scuola in questi frangenti possa permettersi di risparmiarsi, come nessun altro servizio del paese. Le ferite da curare non sono solo quelle dei corpi, ci sono anche quelle lasciate nella formazione dei nostri giovani dalle esperienze mancate, da una scuola a intermittenza, a buchi e intervalli, da una qualità degli apprendimenti non sempre all’altezza di quella dovuta a ragazze e ragazzi che investono tanta parte del loro tempo di vita nello studio, per progettare il proprio futuro. Per non parlare delle povertà educative, divenute sempre più povere, di chi avrebbe avuto bisogno di più e ha avuto di meno, di svantaggi e dispersione scolastica. È come dire che allora anche gli ospedali e tutto il sistema sanitario hanno bisogno di riposarsi.

Questa idea della scuola come mondo a sé rispetto alle urgenze del paese e ai bisogni dei nostri giovani è per lo meno inquietante. La sfida è per la scuola e per i territori a partire dal nostro, dalla nostra città. Noi abbiamo una tradizione di estati ricche di offerte per bambini e ragazzi, dai centri estivi, a Estate bambini, alle iniziative di associazioni, volontariato, cooperative e parrocchie. Ora le opportunità si arricchiscono ulteriormente, ogni istituzione scolastica potrà contare su almeno diciottomila euro. Allora perché non mettere insieme le idee, i progetti, unire le forze e le risorse, fare rete per un grande “Piano Estate” da offrire alle bambine e ai bambini, alle ragazze ai ragazzi della nostra città?

Istituti scolastici, amministrazione comunale, mondo del lavoro, parrocchie, volontariato, cooperative, istituzioni culturali possono lavorare insieme, unite da un patto educativo di comunità per offrire ai nostri giovani e alle loro famiglie una pluralità di offerte formative, ricreative, sociali tra cui scegliere, un’estate molto più ricca di quelle che finora abbiamo conosciuto, mirata a colmare i vuoti che si sono creati nella formazione delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, impegnata a compensare ciascuno di ciò che ha perduto.

Credo che dovrebbero essere soprattutto le istituzioni scolastiche della città a sollecitare l’amministrazione comunale perché si faccia promotrice di un tavolo intorno al quale riunire tutti i soggetti che possono contribuire a progettare quest’estate “unica” per i nostri figli e nipoti. Dovrebbe essere interesse di tutta la città dotarsi di un grande “Piano estate” per i suoi giovani, dai più piccoli ai più grandi. L’opportunità ce la offre un ministro ferrarese, ma occorre darsi da fare, perché qui si vedrà di quale qualità è la stoffa che costituisce il nostro tessuto cittadino.

In copertina: Ferrara, un momento della manifestazione Estate Bambini, settembre 2016

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.


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