da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna
Quinto appuntamento del percorso partecipato. L’Emilia-Romagna, con 198 impianti, è la seconda regione italiana per produzione di biogas, pari al 16% italiano. Sono invece 289 gli impianti di bioenergie in regione, con una produzione di 2.759 GWh. Caselli: “Le bioenergie sono strategiche per aumentare la redditività delle imprese agricole e contribuire ad un’ecomia circolare”.
Bologna – Una scommessa con una grande potenzialità di espansione, a supporto del fabbisogno energetico regionale. Le bio-energie, tema al centro oggi del quinto appuntamento con il percorso partecipato del Piano energetico regionale, rappresentano una realtà per l’Emilia-Romagna. Le bio-energie sono quelle forme energetiche prodotte da biomasse di scarto, legnose, bioliquidi, rifiuti.
“L’economia circolare è il paradigma che la Regione ha adottato in tutti i settori produttivi – ha detto Simona Caselli, assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna – quindi per noi è cruciale investire anche in bioenergia. Per l’attività agricola ci sono tre vantaggi evidenti: l’impresa diventa più competitiva, perché il reddito non arriva solo dall’attività agricola, ma anche dalla produzione di energia; ci sono poi il risparmio sui costi di produzione e il riutilizzo degli scarti delle lavorazioni. Per l’agricoltura questo è un elemento importante, che in Emilia-Romagna può offrire ulteriori prospettive di sviluppo, sia in termini di competitività delle imprese, che di realizzazione di nuove attività e quindi nuova occupazione”.
In Italia la filiera biogas è cresciuta negli ultimi anni e conta circa 1800 impianti operativi, di cui circa 1.360 nel settore agricolo e 440 nel settore rifiuti e fanghi di depurazione, per circa 1400 MWe installati, ed è al terzo posto al mondo dopo Cina e Germania.
L’Emilia-Romagna, attualmente, produce circa il 16% del biogas Italiano ed è la seconda regione maggior produttrice dopo la Lombardia (33%), con 198 impianti qualificati e alimentati da fonti rinnovabili. Nel conteggio rientrano infatti sia gli impianti di biogas dal settore agricolo e agro-industriale, che quelli da fanghi e rifiuti. Il biometano è infatti un gas ottenuto mediante purificazione di biogas (ottenuto da diverse materie organiche – rifiuti e scarti agro zootecnici ed agroindustriali, rifiuti urbani e non urbani, fanghi di depurazione – mediante digestione anerobica o gassificazione).
Nel corso del convegno sono state illustrate anche le potenzialità del biometano in regione. Sulla base delle quantità complessive stimate di biomasse di “scarto” per i diversi comparti produttivi e delle prestazioni energetiche ad esse attribuite, in Emilia-Romagna è possibile stimare la potenzialità energetica complessiva che, in termini di producibilità di biometano, oscilla tra i 300 e i 350 milioni di metri cubi all’anno. Questo significa, in termini di energia elettrica, circa 1,2 milioni di MWh/anno, corrispondenti ad una potenza elettrica installabile di 150 MW.
L’Emilia-Romagna è inoltre una delle regioni più metanizzate d’Europa per gli usi finali (trasporti e usi civili/industriali), la distribuzione (reti di distribuzione e stazioni di rifornimento) e con un peso rilevante per il settore manifatturiero (compressori, riduttori, distributori e componentistica CNG). Sulla base di questi dati, ci si attende dallo sviluppo del biometano, oltre ai benefici ambientali, un impatto positivo significativo sull’economia regionale (sia in termini di PIL che di occupati). L’utilizzo del biogas purificato (biometano) per i trasporti potrebbe incrementare ulteriormente la sostenibilità economica ed ambientale della filiera, contribuendo al raggiungimento delle quote di rinnovabili nei trasporti.
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