Credo che la conoscenza sia insieme memoria e risposta alla domanda “perché”. Ritengo che la città senza conoscenza sia la città che più ancora che la mancanza di risposte sconta la mancanza di domande. La città non ha più conoscenza, gli uomini non hanno più conoscenza quando smettono di interrogarsi, di indignarsi, di sorprendersi, di meravigliarsi, di chiedersi ragione di ciò che gli scorre accanto. Quando considerano che tutto sia ovvio, inevitabile; quando non trovano più in loro la forza per rimettere in discussione l’ordine delle cose, quando subentra l’apatia, l’indifferenza, la resa alle condizioni date. Quando le vite di chi ci sta attorno e anche la nostra sembrano incanalate nell’alveo di un fiume, con un’unica direzione obbligata. Quando non ci sono più la fantasia, l’immaginazione, l’utopia a guidare e a cercare di modificare il nostro cammino. Quando smettiamo di chiederci perché: perché questo è possibile, perché quest’altro non potrebbe essere. Quando smettiamo di cercare di prefigurare un futuro non scontato, quando crediamo che le domande non abbiano più senso perché le risposte sono già tutte scritte, magari da altri. E’ proprio allora che perdiamo la conoscenza poiché rinunciamo al libero arbitrio e ci disponiamo a “viver come bruti”, rinneghiamo il sacro furore dell’intelletto che si interroga e non si rassegna, rigettiamo l’inventiva, il desiderio e l’ambizione di essere protagonisti e arbitri del nostro destino.
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Sergio Gessi
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