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Perde la conoscenza chi non si pone più domande

Articolo pubblicato il 7 Dicembre 2013, Scritto da Sergio Gessi

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Credo che la conoscenza sia insieme memoria e risposta alla domanda “perché”. Ritengo che la città senza conoscenza sia la città che più ancora che la mancanza di risposte sconta la mancanza di domande. La città non ha più conoscenza, gli uomini non hanno più conoscenza quando smettono di interrogarsi, di indignarsi, di sorprendersi, di meravigliarsi, di chiedersi ragione di ciò che gli scorre accanto. Quando considerano che tutto sia ovvio, inevitabile; quando non trovano più in loro la forza per rimettere in discussione l’ordine delle cose, quando subentra l’apatia, l’indifferenza, la resa alle condizioni date. Quando le vite di chi ci sta attorno e anche la nostra sembrano incanalate nell’alveo di un fiume, con un’unica direzione obbligata. Quando non ci sono più la fantasia, l’immaginazione, l’utopia a guidare e a cercare di modificare il nostro cammino. Quando smettiamo di chiederci perché: perché questo è possibile, perché quest’altro non potrebbe essere. Quando smettiamo di cercare di prefigurare un futuro non scontato, quando crediamo che le domande non abbiano più senso perché le risposte sono già tutte scritte, magari da altri. E’ proprio allora che perdiamo la conoscenza poiché rinunciamo al libero arbitrio e ci disponiamo a “viver come bruti”, rinneghiamo il sacro furore dell’intelletto che si interroga e non si rassegna, rigettiamo l’inventiva, il desiderio e l’ambizione di essere protagonisti e arbitri del nostro destino.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani