Una lista di nozze che comprende alcuni letti, poche culle, lenzuola, un microscopio, un elettrocardiografo e piccoli materiali chirurgici per un ospedale nel nordest dell’Uganda, la volontà di due giovani sposi di fare qualcosa di piccolo che possa diventare grande. D’altra parte l’Oceano è fatto di tante piccole gocce. Come dimenticarlo. Gianluigi e Mirella avevano deciso di diventare grandi così, con un invito anomalo ai loro amici più cari, che sarebbe stato capito e accolto con entusiasmo e apertura e che avrebbe fatto partire l’ospedale di Matany, un cerchietto lontano su una carta geografica sfogliata con curiosità e voglia di vivere.
Sono i primi anni Settanta e gli zii di Mario Calabresi, autore di questo bellissimo racconto che è “Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa” (Mondadori, 2014), appena laureati in medicina, poco più che ventenni, chiedono, per il loro matrimonio milanese, attrezzature per un reparto di maternità ancora da creare invece di piatti, bicchieri, posate, pentole, argenteria, cornici o statuine. Utile versus inutile, almeno per loro.
E, allora, eccoci catapultati in un posto dove, in principio, non vi era nulla e dove, presto, arriveranno giovani medici e infermieri ad aiutare e ad imparare, dove compariranno vaccinatori in bicicletta (che qui portano davvero lontano), dove una splendida comunità abbraccerà questi giovani e la loro voglia di aiutare, dove ci si sentirà presto avvolti da una grande e unica famiglia, che vedrà nascere bambini sani, perché la terapia degli antiretrovirali sarà somministrata a madri incinte sieropositive oltre che ai neonati nei primi mesi di vita.
In questa terra martoriata si trovano santi ed eroi, persone normali che però fanno la differenza. Bello vedere come, nel mondo, ci sia ancora tanta energia. E se sotto gli alberi piegati e sferzati dal vento, assistiamo alla realizzazione di un miracolo (la storia di Matany rappresenta il cuore del libro), Calabresi racconta anche tante altre storie di ragazzi coraggiosi e intraprendenti, un messaggio forte a tutti i giovani e un invito potente a non avere paura dei propri sogni. A conoscerli, sfidarli, seguirli, acclamarli, urlarli, accarezzarli, realizzarli. “Se puoi sognarlo, puoi farlo”, diceva Walt Disney e qui il messaggio è proprio questo. E allora incrociamo il salernitano Ugo che sbarca a Londra con le ricette della nonna, la toscana Bianca che vive e lavora a Shangai o Aldo che, nel suo Piemonte, ridà vita al mulino di famiglia con una storia che parte con grano e mais biologici, dodici posti di lavoro, un negozio iniziale virtuale, e arriva a un fatturato di due milioni e mezzo di euro nel 2014. Aldo studia ogni giorno, trova i prodotti biologici più originali e innovativi richiesti dal mercato, lavora senza sosta. Un visionario curioso e instancabile, coraggioso come tutti i veri visionari.
E poi ci sono altri grandi messaggi, primi tra tutti quello delle sopravvissute Andra e Tatiana deportate, bambine, a Auschwitz-Birkenau (“ricordatevi sempre come vi chiamate”) o quello di Silvio, ex maresciallo della Finanza rimasto accanto a Giorgio Ambrosoli – commissario liquidatore della banca di Michele Sindona – fino alla fine (“l’importanza di parlarsi allo specchio”). Nessun rimpianto, dunque, mai. Per rispondere a dubbi, interrogativi, scetticismo, scoraggiamento dei giovani, ecco allora le storie di tanti bravi ragazzi italiani che non hanno avuto paura di diventare grandi. Che non si sono mai arresi. Perché ne vale la pena, sempre, perché ogni anno ci sono sempre tanti nuovi frutti. Da leggere e, con coraggio, volare.
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Simonetta Sandri
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