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Per combattere evasione ed elusione la nuova Isee non basta

Abbiamo una nuova Isee, bene. Però il problema principale resta l’evasione e l’elusione, non il metodo. I correttivi introdotti dal governo non appaiono adeguati a smascherare i ricchi che, per esempio, non pagano le tasse universitarie e hanno agevolazioni negli asili. Troppi hanno fatto i furbi e ancora troppi continuano a farlo. Nel silenzio generale, senza controlli. Intanto la povertà cresce davvero e non sappiamo misurarla e monitorarla, ma cresce in fretta. E’ un fenomeno sociale ed economico gravissimo. La povertà purtroppo non è più un problema lontano dalla nostra società in cui siamo sensibilizzati solo per situazione critiche nei Paesi in via di sviluppo; al contrario sta diventando una emergenza grave anche a casa nostra.
Il mercato sempre più difficile e le crisi di tutti i settori sono nel tempo state sopraffatte da una crisi globale di maggiori dimensioni che sta rendendo molto critico l’intero sistema economico e sociale. In questo periodo è cambiata la composizione della povertà ed è cresciuta la disuguaglianza sia a livello generale nella trasformazione economica della società sia nei risvolti quotidiani della vita. Gli approfondimenti socio-demografici e i riscontri di indicatori di disagio rilevano come cresca la crisi e la condizione di nuova povertà si manifesta con preoccupazione in diversi contesti. Si è passati da una visione tradizionale in cui il livello del reddito rappresentava il principale indicatore ad una moltiplicazione delle cause e una pluralità di segnali che rendono molto più articolato e complesso il problema; si passa ad una concezione della povertà che coinvolge moltissime famiglie in atteggiamenti spesso contraddittori in cui si squilibrano i bisogni e le necessità in un confuso contesto di costumi sociali. In sintesi si può dire che lo stato di povero oggi deve essere messo in relazione allo standard di vita medio della comunità, che determina quali sono i bisogni sociali essenziali e dunque il concetto di povertà assume un ruolo più complesso.
In generale ad esempio il rischio di povertà è alto quando si hanno in famiglia bambini piccoli, si abbassa quando il capofamiglia raggiunge l’apice della carriera lavorativa e i figli escono progressivamente di casa, infine torna ad aumentare tra i pensionati. La causa di fondo consiste nei noti difetti strutturali del nostro sistema di protezione sociale, spesso infatti si destinano poche risorse a tutela di alti rischi sociali, in particolare i carichi familiari e la disoccupazione.
Non solo i fattori appena descritti generano povertà ma il cambiamento strutturale della nostra società ha evidenziato come più correttamente si possa parlare di vulnerabilità sociale oltre che di povertà. Infatti, mentre negli anni in cui non esisteva il concetto di protezione sociale, era facile individuare chi poteva (o avrebbe potuto) avere problemi economici nella propria vita, ad esempio perché apparteneva a una famiglia disagiata o aveva una bassa scolarità ecc, oggi non è più così ovvio; infatti nel corso della vita di una persona basta un modesto cambiamento a generare crisi di povertà, ad esempio per l’improvviso venir meno di reti sociali.
La natura multidimensionale della povertà è infatti ormai ampiamente riconosciuta non solo sul piano dell’economia, ma soprattutto a livello politico-sociale. Aumentano le categorie più vulnerabili e non comprendono più solo la quota degli anziani (di cui uno su quattro è a rischio povertà), ma stanno coinvolgendo anche in modo crescente persone giovani sole e famiglie numerose. Ad una povertà tradizionale si aggiunge dunque una fascia di sofferenza e di disagio allargata costituita da famiglie monoreddito o con un solo genitore a basso reddito. Spesso poi è la perdita del lavoro la causa di un crescente indebitamento e dunque situazione di sofferenza. Forse dobbiamo parlarne di più e soprattutto fare di più.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)