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Pensieri in libertà

Articolo pubblicato il 27 Febbraio 2014, Scritto da Gianni Venturi

Tempo di lettura: 3 minuti


E ora un po’ di pensieri in libertà dopo le sfiancanti performances della due giorni Senato-Camera.
I giornalisti: invasivi. Specie i direttori di giornali o reti. Primo fra tutti “mitraglia” Mentana che strapazza la vera eroina delle 48 ore: quella Sardoni a cui andrebbe dato il premio Oscar di pazienza mentre intervista politici e colleghi che fanno a gara per spararle più grosse (il sorriso sottile di Cazzullo con l’occhietto che chiede approvazione e ammirazione!). Poi mentre la paziente Sardoni sta per infilare una sensata domanda o un ancor più sensato commento, zac! interviene la mitraglietta direttoriale che le toglie non il pane ma il pensiero di bocca.
Poi LUI. La star. Ho apprezzato moltissimo il pezzo di Sebastiano Messina di “La Repubblica” che elenca con paziente filologia l’estrazione dalla borsa di pelle renziana dell’occorrente per sostenere il martiriologio delle dichiarazioni di voto: Iphone, Ipad, rassegna stampa, penna biro, pennarelli colorati (verde e fucsia) e udite! perfino un romanzo, L’arte di correre di Haruki Murakami (poi le carogne dicono che i politici non amano la cultura umanistica…). A conclusione, come nota europeista, Le Monde.
Perizia straordinaria del nostro Primo Ministro nel digitare, scrivere (ah sì: i “pizzini”, con il rappresentante dei 5 stelle che, come un bambinetto capriccioso, si lamenta con la signora maestra delle malefatte del compagnuccio, rivela ai giornalisti la grave malefatta del Renzi scrivano fiorentino che gli manda le missive); e ancora, rispondere al telefono, e perfino, usare quel gesto di porsi la mano davanti alla bocca per parlare quasi labbra a labbra col collaboratore/trice o con i/le membri/e del suo governo. Ricordo una memorabile avvertenza di B. a quel tempo primo ministro e con l’interim degli Esteri che raccomandava ai suoi collaboratori prima dei sussurri scambiati con ambasciatori, capi di Stato, e perfino funzionari, di munirsi di una caramella di menta rinfresca alito. E’ tutto vero! Teste Andrea Camilleri a Firenze mentre gli presentavo un libro a Palazzo Strozzi. In questa parata di gestualità simboliche o metaforiche ecco due momenti di vera commozione e rispetto della e per la politica. Le nobili parole di Emma Bonino che dal palchetto di Largo Argentina rinuncia a ogni risentimento per la mancata riconferma del suo ruolo; poi, visivamente, l’abbraccio tra Letta e Bersani. Il primo che sembra sostenere il secondo che s’accascia tra le sue braccia. Commovente e terribilmente reale.
E questa sera 26 febbraio a “Otto e mezzo” l’intervista con D’Alema: l’occhio ancor più spiritato del solito, il baffo tremulo che sembra voglia ingraziarsi il commentatore del “Il Foglio” Mario Sechi e una tremenda Gruber che vorrebbe portarlo sul discorso dei suoi rapporti con Renzi, ma invano. L’uomo più intelligente che la sinistra abbia avuto negli ultimi decenni che per un profondo senso di sadomasochia è stato il diretto responsabile di tanti fallimenti della sua parte politica e del suo partito. S’impara molto a osservare lo spaventoso potere dei media e come ci si può immolare al suo fascino (o necessità?). Stretto nel suo paltoncino dernier cri ma sicuramente di una taglia inferiore corre il primo ministro all’abbraccio dei ragazzini della scuola veneta da lui visitata – ed è stato un momento apprezzabile come sempre quando pone al centro del suo programma la scuola – poi la fuga inseguito dal branco dei lupi-giornalisti che gli lasciano come preda braccata e spartita sul tavolo dell’intervista un enorme mucchio di microfoni. Alla rinfusa.
E ancora istruttivi i commenti facebook. Lo sdegno per le dichiarazioni di Gotor o di Civati da parte dei renziani di ferro che parlano di queste proteste come provocate da nemici piuttosto che da membri dello stesso partito. Le cautissime esortazioni allo stare uniti o le sboccate e assolutamente non condivisibili proteste di chi pensa, come i pentastellati, che basta postare qualche “malaparola” preferibilmente riguardante la sfera sessuale per esprimere la propria “indignazione”, una parola che per legge vorrei non fosse mai usata dai politici, ma non solo da loro. E nel cocktail di voci, foto, scritte e selfie, mail e dichiarazioni, come evocata dal pensiero profondo, il bisogno del conforto di una musica quale la straordinaria ultima incisione di due concerti di Mozart eseguiti da Abbado con la divina Argerich: un vero testamento spirituale. Oppure ancora l’UNICO Dante che ti solleva, pur immerso com’era nella contingenza della politica, alla realtà della trasfigurazione poetica fino a riveder le stelle del nostro spirito.
E allora puoi anche sorridere di tutto questo agitarsi. Tanto domani nessuno se ne ricorderà.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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E ora un po’ di pensieri in libertà dopo le sfiancanti performances della due giorni Senato-Camera.
I giornalisti: invasivi. Specie i direttori di giornali o reti. Primo fra tutti “mitraglia” Mentana che strapazza la vera eroina delle 48 ore: quella Sardoni a cui andrebbe dato il premio Oscar di pazienza mentre intervista politici e colleghi che fanno a gara per spararle più grosse (il sorriso sottile di Cazzullo con l’occhietto che chiede approvazione e ammirazione!). Poi mentre la paziente Sardoni sta per infilare una sensata domanda o un ancor più sensato commento, zac! interviene la mitraglietta direttoriale che le toglie non il pane ma il pensiero di bocca.
Poi LUI. La star. Ho apprezzato moltissimo il pezzo di Sebastiano Messina di “La Repubblica” che elenca con paziente filologia l’estrazione dalla borsa di pelle renziana dell’occorrente per sostenere il martiriologio delle dichiarazioni di voto: Iphone, Ipad, rassegna stampa, penna biro, pennarelli colorati (verde e fucsia) e udite! perfino un romanzo, L’arte di correre di Haruki Murakami (poi le carogne dicono che i politici non amano la cultura umanistica…). A conclusione, come nota europeista, Le Monde.
Perizia straordinaria del nostro Primo Ministro nel digitare, scrivere (ah sì: i “pizzini”, con il rappresentante dei 5 stelle che, come un bambinetto capriccioso, si lamenta con la signora maestra delle malefatte del compagnuccio, rivela ai giornalisti la grave malefatta del Renzi scrivano fiorentino che gli manda le missive); e ancora, rispondere al telefono, e perfino, usare quel gesto di porsi la mano davanti alla bocca per parlare quasi labbra a labbra col collaboratore/trice o con i/le membri/e del suo governo. Ricordo una memorabile avvertenza di B. a quel tempo primo ministro e con l’interim degli Esteri che raccomandava ai suoi collaboratori prima dei sussurri scambiati con ambasciatori, capi di Stato, e perfino funzionari, di munirsi di una caramella di menta rinfresca alito. E’ tutto vero! Teste Andrea Camilleri a Firenze mentre gli presentavo un libro a Palazzo Strozzi. In questa parata di gestualità simboliche o metaforiche ecco due momenti di vera commozione e rispetto della e per la politica. Le nobili parole di Emma Bonino che dal palchetto di Largo Argentina rinuncia a ogni risentimento per la mancata riconferma del suo ruolo; poi, visivamente, l’abbraccio tra Letta e Bersani. Il primo che sembra sostenere il secondo che s’accascia tra le sue braccia. Commovente e terribilmente reale.
E questa sera 26 febbraio a “Otto e mezzo” l’intervista con D’Alema: l’occhio ancor più spiritato del solito, il baffo tremulo che sembra voglia ingraziarsi il commentatore del “Il Foglio” Mario Sechi e una tremenda Gruber che vorrebbe portarlo sul discorso dei suoi rapporti con Renzi, ma invano. L’uomo più intelligente che la sinistra abbia avuto negli ultimi decenni che per un profondo senso di sadomasochia è stato il diretto responsabile di tanti fallimenti della sua parte politica e del suo partito. S’impara molto a osservare lo spaventoso potere dei media e come ci si può immolare al suo fascino (o necessità?). Stretto nel suo paltoncino dernier cri ma sicuramente di una taglia inferiore corre il primo ministro all’abbraccio dei ragazzini della scuola veneta da lui visitata – ed è stato un momento apprezzabile come sempre quando pone al centro del suo programma la scuola – poi la fuga inseguito dal branco dei lupi-giornalisti che gli lasciano come preda braccata e spartita sul tavolo dell’intervista un enorme mucchio di microfoni. Alla rinfusa.
E ancora istruttivi i commenti facebook. Lo sdegno per le dichiarazioni di Gotor o di Civati da parte dei renziani di ferro che parlano di queste proteste come provocate da nemici piuttosto che da membri dello stesso partito. Le cautissime esortazioni allo stare uniti o le sboccate e assolutamente non condivisibili proteste di chi pensa, come i pentastellati, che basta postare qualche “malaparola” preferibilmente riguardante la sfera sessuale per esprimere la propria “indignazione”, una parola che per legge vorrei non fosse mai usata dai politici, ma non solo da loro. E nel cocktail di voci, foto, scritte e selfie, mail e dichiarazioni, come evocata dal pensiero profondo, il bisogno del conforto di una musica quale la straordinaria ultima incisione di due concerti di Mozart eseguiti da Abbado con la divina Argerich: un vero testamento spirituale. Oppure ancora l’UNICO Dante che ti solleva, pur immerso com’era nella contingenza della politica, alla realtà della trasfigurazione poetica fino a riveder le stelle del nostro spirito.
E allora puoi anche sorridere di tutto questo agitarsi. Tanto domani nessuno se ne ricorderà.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani