Partigiani oggi, Cristiana Carnevali: “Contro i nani, saltimbanchi e ballerine che portano il Paese allo sfascio”
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Cristiana Carnevali, giornalista
Mentre leggevo le prime righe dell’inchiesta di Sergio Gessi, stavo riflettendo su come la guerra sembri lontana nel tempo, sul nostro territorio, soprattutto per noi che l’abbiamo studiata sui libri e come siano contemporaneamente sempre attuali i temi, i valori, per i quali si potrebbe combattere anche oggi. E in realtà si dovrebbe proprio farlo, perché fa male al cuore vedere lo stato in cui versa il nostro Paese, quella “patria” per la quale in molti hanno dato la vita. Mi piacerebbe vedere finalmente una guerra senza armi, una guerra di cervelli che vogliono il meglio per tutti, quel famoso “bene comune”, allontanando tutte le nefandezze presenti. Ma certe volte mi sento impotente di fronte a tanti nani, saltimbanchi e ballerine che popolano la nostra società, occupando posti di rilievo, non soltanto in politica, con incapacità evidenti e soprattutto senza il benché minimo rispetto per Italia e italiani.
Sì, è comunque vero, siamo partigiani anche oggi e i valori che perseguiamo sono sempre gli stessi e la cosa strana è che, seppur in assenza di guerra e schieramenti, la lotta è ancora una volta con quello della porta accanto che senza arte né parte, tranne il fatto di essere figlio di, nipote di, a volte anche fratello del cugino dell’amico di…, contribuisce, ogni giorno di più, ad affossare questo nostro Belpaese. E il cuore ogni volta si lacera di un altro pezzetto. Io amo l’Italia, la amo moltissimo, però amo un po’ meno gli italiani che l’hanno svenduta, svilita, svuotata e amo ancor meno gli italiani che hanno permesso tutto questo, non alzando un dito e pure di meno coloro che non hanno alzato la voce, pur rendendosi conto di quanto stava accadendo, ma si sono fatti passare sopra la testa bugie e soprusi, stupidaggini evidenti, chiacchiere vuote, facendo in modo che le poche proteste che si sono alzate rimanessero di coloro che stavano gridando nel deserto.
E così, un pezzetto per volta, l’Italia ha perso tutto, denaro, prestigio, capacità, competenze. Certo, si potrebbe obiettare, anche gli altri non stanno meglio, ma vogliamo, per una volta, guardare nel nostro orticello? E magari anche vergognarci un po’ per la caduta rovinosa e profonda nella quale siamo stati coinvolti?
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