Parole e figure /
La signora Bigodino, la la la la la
Leggere a ritroso è un’espressione che mi piace molto, trovata in un recente articolo di Daria Bignardi. Significa semplicemente scoprire un autore e da quello che per noi è il primo libro di quell’autore leggere tutto quanto ha scritto. Mi accade spesso, lo ammetto, e ora è il caso di Delphine Perret. Daria parla dell’estate come del momento ideale per “fare le orge”, leggere libri fino allo sfinimento. Anche questo concetto mi piace molto.
Se abbiamo parlato de L’estate più bella, oggi vi presento Bigoudi, tradotto in Italia da Kite Edizioni. Mi viene da canticchiare Bigoudì, Bigouda, la la la la la la la…
La copertina di questo albo, illustrato sempre da Delphine Perret ma anche da Sébastien Mourrain, è gialla e grigia e ci introduce subito in una metropoli: potrebbe essere Londra o New York, a noi lettori immaginarla (anche se è più probabile la seconda, per gli indizi e i dettagli che Sébastien lascia tra le pagine). Un racconto che narra ai bambini il lutto e la sua elaborazione, con delicatezza.
La signora Bigoudì (la signora Bigodino), dai vezzosi occhiali azzurri, vive un ritiro dorato, grazie a una pensione che la rende tranquilla e autonoma, magari in gioventù è stata una star del cinema o una direttrice di famosa rivista patinata. Non lo sappiamo, anche qui sta a noi immaginare. Abita in un appartamento al 156° piano di una grattacielo e passa le sue giornate come a molti di noi piacerebbe poter fare, oggi o domani. A zonzo. Una sorta di rito. Sempre in compagnia del suo fedele cane Alfonso (un simpatico e saltellante bulldog francese, il suo piccolo babà al rum), si sveglia presto, fa colazione al bar da Luigi, poi si reca dal parrucchiere Orlando (che le sistema la frangia e le fa sfogliare riviste patinate), fa tappa da Georges per un ossobuco per il suo piccolo amico, fa una passeggiata al parco, si gusta un hot dog per pranzo da Eliott, prova le calzature discutendone con Ava, segue corsi di ceramica seduta vicino a Edna, frequenta la palestra e, sorseggiando il tè con le amiche, si permette una partita a poker. Al rientro altra tappa alla drogheria di Louis per prendere qualche scatola di piselli e poi di nuovo su su in ascensore verso il 156° piano. Quasi a bordo di una mongolfiera…
Tutte le persone sul percorso quotidiano dei due amici mostrano gentilezza, cordialità, cortesia, delicatezza e amicizia. La gioia di vivere sprizza ovunque.
Le sigarette di caramello accompagnano le serate passate sul divano guardando le luci della brulicante città, teneramente avvolti da un panorama azzurro carta da zucchero.
Giornate tranquille, serene e spensierate, si pensa per sempre, poi la svolta narrativa.
Alfonso, infatti, invecchia, finché un triste giorno, allungato sul tappeto, sospira per l’ultima volta. Da quel momento terribile Bigoudì piange calde lacrime ovunque, lungo tutte le tappe del suo abituale cammino, supermercato, parcheggi, cinema, dentista. È inconsolabile. Chi di noi ha perso un cane, un gatto o un animale ricorda la tristezza di quei momenti, quando un tenero e caloroso membro della famiglia ci lasciava.
La clausura pare l’unica risposta, le lacrime la sola medicina. Barrata in casa, ogni acquisto per corrispondenza, nessuna risposta al telefono, Bigoudì non vede più nessuno, se ne sta tutto il giorno in vestaglia: si dice “mai più” e decide che non le sarebbe mai più capitato. La tentazione di non volersi più affezionare a nessuno. Si siede, quasi immobile e pietrificata, sul suo vecchio divano morbido e, chiusa la porta a doppia mandata, si dice che lì dentro è finalmente al sicuro e che è sicuramente più felice così. Finché un bel mattino, si accorge che dall’altro lato della sua finestra al 156 piano c’è qualcuno in salopette azzurra che ha qualcosa da dirle … Non vi svelerò oltre, vi basti sapere che tanti amici aspettano la nostra Bigoudì…
Parole e figure
Libri per bambini, per crescere e per restare bambini, anche da adulti.
Rubrica a cura di Simonetta Sandri in collaborazione con la libreria Testaperaria di Ferrara.

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Simonetta Sandri
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)