Parole a capo
Nazario Pardini: “La solitudine del mare” e altre poesie
Tempo di lettura: 5 minuti
“Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare.”
(Jorge Luis Borges)
L’ULTIMO AUTUNNO
L’ultimo autunno che vivremo assieme
sarà per impolparci dei colori
della nostra stagione. Verrà il mare
con le sue inquiete onde a raccontarci
storie di antichi approdi; a suonarci
ottobrine romanze. Stai con me.
Sarà bello abbracciarsi; sarà di nuovo bello
confondersi coi lampi di una fine,
come lo era,
coi fremiti nascenti delle fronde.
PICCIONI
Bianchi, bigi, rossi, sopra il tetto
si assiepano, la testa fra le piume,
a tu per tu col vento. Sono liberi.
Appena il sole sbuca da levante
scuotono il manto e volano decisi
sui campi a becchicchiare qualche seme.
Svolano sulle foglie delle viti,
sugli stecchi crocifissi delle piante,
su tutto ciò che è avanzo dell’autunno.
Hanno solo l’istinto. Il loro volo
rompe i raggi lucenti e stampa in basso
ombre vaganti; e con i suoi schiocchi
batte dell’ali il tempo della vita.
Se getti le granaglie sul cortile
accorrono in picchiata; e via nell’aria
o sul suolo a tubare calorosi
in cerca dell’amore. Libertà,
spazi aperti, profumo di granturco,
rapina di micragne; anche la pioggia
per loro è acquasanta; li battezza,
scivolando sul dosso come l’aria.
Sono lì, li vedi di pedina,
vivi, trepidanti, nell’attesa
di nuove corse da donare al cielo.
E poi la morte. Dove andranno a morire
quando la sorte tocca?
Non ce n’è traccia. Sarà forse il destino
a riservare loro un angolino?
Il FALCIONE
Nel mezzo ai tanti attrezzi è lì un po’ triste
il falcione che più profuma d’erba;
ha perso la sua foga fra le miste
ferraglie di cantina; anche se acerba
la verzura del campo nelle mani
callose di mio padre si accendeva
dei riflessi del sole, ed i suoi suoni
sembravano dei canti a primavera.
Ora è lì, senza voce: una bestia ferita,
accanto ad una cesta e ad un barile.
Nemmeno ti risponde se lo chiami.
La lama arrugginita pare cinta
da un’aria d’abbandono. Nel cortile
l’ho portato, all’aperto, fra i richiami
di paperi e galline. Riluceva;
mi sembrava felice; era una spera.
LA PIENA DEL SERCHIO
Piove a dirotto stamani, ed il Serchio
gonfia il suo letto; è già nelle golene,
tra gli alberi che invocano l’aiuto
frusciando melanconici richiami
col loro ciuffo sopra la corrente;
niente risparmia l’acqua inferocita,
tutto porta con sé, alla deriva.
Qui dall’argine l’occhio si spaventa
a mirare la potenza che sprigiona:
le barche sradicate dai pontili
corrono in grembo al grosso defluire,
e ciottoli, tronchi, tavole, e ferraglie
si rincorrono in gara verso il mare.
Mi sposto, e vado svelto a miscelarmi
alla furia spaventosa della foce.
Tira Tramontana, se Dio vuole,
fosse Libeccio chissà che inondazione.
Qui le melme del fiume si accavallano
con l’onde spaventate
che sembrano opporsi a tanta furia.
Odori di salmastro e d’acqua smossa,
di erbe trascinate contro voglia,
mi invadono narici. E mi confondo
con tutto quel fracasso naturale:
divento un ramoscello in mezzo al mare.
LA SOLITUDINE DEL MARE
Sono solo e l’inverno mi percuote
coi suoi venti freddi e burrascosi.
Innalzo le onde fino al sommo cielo
e le porto alla strada per sbirciare
gli addobbi di Natale. Ogni tanto
mi vengono a trovare dei ragazzi
innamorati: seduti sul pattìno,
allungano lo sguardo, incatenati,
tra un bacio e l’altro, fino all’orizzonte.
Mi fanno compagnia. La solitudine
mi fa pensare al mondo, al mio vagare,
mi fa pensare ai giorni dell’estate,
ai tanti corpi immersi dentro me,
alle grazie di giovani fanciulle
che mi lisciavano il corpo. Ora ricordo;
vivo nel rievocare quei momenti,
mi sento triste se mi torna in mente
il pianto di una madre e il suo inveire
contro la risacca, e la corrente,
che portarono via un figlio in fiore,
sperso nei miei fondali. Ma a pensarci
sono tanti i mortali sprofondati
nelle mie cavità. Ora son solo;
alzo le braccia al cielo e mi imburrasco
per la forza di un vento che d’inverno
mi assale con frustate. Se m’incontri
di questi tempi ombrosi e nuvolosi,
quando il respiro mio si fa più denso,
mi vedi in piena angoscia. Tiro fuori
tronchi, detriti, ciocchi e tavoloni,
spurgo ogni cosa che mi porta il fiume
e riempio la spiaggia di vestigia;
si fanno le mie acque intorbidite;
trovo la pace solo se la luna
frantuma le sue chiome in tante scaglie.
Allora mi riposo. Puoi vedermi
quando arancio le guance e tingo il cielo
degli amplessi fecondi che dal dentro
fuoriescono per visualizzare
l’inquieto stare chiuso dagli scogli
senza poter sfuggire oltre le sponde.
Senza poter capire, e mi tormento,
quello che fuori esiste; e che mi è ignoto.
Nazario Pardini (Arena Metato, Pisa, 1937). Poeta e critico letterario, laureato in Letterature Comparate e in Storia e Filosofia è ordinario di Letteratura Italiana, blogger, critico e collabora con riviste specializzate. Ha pubblicato molti libri di poesia, racconti, e saggi, tra cui: Foglie di campo. Aghi di pino. Scaglie di mare (1993), Le voci della sera (1995), Il fatto di esistere (1996), La vita scampata (1996), L’ultimo respiro dei gerani (1997), La cenere calda dei falò (1997), Suoni di luci ed ombre (1998), Gli spazi ristretti del soggiorno (1998), Paesi da sempre (1999), Alla volta di Lèucade (1999), Radici (2000), Si aggirava nei boschi una fanciulla (2000), D’Autunno (2001), Le simulazioni dell’azzurro (2002), Poesie di un anno (2002), Dal lago al fiume (2005), Canti d’amore (2010), Racconti brevi (2010), L’azzardo dei confini (2011), Scampoli serali di un venditore di arazzi (2012), Dicotomie (2013), A colloquio con il mare e con la vita (2012), I simboli del mito (2013), Lettura di testi di autori contemporanei I (2014), I canti dell’assenza (2015), Letture critiche dei miei testi II (2016), Antologia poetica a tema “Il padre” (2016), Cantici (2017), Di mare e di vita (2017), Cronaca di un soggiorno (2018), Lettura di testi di autori contemporanei III (2019), Lettura di testi d’autori contemporanei IV (2020), Lettura di testi di autori contemporanei V (2021). Ha pubblicato inoltre le raccolte di poesie: I dintorni della solitudine (2019), I dintorni dell’amore ricordando Catullo (2019), I dintorni della vita. Conversazione con Thanatos (2019), Nel frattempo viviamo (2020), Dagli scaffali della biblioteca (2020). È inserito in numerose storie della letteratura. Ricapitolativo il saggio critico di Floriano Romboli L’azzardo e l’amore. La ricerca poetica di Nazario Pardini (2018). È fondatore, curatore, e animatore di “Alla volta di Lèucade”, blog culturale.
La rubrica di poesia Parole a capo curata da Gian Paolo Benini e Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia. Per leggere i numeri precedenti clicca [Qui]
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