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Rubrica a cura di Gian Paolo Benini e Pier Luigi Guerrini

La poesia è anche l’arte più democratica – comincia sempre da zero. In un certo senso, il poeta è davvero come un uccello che canta senza guardare al ramo su cui si posa, qualunque sia il ramo, sperando che ci sia qualcuno ad ascoltarlo, anche se sono soltanto le foglie.
(Iosif Brodskij)

 

DERRIDA

Ich muss dich tragen
io devo portarti,
devo assumere il tuo mondo dentro me
ora che non ci sei.
Fugge velocissima la pianura dall’eurostar,
frutteti e linee asciutte
d’oblio
incontrano il paesaggio di volti perduti
lungo mille stazioni percorse.

Have a nice trip!
leggi sui manifesti,
Trieste-Mestre-Bologna-Pescara
e ancora Trieste,
mi porto dentro le rughe e le voci
gli accenti di tutti gli incontri,
le strette di mano negli anni,
le partenze e i saluti
sapendo che non ci saremmo
mai più incontrati.
Au revoir, bonne chance mon amì,
e il presente è solo un momento
sospeso da un grosso trattore che alza le zolle.

Ora il tramonto
invade di luce soffusa la carrozza 6,
il momento boreale
del passaggio da luce a notte di un giorno qualunque di viaggio
nella mia vita,
in cui vedo scorrere
gl’irripetibili mondi
di ogni essere vivente
che ho conosciuto.

Rosa rosae

Rosa-rosae
ridimmi tutte le cose
Gli abbracci perduti
i fogli ossuti
i nodi mai fatti
nei baci, nei passi.
Sguardi di Madonna
visione di donna
porta i miei consoli
i miei ricordi, i miei doni.
L’autunno beffardo
profuma di stacco
tutto sapore
limpido, secco, distratto.
Mura di cinta
archi di schiocco
mura crudeli
di fiaba e malocchio.
Proteggi questo cielo
di amore e di dolore
un grido di Paese giura sul mio onore
un grido di Paese ha le spine dentro il cuore.
Ma io mi rialzo
fedele e trafitto
perché questo amore non è ancora sconfitto.

Ground Zero – Spoleto

Ricordo
nelle notti insonni
il tasso che,
rumoroso,
rovistava sotto un albero di fico
distraendo i miei pensieri;
Lorenzo del pub
sotto casa
che alle 3 di notte mandò
Last Christmas
e il soffitto della stanza
si diffuse
di stelline blu;
le passeggiate
lungo un corridoio
a pensare alla vita
che ti scorre davanti come un treno
e non sai se potrai salirci di nuovo.
Ricordo
il risveglio,
le parole,
come ero bella….
Ricordo i disegni sulle porte
per mamma,
per le mani,
le scalette la sera
per la normalità,
per il gioco,
per lo sgomento,
per il ballo,
per la pizza,
per i lampioni,
per le poesie,
per il terremoto,
e dal vortice della piazza inclinata
il rosso valore del Montepulciano,
la dieta vegetariana,
i saluti davanti scuola….
e il tempo sospeso nella Cattedrale
ad ammirare la foglia d’oro
icona bizantina
dell’Assunta
che brillava come un sole
nel bianco spoglio del romanico
e mi accarezzava il viso
prendendosi le mie paure.
Ricordo te
che mi hai salvata da quel pozzo
aprendo la piantina piegata
tirata fuori dalla tasca
e spingendomi verso il futuro.
Ricordo un grande amore.

 

Livia Silvestri
Nata a Lanciano (CH) nel 1973, ha studiato Filosofia a Bologna e Servizio Sociale a Trieste. L’interesse per i temi sociali e civili ha sempre caratterizzato sia le scelte professionali che gli scritti letterari. Vive e lavora in Abruzzo.

La rubrica di poesia Parole a capo esce ogni giovedì su Ferraraitalia
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