PAROLE A CAPO
Ambra Simeone: “io dico che non ha costi un’idea” e altre poesie
Tempo di lettura: 6 minuti
Rubrica a cura di Gian Paolo Benini e Pier Luigi Guerrini
“Come per il poeta in versi così per lo scrittore in prosa, la riuscita sta nella felicità dell’espressione verbale, che in qualche caso potrà realizzarsi per folgorazione improvvisa, ma che di regola vuol dire una paziente ricerca del mot juste, della frase in cui ogni parola è insostituibile, dell’accostamento di suoni e di concetti più efficace e denso di significato.”
(Italo Calvino)
io dico che non ha costi un’idea
io penso proprio che non ha costi un’idea,
ma che forse un po’ su ci devi lavorare, quel tanto perché si capisca un poco
non molto, perché altrimenti ti viene su troppo imbellettata,
ma neanche troppo poco, che poi sembra una cretinata,
insomma io penso che non ha costi un’idea,
ma che forse se spendi qualche soldo in più per un libro che ti piace,
questo può fartene venire una buona, che magari ci scrivi su qualcosa di onesto,
e non solo su questo libro, ma anche su tutti gli altri che leggerai,
perché se dico che non ha poi tanti costi un’idea,
è perché l’ho sperimentato, ho preso un’idea e ci ho scritto su questa poesia,
l’idea era di scrivere una poesia sulla creatività, diciamo così,
e allora l’ho scritta, ma non ci sono stata poi tanto tempo a correggerla,
e neppure troppo poco, insomma ci ho messo il tempo che serviva,
così per lanciarla nel mondo e per vedere se qualcuno riusciva a prenderla.
Tratto da: Ho qualcosa da dirti, deComporre Edizioni, 2014
alla fine di tutto…
prima che si distrugga lentamente la tua voglia, sbrigati e fai altro
fai tutto quello che possa sembrarti niente di fronte a quella sola voglia,
prima che vi succeda fate altro, un qualcosa che non c’entri affatto
con tutta quella roba innata e maledetta che chiamate ancora voglia,
allontanatevi drasticamente da tutto quello che credete debba far parte
di quel mondo vicino o affine, perché non c’è un mondo abbastanza giusto,
un mondo abbastanza corretto per esprimere la voglia, e tutto quello che pensi
non ne faccia parte può invece farla crescere, la tua strana, estrema voglia
che sia di cantare, dipingere, recitare, scrivere, ammazzare o procreare
la tua unica voglia, prima che svanisca nel nulla o che si perda proprio
quando non volete per nessun motivo perderla, cercate di diluirla per bene
in mezzo a quelle cianfrusaglie varie che non c’entrano niente con un microfono,
una galleria zeppa di gente mal vestita, una tuta fucsia elasticizzata, un palco
con davanti un pubblico che fa finta di essere vivo o una recensione uscita
male sul giornale di cultura locale, salvala la tua voglia, da tutto quel mondo
che pretende di essere quello esatto, non imbavagliarla, lasciala venire su
così dal nulla, da una giornata passata a fare cassa in un piccolo supermercato
dimenticato da dio, fatela riempire di ore passate a sistemare cibo scaduto
su scaffali impolverati, non curatela per giorni, che non è mica una pianticella
del vostro orto, quella roba lì che chiamate voglia è tutto diverso da quello
che vi spacciano come fiori al posto della cruda realtà, che non c’è proprio modo
per coltivarla, nessun modo per farla crescere o attecchire meglio se non ce l’hai,
se non c’è in questo momento, è così che va e se c’è, sarà sempre l’unica per te
quando lo vorrà, e le volte che si farà viva all’improvviso, saranno le migliori,
ricordati di pregare per quelle volte e anche per tutte quelle in cui sarà al posto di:
ore interminate in mezzo al traffico per arrivare a lavoro, poltrone sdrucite
al cinema per vedere un film remake degli anni ’90, giornate spezzate
a recuperare soldi non goduti all’inps, cazzate dette tra colleghi di lavoro
pronti a scappare alla fine del turno, orgasmi inaspettati tra le lenzuola e risate
del vostro compagno, zuppe di ramen mangiate al ristorante fusion per sentirsi
in Giappone e strani sogni mai avverati, che voi lo sapete benissimo che alla fine
saranno le migliori e anche le più vere, quindi davvero evitate di fare tutto quello
che credete possa far parte di quella strana, dolce, maledetta voglia che vorreste
non vi abbandonasse più, perché dovrai farne a meno, quando lei non vorrà
essere scoperta, quando vorrà nascondersi dietro una pagina di un manga
letto nelle ore di buco o persa tra i panni sporchi durante le ore in una lavanderia
a gettoni o nei sorrisi regalati a primavera in un parco assolato, quella voglia prima
che si autodistrugga per sempre, fate conto di viverla senza vergogna, né ansia,
perciò allontanatevi da tutto quel mondo che credete possa essere come un profilo
facebook di quelli inventati, l’identità di quella voglia non la perderai mai, neppure
se ti deciderai alla fine, inesorabilmente, di non averne davvero mai più voglia.
Tratto da: Opinionistica, Liminamentis Edizioni, 2017
la compagnia delle parole
da quando perdere la voglia di parlare, da quando sapere comunque di non contare
da quando decidere di non migrare e poi neppure di far entrare nel cuore
un pensiero perso nel nostro cervello, cocciuto, quello di non sapere di valere
da quando perdere la gioia nei tuoi occhi, da quando non accontentarsi di sentire
da quando volere tutto coprire sotto un cappotto di io lo so, invece di capire
tutto quanto c’è da sapere, che c’è da scaldarsi meglio stretti l’uno vicino all’altro
da quando il piacere delle cose invece delle persone, viste da lontano sfocate
da quando diffidare, allontanare, respingere, da quando riciclare, remixare, ripetere
nel circo/lo delle visioni passate e future, da quando niente di vero, di nuovo dall’usato
quello buono, da quando prima è meglio, poi dopo non lo accetto se non rivisitato
da quando creatinina alta e cronico sconforto di una creatività ribassata, senza saldi
da quando riascoltiamo i tuoi vecchi successi e amen, che passati i trentacinque ormai
non sei neppure quello che non sei mai stato, da quando simulare, ricopiare e incollare
un desiderio, diventati inappetenti, da quando il controllo dei forti e lo sterminio dei deboli
e basta solo condividere la voce, la stessa di testa in testa, una sola testa condivisa, e così sia
che poi troppo impegno, troppo amore, troppo guardarsi negli occhi è difficile da fare,
da quando smettere di scrivere per lavorare, da quando investire energie in parole
che valgono un giorno, da quando comunicare per davvero invece di farlo per fantasia,
da quando sentirsi soli in mezzo alla gente, da quando sentirsi pieni a stomaco vuoto
ti avrò sentito dire tutto questo solo una volta e poi cambio di pagina e poi trapasso di vita
eppure sempre la stessa, oppure sempre in strana, insolita, solitaria compagnia.
(Inedito)
Ambra Simeone
Ambra Simeone (1982). Vive a Brugherio (MB). Laureata in Lettere Moderne, con specializzazione in Filologia Moderna con il linguista Giuseppe Antonelli e una tesi dal titolo Lingua e varianti in “Ritorno a Planaval” di Stefano Dal Bianco. Ha esordito con Lingue Cattive (2010). È co-auratrice insieme a Ivan Pozzoni de Il Guastatore – quaderni Neon-Avanguardisti. Ha curato un progetto multi-antologico attorno al tema della scrittura dal titolo Scrivere, un punto interrogativo (deComporre Edizioni). Ha pubblicato testi sulla rivista albanese Kuq e Zi, la belga Il caffè e l’americana Italian Poetry Review. Sue poesie sono apparse su diverse antologie tra le quali: Il Quadernario Blu per Lietocolle a cura di Giampiero Neri e Il rumore delle parole per EditLet a cura di Giorgio Linguaglossa. Nel 2015 ha vinto il premio italo-russo Raduga come giovane narratore italiano, per l’occasione un suo racconto è stato tradotto in russo. Del 2020 la pubblicazione e traduzione in greco di alcuni sue poesie presso l’Istituto italiano di Salonicco.
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