Parco fotovoltaico Spal 1907 molta confusione sotto il sole
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Che il fallimento sia un vantaggio per i creditori non appare così scontato come si è letto in questi giorni. La recente sentenza pronunciata dal giudice Giusberti in merito alla vicenda Spal 1907 apre molti interrogativi e sta generando parecchia confusione interpretativa. Vale la pena ricostruire i passaggi essenziali per fare un po’ di chiarezza.
Dal gennaio 2010 la società Spal 1907 ha cominciato a ragionare sul progetto di un parco fotovoltaico dal quale trarre risorse per consolidare strutturalmente i propri bilanci e garantire una gestione corretta e virtuosa negli anni. I fatti accaduti hanno clamorosamente smentito quell’ambizione e sono culminati con l’esclusione della squadra dai ranghi federali e quindi dai campionati ed ora hanno avuto epilogo nella recente sentenza.
Il primo punto da precisare è che la Spal non ha fatto investimenti sul parco fotovoltaico, non ci ha messo soldi, non ha mai avuto quote societarie e non può quindi rivendicare nulla dalla attuale legittima proprietà, il consorzio Energia futura.
Ciò che ha fatto la Spal è stato operare per il rilascio dell’autorizzazione dell’impianto. Una volta ottenuta l’ha ceduta, nel 2011, a prezzo di mercato: tre milioni e 400mila euro per 14 megawatt. La ventilata ipotesi di revocatoria (ossia di annullamento dell’atto di cessione) circolata in questi giorni pare quindi priva di fondamento: il bene è stato ceduto al suo reale valore. Tentare questa strada appare temerario: genererebbe una ferma e motivata opposizione della controparte, cioè della proprietà, con il rischio che si trascini un lungo contenzioso giudiziario a discapito dei creditori che attendono di esser risarciti.
Il secondo punto è che Spal 1907 dalla cessione delle autorizzazioni non ha ricavato solo i 3,4 milioni di euro, ma anche una sorta di royalty pari al valore del 30% dell’energia venduta, il che genera un sistematico introito. Ogni anno si stima un provento di 400/500 mila euro secondo la produzione energetica effettivamente realizzata, che varia sulla base delle condizioni climatiche.
Per mantenere attivo questo cespite, la Spal 1907 – dichiarata fallita – dovrà essere mantenuta in stato di liquidazione per i prossimi vent’anni, periodo entro il quale maturano i crediti, in totale otto-nove milioni di euro (i 4/500 euro annui per i 20 anni di esercizio).
Per inciso va detto che l’autorizzazione è stata a suo tempo ceduta a Turra energia (che si era impegnato a entrare nel capitale sociale di Spal 1907 con una quota del 30 per cento), il quale circa un anno dopo l’ha rivenduta al Consorzio energia futura, del quale fanno parte gli imprenditori che hanno finanziato l’opera, oltre allo stesso Turra che ha realizzato l’impianto e ha trattenuto per sé una piccola quota. La controparte, che annualmente eroga alla Spal 1907 la quota di sua spettanza, è quindi il consorzio.
Il terzo punto è relativo all’ulteriore benefit riconosciuto all’atto della vendita del parco: consiste nel passaggio di proprietà dell’impianto alla Spal 1907, a conclusione del periodo di conferimento degli incentivi riconosciuti dal Gse, cioè al ventesimo anno di esercizio.
Questo significa, da un lato, che tutto il ricavato dell’energia prodotta dal ventunesimo anno sarà interamente appannaggio di Spal 1907; dall’altro che, proprio per questo motivo, lo stato di società in liquidazione dovrà trascinarsi anche oltre i 20 anni.
Da un punto di vista pratico questo comporta la nomina di un commissario liquidatore che resterà in carica per più di un ventennio, e che evidentemente non lavorerà gratis; normalmente queste figure sono ben retribuite e lo saranno anche in futuro (Renzi permettendo!). Ciò che andrà al commissario sarà sottratto alla massa degli introiti a discapito dei creditori che, secondo i dati filtrati dal tribunale, vantano complessivamente oltre 7 milioni di euro di pendenze.
Il quarto punto serve a evidenziare che, se fosse stato accolto il concordato come i creditori avevano in maggioranza richiesto, la procedura di pagamento potrebbe già essere avviata: in cassa sono maturati i crediti dei primi due anni e mezzo (più di un milione), le spettanze richieste sono già state validate e i creditori privilegiati, a breve (anche se la parola è un ossimoro quando c’è di mezzo il tribunale), avrebbero visto i loro soldi.
Così, con la dichiarazione di fallimento, tutto riparte da capo. Tanto è vero che i creditori sono stati convocati per il prossimo 15 luglio (da qui a tre mesi, con la dovuta calma) per ripetere quanto già fu fatto nell’aprile del 2013, la stima dei crediti, per poi formalizzare – entro i 30 giorni successivi – le richieste che dovranno essere successivamente valutate da commissario e giudice. Insomma, la storia ricomincia e non durerà poco. Bene che vada, per concretizzare, se ne riparlerà da qui a un anno. E il momento in cui chi è rimasto scottato riceverà il giusto indennizzo si allontana.
Chi scrive vanta crediti da Spal 1907, è tifoso Spal ed è sempre allo stadio da 42 anni.
Ha avuto parte attiva nella vicenda descritta come responsabile delle relazioni esterne, e ha molte ragioni di amarezza. Non per questo confonde o sovrappone gli interessi personali con la realtà dei fatti.
Fino ad ora, il sottoscritto, ha osservato un rigoroso e rispettoso silenzio. Ma le troppe inesattezze lette in questi anni mi impongono di parlare. Esporsi in prima persona non conviene quasi mai, è una legge di natura. Ma farlo risponde all’etica. I fatti devono essere conosciuti e giudicati per come si sono svolti. (s.g.)
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Sergio Gessi
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