Papa Francesco: “Sacerdoti, assolvete chi ha commesso l’aborto”
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Ci risiamo, Francesco ne ha combinata un’altra. Altro che “The young Pope” di Paolo Sorrentino.
Ieri si è chiuso il Giubileo Straordinario della Misericordia proclamato da Papa Francesco l’8 dicembre 2015, voluto forse non a caso nel cinquantesimo della fine del Concilio Vaticano II. Un intero anno giubilare perché la Chiesa potesse “rendere più evidente la sua missione di essere testimone della Misericordia”.
A distanza di 24 ore è stata resa pubblica la Lettera apostolica “Misericordia et misera” nella quale il Pontefice traccia il senso dell’anno giubilare e ne fa una sorta di bilancio: “In questo Anno Santo la Chiesa ha saputo mettersi in ascolto e ha sperimentato con grande intensità la presenza e la vicinanza del Padre, che con l’opera dello Spirito Santo le ha reso più evidente il dono e il mandato di Gesù Cristo riguardo al perdono”.
Soprattutto precisa che la misericordia “non può essere una parentesi della vita della Chiesa”, ma il suo stile di vita, il suo modo di essere. Ecco perché nella Lettera dichiara nettamente che “quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare, viene ora esteso nel tempo”. E questo riguarda anche – udite udite! – la possibilità per i sacerdoti di assolvere chi ha procurato l’aborto. Ecco cosa scrive il papa: “perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre”. Secondo Francesco, infatti, al centro della missione della Chiesa, “non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona, per comprenderne il desiderio più nascosto, e che deve avere il primato su tutto”.
Al rito della comunione, adesso, potranno accedere con meno ostacoli formali anche madri e medici che hanno praticato un aborto. Finora per loro scattava in automatico la scomunica che poteva essere sciolta solo da un vescovo o da un suo delegato.
Si attendono le reazioni delle varie anime dell’universo cattolico.
Nei 22 punti di cui è composta la Lettera il Papa parla anche di consolazione, di silenzio – “perché a volte non ci sono parole per dare risposta agli interrogativi di chi soffre” – e di una “cultura della misericordia” che si concretizza in azioni “artigianali”, concrete e nell’incontro con l’altro. Inoltre il pontefice parla del “carattere sociale della misericordia”. “Non avere il lavoro e non ricevere il giusto salario; non poter avere una casa o una terra dove abitare; essere discriminati per la fede, la razza, lo stato sociale…: queste e molte altre sono condizioni che attentano alla dignità della persona, di fronte alle quali l’azione misericordiosa dei cristiani risponde anzitutto con la vigilanza e la solidarietà. Quante sono oggi le situazioni in cui possiamo restituire dignità alle persone e consentire una vita umana!”
Certo, Francesco ribadisce che l’aborto è un peccato e c’è un’importante apertura verso i lefebvriani – anche nel loro caso il Papa estende la possibilità di “ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale” – ma una volta di più sembra che il Papa non abbia dimenticato il suo passato di pastore e che più che il giudizio a lui interessino l’ascolto e il perdono, i soli strumenti per guardare al futuro con speranza e con gioia e per fare veramente e nuovamente della Chiesa una ecclesia, una comunità che accoglie come una madre e non giudica e disprezza come una matrigna.
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Federica Pezzoli
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