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Oggi 5 dicembre 2020 arrivo un po’ distratto in salotto, pronto a demolire l’imponente fascio di giornali che mi occupano parte della mattinata e che consumo tra letto e poltrona.
Mi accorgo che c’è qualcosa di nuovo nell’aria e il mio sguardo si dirige al tavolino, dove fa pompa di sé un grande mazzo di tulipani. Ma…. ecco che li vedo muoversi, assumere pose strane dentro il vaso verde; poi mi s’illumina la mente. Per forza! Sono tulipani GIALLI e la loro danza emblematizza una data: da domani siamo in ‘zona gialla’. In studio sento però un brontolio sommesso, che proviene a sua volta dal grande mazzo di gigli bianchi che profuma lo stanzone. E dicono “Sempre ai meno importanti è data l’occasione di gioire. Noi nobili mai siamo presi in considerazione”.

Freneticamente i giacinti, sparsi per tutta la casa, fanno il tifo: quello che si riserva a Maradona. Al proposito il mio silenzio su quella perdita va almeno spiegato. Il ‘Divo Diego’ e la sua scomparsa non mi producono in verità alcun significativo sussulto. Invano gli ‘intendenti’ con citazioni dotte – specie quelle che si riferiscono nell’antichità alla divinizzazione di atleti tramite la poesia –  cercano di farmi recedere da quella posizione, anche se suffragata dall’essere, e lo ripeto, da sempre forse l’unico che mai abbia assistito a una partita di calcio, o anche di averla vista integralmente in tv.

Mi distraggo tuttavia nei servizi televisivi a rivedere le immagini della mia adorata Napoli, perdendomi tra le botteghe di san Gregorio Armeno, ripercorrendo con la mente i luoghi di tanta felicità sperimentata: i Bassi, la Galleria, Piazza Dante, Spaccanapoli. E qui il ricordo si fa vivo e urgente. Per un tempo ragguardevole ho viaggiato con i miei cognati e, se la meta era ogni anno la Francia, andammo spesso anche nella mia amatissima Napoli. Qui, per caso, scoprimmo un hotel a Posillipo dal nome invitante: Paradiso. Ci demmo un appuntamento in quanto io ancora guidavo e loro ci raggiunsero il giorno dopo su una macchina appena comprata. La notte stessa il portiere ci avvisò che ‘purtroppo’ avevano tentato il furto, che era stato spaccato il finestrino posteriore e altre amenità, tanto che mio cognato fu obbligato a passare la notte in macchina. Ma il luogo era incantevole e in altre occasioni, quando ad esempio mi recavo a Lipari, era d’obbligo una sosta di un giorno o due nell’amata città. Ma ormai il Paradiso ci veniva negato. Scoprimmo che era diventato il quartier generale di Maradona e che c’era una fila ininterrotta di prenotazioni per recarsi in quell’hotel. A questo punto si sommi la mia indifferenza al calcio, l’essere tenuto lontano da un posto amato e potrete fare la somma di come il nome di quel potente era per me oggetto di stizza.

Frattanto notizie strane arrivano portate dalla stampa nel mio rifugio popolato di fiori. Finisco con sempre più entusiasmo la recensione al magnifico libro di Gigliola Fragnito La Sanseverino, che ancora mi riporta a Napoli, mi esibisco in conferenze on line che mi gettano nel panico per l’uso di questo strumento particolarmente inadatto alle mie capacità, anche se, non so per quale aiuto, forse del mio tecnico formidabile Saint–Laurent, sembra che sappia cavarmela abbastanza bene.

Oggi poi leggo sulla stampa che è indagato il vicesindaco della mia città a seguito di un esposto del rappresentante dei radicali ferraresi Mario Zamorani. Quello che però mi colpisce di più è il nome dell’avvocato che porta avanti l’esposto: Longobucco. Non mi sembra vero, eppure quel cognome è quello di un paese che ho visitato e che è lo stesso dove sono nati e vissuti amici carissimi. Mi attivo e – potenza della storia meravigliosa e affascinante della nostra nazione – mi si dice che nel tempo andato ai bimbi accolti in orfanotrofio veniva dato il cognome del paese da cui provenivano. Uno per tutti Cosenza. Così la storia dei cognomi si inserisce sulla ancor più complicata vicenda testimoniata dall’ebraismo, per il quale da zone ben precise di Marche, Emilia, parte della Lombardia e della Toscana, assumevano i nomi di città e paesi: pure della mia. E così Ferrara, Cosenza, Ravenna, Rimini, Pesaro e anche Longobucco indicano città e dinastie, luoghi e persone.

Mi si domanda come passerò il Natale, visto che è un dovere totale e irrinunciabile fare a meno della riunione familiare. Rispondo “noi due” tra caterve di piante, fiori e panettoni (ne ho scoperto uno fatto da un’azienda ferrarese che è un miracolo di bontà!) dischi, e film d’antan. Uno spasso. Ci siamo dati per le feste i nomi dei due cagnolini che sono entrati in famiglia da poco: zio Benny e zia Frida. I piccolini suoneranno i campanello e nell’androne troveranno una capanna, dove dentro ci sono i regali portati da babbo Natale. Nuovo suono di campanello e attraverso il microfono ci faremo gli auguri fra i ‘bau bau’ dello zio e della zia.

Se lo ricorderanno nel tempo e dalla pandemia sorgerà incantata la fantasia.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it

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