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Stefano di Brindisi, classe 1961, è a suo agio nella poltrona della redazione. Il volto mediterraneo incorniciato da una folta barba sale e pepe, il sorriso buono, la risposta pronta. E soprattutto le idee chiare. Anche se generalmente non ama parlare di sé, si scioglie, si lascia andare a confidenze e, soprattutto, tratteggia il profilo del Palio 2.0 con qualche anticipazione…

Scopriamo chi è l’uomo che avrà in mano le sorti di una delle istituzioni più caratteristiche e cruciali per il futuro della città, il Palio. Azzardare un breve cenno biografico richiede un abile dono di sintesi: insegnante tecnico di Judo dal 1986, avvocato, appassionato golfista, contradaiolo agguerrito sotto le insegne di San Giacomo, e ora primo presidente proveniente da una contrada eletto all’unanimità… A lei non piace stare con le mani in mano, vero?
No, effettivamente, non tralascio niente, mi piace fare molte cose, sono un tipo eclettico.

Quale tratto unisce le varie esperienze della sua vita?
Sicuramente c’è un elemento di competitività, nel senso che amo gareggiare. Fa parte del mio carattere. Sfidare se stessi e gli altri però prevede un elemento essenziale che è il rispetto delle regole, la lealta, la conoscenza di se e dell’avversario e la condivisione dei momenti con gli altri.

So che nonostante i numerosi impegni continua ad esercitare come insegnante di judo.
Sì, tengo ancora una palestra in via Cassoli, insieme all’amico Alessandro Grande. Judo Format si chiama.

Un servizio reso anche alla città dato che è in una zona gad.
Infatti c’è bisogno di gente che si impegni nel quartiere, non dimentichiamo che lì c’è pure San Giacomo. A dire il vero molte altre associazioni.

Legata al judo c’è anche un’altra attività in realtà…
Sì, esatto. Si tratta dell’insegnamento dello sport, in particolare del judo, ai ragazzi portatori di handicap. E’ un lavoro che mi dà molto, una passione forte. Abbiamo fatto anche un ottimo lavoro con i ragazzi ipovedenti partecipando anche a campionati nazionali.

E il golf?
Il golf è uno sport unico, dove tu sei l’arbitro di te stesso. E’ straordinario e il rispetto delle regole è tutto.

Ma come fa a fare tante cose, con successo per altro?
Dormo poco, ho giornate molto lunghe. Al mattino e parte del pomeriggio seguo lo studio, poi mi ritaglio il tempo per il judo e soprattutto per la gestione dell’Ente Palio. Non c’è nessun segreto: la cosa fondamentale è l’organizzazione, creare una struttura di persone dinamiche, non è che faccio tutto io, tutt’altro. Io sovrintendo. Il comando è un servizio che va reso con grande responsabilità e anche grande umiltà. Intorno a me ho persone bravissime che fanno un lavoro eccellente e che vanno promosse e sostenute. Tutto il resto è disciplina.

E la sua storia con il Palio?
Sono entrato nella contrada di San Giacomo da ragazzino. Facevo il tamburino. In seguito sono dovuto uscire per diversi impegni lavorativi. E finalmente sei anni fa gli amici di San Giacomo mi chiesero di fare il presidente della contrada. Dopo una fase di ragionamento, accettai con molto entusiasmo.

Il presidente dell'Ente Palio di Ferrara, Stefano Di Brindisi
Il presidente dell’Ente Palio di Ferrara, Stefano Di Brindisi

Veniamo al Palio. Straordinaria novità la sua elezione.
Assolutamente, non era mai successo che il presidente fosse un’emanazione di una contrada e per di più che su di lui convergessero i voti all’unanimità. Sono molto orgoglioso.

Acclamato dai “principi elettivi” o agnello sacrificale in una fase difficile?
No, nessun capro espiatorio, non ce n’è bisogno. Svolgerò il mio compito con spirito di servizio. Conosco bene i punti forti e i punti deboli della situazione.

Ora parliamo della sua attività di presidente. Cosa succederà?
Le posso dire quali sono i miei obiettivi.

Prego.
Obiettivo numero uno: rendere l’ente Palio più forte, portarlo fuori dalle difficoltà. Metterlo in sicurezza, per così dire. E’ il grande obiettivo. Creare una nuova struttura attraverso la costituzione di una società con l’ente Fiera. Senza questa possibilità non avrei mai accettato. E’ fondamentale.

Una fase di innovazione assoluta insomma?
Certo, ma è una necessità imprescindibile dal punto di vista tecnico, giuridico e per le possibilità di organizzare tanti eventi.

Una volta realizzata questa società, i due enti conserverebbero la stessa autonomia che hanno oggi?
Certo, ma si potenzierebbe la capacità della realtà del Palio di movimentare la vita culturale ed economica della città.

Obiettivo numero due?
Quello culturale. E’ fondamentale rafforzare il legame tra Ferrara e il Rinascimento. E’ una carta vincente. Vede, la cultura può essere vissuta in modo attivo o passivo. Le persone vogliono non solo studiare e prepararsi, ma anche esserci fisicamente, fare le cose, organizzare rappresentazioni, eventi, eccetera.

Obiettivo numero tre?
Diciamocelo francamente: il Palio ce lo invidiano in tutto il mondo. Quindi dobbiamo intercettarlo questo mondo, internazionalizzare. Prima però bisogna conquistare tutti i ferraresi.

Ecco, punto dolente. Ferrara è una città ostica per certe cose. Non facile. Anche nei confronti del Palio ci sono luci e ombre intense.
Il Palio in città è molto apprezzato da una buona parte, direi un cinquanta percento, alcuni sono indifferenti. Bisogna lavorare anche in quel bacino.

Il primo passo per internazionalizzare gli eventi?
E’ già stato preparato: domani alle dieci e mezza in Castello ci sarà un avvenimento molto importante: ci incontreremo con i consoli dell’Emilia Romagna perché si possa giocare in squadra per portare nelle varie nazioni l’immagine del nostro Palio. E’ un servizio anche per il Paese.

Pensiamo all’offerta per la città, cosa prevede di fare? Può farci alcuni esempi?
Prima di tutto voglio coinvolgere i privati, non tanto o non solo per catalizzare gli investimenti, ma per invitare a spendere facendo, nel senso che chi vuole contribuire può farlo economicamente ma anche a livello organizzativo progettando eventi all’interno dei nostri spazi. E poi sto pensando ad un pacchetto turistico.

Ci può anticipare qualcosa?
Il Palio è certamente una risorsa dodici mesi all’anno. Ma non dimentichiamo l’importanza dei giorni tradizionali di gare e sfilate, che hanno un richiamo culturale che deve farci acquisire autorevolezza. Sto studiando un pacchetto turistico intanto per gli eventi di maggio.

Una sorta di “Maggio Ferrarese”?
Esatto.

In chiusura, veniamo alle gatte da pelare. A proposito di gatte da pelare, gli animalisti. E’ evidente lo scontro in atto per gli eventi legati alle corsa dei cavalli piuttosto che ad altre manifestazioni. Come pensa di risolvere la questione?
Lei mi parla di animalisti: animalisti o no, siamo tutti interessati alla salute di un cane come di un cavallo. Non si tratta di fare le cose nonostante o contro qualsivoglia associazione. Io invito gli animalisti a lavorare con noi, a confrontarsi serenamente e in libertà in modo da apportare miglioramenti in termini di sicurezza. Noi accettiamo consigli, se possiamo fare meglio non vedo perché non farlo.

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Daniele Modica



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