Scritto da un agente del Corpo Forestale dello Stato che vive in provincia di Reggio Emilia, Fabio Salvatore Pascale, classe 1983 e originario della provincia di Caserta, questo piccolo libro, “Generazione senza biglietto”, fa riflettere, pone solo domande, non fornisce risposte, e proprio per questo stimola la riflessione.
L’autore pone il suo sguardo attento, quasi chirurgico, sullo smarrimento e la crisi d’identità dei giovani di oggi, sulle cause di questo fenomeno, analizzando la nutrita letteratura in merito. Chi dovrebbe fare da guida latita, chi dovrebbe dare indicazioni è spesso assente, anche per questo le nuove generazioni appaiono deboli, confuse e poco credibili. Le crisi dei valori e lo smarrimento di un’identità caratterizzano tanti giovani che non hanno bussola, che spesso non lo trovano, quando non la cercano. Di fronte a quella che Papa Francesco definisce come la “globalizzazione dell’indifferenza”, oggi ci troviamo a dover far fronte a “una crisi del biglietto”, interessante metafora di un “menefreghismo” dilagante, di una mancanza di valori che molti di noi ritenevano (e ritengono ancora) insormontabili e indiscutibili. Mai ci saremmo sognati, da ragazzini, di viaggiare su un autobus o un treno senza il biglietto, e quando per caso fosse accaduto, semplicemente (e solo) perché il tabaccaio che li vendeva era chiuso o per mancanza di monetine adeguate, il cuore batteva all’impazzata, terrorizzati da quel controllore che sarebbe potuto salire all’improvviso. Nessun “anziano” salirebbe su un mezzo pubblico senza adeguato titolo di trasporto, una violazione inaccettabile, impensabile. E invece, oggi, spesso manca quel rispetto, nessuna correttezza, nessun timore. Chi se ne importa. E’ l’atteggiamento di quella che l’americano Thomas Friedman definisce “Generazione Q”, troppo idealista e ottimista, ma quieta e poco radicale per cambiare le cose e “accendere il fuoco sotto i piedi del Paese”. Una sensibilità quasi assente del rispetto delle regole, una disciplina che non si riconosce più come fondamentale, quella che noi avevamo. Non è pura critica alle generazioni di oggi, ma una riflessione sul perché di tali atteggiamenti che portano a un autentico “nichilismo dei valori”, a una mancanza di autorevolezza che non significa comprensione, ma che lascia correre, lascia fare, non guida, non dirige. Se noi temevamo il giudizio del professore, che aveva sempre ragione (mai un padre o una padre avrebbero messo in discussione valutazioni, insegnamenti e giudizi), oggi il genitore “difende” a oltranza, anche contro l’evidenza, e l’alunno ha sempre e comunque ragione. Questione di diritti. Vi è poi una “vicinanza elettronica” che, nella realtà, allontana, una comunicazione filtrata da schermi e apparecchi che non lascia più alcuno spazio al confronto diretto. D’altra parte il mondo reale è ben più complesso e impegnativo di quello virtuale. Non si comunica più, o lo si fa male. Il disagio personale giovanile si tocca, dal bullismo alla solitudine. Molto luccica ma non riflette, mancano direzioni, interazioni e orientamenti, a molti livelli. Oggi ci troviamo sempre più in “una società di orfani senza memoria di famiglia, perché, ad esempio, i nonni sono allontanati in una casa di riposo, senza affetto o con un affetto troppo frettoloso, perché papa e mamma sono stanchi” … Se quindi vi è disorientamento, in parte tutti noi siamo responsabili, maestri, insegnanti, capi o genitori che siamo. Spazio ai giovani, si dice, ma quanto veramente gliene lasciamo?
Pagina facebook di Fabio Salvatore Pasquale, vedi
Fabio Salvatore Pasquale, Generazione senza biglietto, Csa editrice, 2015, 96 p.
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Simonetta Sandri
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