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I primi giorni di Ottobre sono quasi sempre belli. Ottobre è uno dei mesi migliori per vivere a Pontalba. La campagna sta prende la colorazione autunnale e le foglie delle piante sono un misto di verde, giallo e rosso che incanta. La temperatura è mite, il cielo azzurro intenso. Il Lungone scorre pieno d’acqua perché le turbine che ne incanalano  il corso per l’irrigazione, cominciano a rallentare il loro lavoro. Serve molta meno acqua per i campi di quanta ne serva in estate. Si possono ricominciare a mettere vestiti più pesanti, le scarpe da ginnastica con le calze di cotone che impediscono alla polvere delle stradine sterrate di entrare tra le dita dei piedi e, così facendo, di infastidire le passeggiate. Si può anche andare in giro in bicicletta lungo gli argini e ammirare questa magnifica stagione nel suo pieno splendore.

Mi siedo sotto il portico. Quello della casa dove ho sempre vissuto, in via Santoni Rosa 21 e ripenso agli ottantanove Ottobri che ho visto.  Tantissimi. I primi cinque o sei non me li ricordo bene, ma ricordo tutti gli altri.
Mentre me ne sto seduta suona il cellulare dell’orologio. Schiaccio un pulsantino e sento nitidamente la voce di Bianca, una delle nipoti di Guido. Anche Bianca vive stabilmente a Pontalba. Ha quarantacinque anni e da venticinque abita a Villa Cenaroli perché ha sposato Ludovico Giovanni Della Fontana (detto Lugo) il figlio della contessa Malù.  Lugo e Bianca hanno mantenuto Villa Cenaroli nel suo antico e intramontabile splendore, un luogo bellissimo e senza tempo. Passeggiando per il parco, tra i suoi antichi alberi, non si sa che anno sia. Potrebbe essere il 1980, oppure il 2020, oppure il 2060.  Quel parco è sempre un luogo suggestivo che piace a tutti. Da dieci anni Bianca e Lugo hanno aperto parte del parco al pubblico. Hanno fatto una strada tra gli alberi, un chiosco dove si vende il gelato con tanto di panche di legno e alcuni ombrelloni di paglia, una giostrina con i cavalli, tipo quelle che si vedono a Parigi e che fanno impazzire di gioia i bambini e di sudore i genitori.
“Ciao Bianchina, tutto bene?” dico.
“Ciao Costanza, io sto bene, grazie. Ti ho chiamato perché ho un problema con le ortensie. Hanno le foglie che stanno ingiallendo. Ho paura che abbiano preso un parassita. Quando puoi, passi a vederle?”.“Sì volentieri, ma perché non lo dici al giardiniere?”.
“Preferisco che le veda tu”.
“Ok” le dico.
“Anche Maia-111 non è in forma. Ultimamente mangia poco. Non tritura più le castagne secche degli Ippocastani per poi alimentare i suoi circuiti” aggiunge Bianca.
“Speriamo sia un problema transitorio. Altrimenti chiama il padre di Axilla. Credo che in questi giorni stia lavorando da casa” dico.

La robot Maia-111 è stata costruita apposta per Villa Cenaroli. Contrariamente a molti dei nostri mezzani, non mangia il cibo degli umani ma castagne secche, ramoscelli, foglie ed erba. Non pulisce la casa come molti suoi colleghi ma i sentieri e i ponticelli del parco, le rimesse degli attrezzi, gli argini che trattengono il Lungone nel suo corso nei momenti di maggiore piena. Dà da mangiare agli animali e accompagna i visitatori del parco. Di Villa Cenaroli sa tutto e lo sa raccontare con una dovizia di particolari e una contestualizzazione rispetto al tipo di utenza davvero impressionante. Conosce a memoria la storia della villa, del parco, dei Conti, del personale di servizio, di Pontalba, del Lungone, conosce tutte le varietà di piante e tutte le specie animali presenti nella proprietà.  Sa adattare quello che racconta a chi si trova di fronte. Sa discriminare se sta interagendo con un bambino, con una bambina, con un adolescente, con un adulto, con un italiano, con un anziano e così via. Sa fare domande profonde e circostanziate che l’aiutano a capire le caratteristiche e le preferenze della persona che ha di fronte in modo da costruire una narrazione di ciò che si sta osservando il più possibile consona alle caratteristiche del visitatore. E’ un robot-111 straordinario e preziosissimo. E’ costato a Ludo e Bianca una fortuna. Ma l’investimento è stato ampiamente ripagato, sia per la quantità di lavoro che Maia-111 sa fare, sia per le modalità in cui lo fa. Sa essere gentile, diplomatica, accogliente, divertente, colta, buffa, chiacchierona o, al contrario, silenziosa. E’ anche bellissima.  Deve il suo nome a una stella. La stella Maia (nota anche come 20-Tauri) è una stella della costellazione del Toro. Si tratta di una delle componenti dell’ammasso aperto delle Pleiadi e si trova ad una distanza di circa 440 anni luce da noi. Il suo nome proprio deriva dalla figura di Maia, una delle Pleiadi mitologiche.

Quale nome migliore per un Robot-111  che vive a Villa Cenaroli?.
Maia-111 è longilinea.  Alta un metro e cinquanta, ha braccia lunghe e, contrariamente a quasi tutti i nostri mezzani, ha anche le gambe. Gli arti inferiori le sono stati costruiti con un duplice obiettivo: uno estetico (sembrare bella),  uno pratico (le gambe le permettono di muoversi nel parco della villa senza inciampare negli arbusti e nei rami secchi, le permettono di muoversi sulla superfice sconnessa del parco con agilità e anche di entrare in acqua bassa senza danneggiare i suoi circuiti meccatronici che sono tutti posizionati nella parte alta del suo corpo). Ha gli occhi verdi scuro come le foglie estive degli ippocastani ed è interamente verniciata d’oro.
Questa mezzana d’oro è un’attrazione di Villa Cenaroli tanto quanto lo sono i castagni, i cigni e la giostra coi cavalli. Fa parte delle figure animate che danno vita a quello spettacolo unico, fuori dal tempo che si vede entrando in quel parco curato e senza rumori meccanici (si sentono cinguettii, squittii, il rumore delle foglie che friniscono quando c’è il vento, il rumore dei rami secchi che scricchiolano).

Una volta ho assistito ad una scena che mi ha colpito. Maia-111 si è messa a giocare a nascondino con  Ulisse, il bambino di uno dei giardinieri.
Il bambino si nascondeva e Maia-111 lo cercava. Quando lo trovava diceva “trovato, trovato!” e poi rideva, cioè imitava un umano che ride. Come fanno i robot-111 a ridere? Esattamente non so, ma lo sanno fare.
Sembra che si divertano, che abbiano senso dell’umorismo. Sono sicuramente dotati di auto-riflessività. Sanno fare considerazioni sul tempo che passa, sul fatto che forse domani pioverà o forse no. Ma sanno anche amare?. Non so. Gli ingegneri del centro Trescia-111 dicono di no. I nostri mezzani sono fatti di circuiti meccatronici che imparano per imitazione, si comportano in maniera riflessiva rispetto ai processi imitativi che hanno introiettato, cioè scelgono la reazione più consona allo stimolo che hanno potuto osservare. La consonanza viene definita in basa a un meccanismo per prove e errori che non ha niente di “sentimentale”. Gli ingegneri di Trescia-111 dicono che i robot-111 riescono a riprodurre dal punto di vista comportamentale, attraverso l’applicazione pratica di principi che provengono dalla logica formale, quello che noi proviamo, i nostri sentimenti, le nostre reazioni emotive, ma non le provano loro, semplicemente le imitano.
Resta il fatto che questa imitazione si riversa su di noi come se fosse un sentimento esperito esattamente come lo esperiremmo noi, come noi lo proviamo. Del resto la differenza tra ciò che sembra e ciò che è, non si esaurisce in una definizione lineare. Ciò che sembra orienta il mondo. La ricerca della consonanza tra ciò che sembra e ciò che è alimenta il senso della vita.

Gli ingegneri di Trescia-111 dicono che i mezzani non provano dolore, non soffrono, non amano in maniera altruista, ma sembra che lo sappiano fare, lo sembra al punto che molti umani si comportano ormai come se così fosse. Questa sovrapposizione tra ciò che sembra e ciò che è (una specie di sentimentalismo di ritorno alimentato elettronicamente), sta generando una deriva (preoccupante) di alcuni comportamenti e di alcune relazioni. Portando all’estremo questa riflessione e uscendo dalla dicotomia sempre più incerta umano-robot, mi chiedo da chi mai potrebbero imparare l’amore altruista i nostri robot-111 se anche noi umani non lo proviamo, non lo sappiamo insegnare, non lo riconosciamo negli altri e non lo individuiamo in nessuno (credo che sia proprio questo uno dei motivi per cui la dicotomia umano-robot andrà sempre più ad ibridarsi). Questo potrebbe tradursi in un grave problema.
A volte ho anch’io l’impressione che ci sia qualcosa che ci sta sfuggendo di mano, che ci siano ibridazioni “al limite” che, seppur indotte, cambieranno la vita di tutti. Io ho visto Maia-111 giocare a nascondino con Ulisse e se non fosse stato per la poca lunghezza delle gambe di Maia e perché ha il colore di una stella cadente, avrei avuto l’impressione che lei si stesse divertendo. Che lei stesse provando gioia, per la precisione.
Sono quasi sicura che continuando su questa strada, ad un certo punto, innamorarsi di un Robot-111 sarà tutt’altro che impossibile, ma così facendo che fine farà l’umanità? o meglio, come diventerà?

Costanza e il suo mondo sono solo apparentemente diversi e distanti dal mondo che usiamo definire “reale”, e quasi sovrapponibili ad ogni mondo interiore. Chi fosse interessata/o a visitare gli articoli-racconti di Costanza Del Re, può farlo cliccando [Qui]

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.


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