Una cinquantina di giornalisti ha commemorato, ieri a Mosca, l’assassinio della giornalista Anna Politkovskaïa, uccisa nel 2006. Davanti all’entrata della sua ex redazione, quella del giornale Novaïa Gazeta, hanno deposto delicati fiori di giornale, vicino a una stele innalzata in suo nome. Tra le persone giunte a rendere omaggio a questa giornalista nota per le sue forti critiche alla politica del Cremlino in Cecenia, c’erano i figli Ilia e Vera, il capo redattore della Novaïa Gazeta, Dmitri Mouratov, e molti colleghi.
Il 7 ottobre 2006, Anna rientrava a casa dopo aver fatto la spesa, come faceva regolarmente, come molti lavoratori fanno ogni giorno. Era un giorno qualunque, come tanti altri. L’assassino l’ha attesa all’entrata del palazzo. Aveva 48 anni ed era attivamente impegnata nella denuncia dei crimini commessi in Cecenia. La sera del dramma, il giornale presso il quale lavorava aveva immediatamente avanzato due ipotesi: una vendetta da parte di Ramzam Kadyrov, vice Primo Ministro della Repubblica cecena, uomo vicino a Putin, o al contrario, una macchinazione per indebolirlo. Da allora si sono svolti tre processi. Il primo (ottobre 2008-febbraio 2009), non aveva condotto ad alcuno risultato (mancanza di prove contro gli imputati, vizi di forma, ricorso alla Corte Suprema) ma, nel dicembre 2012, in un secondo processo, l’ex-tenente colonnello Dmitri Pavliucenkov, responsabile all’epoca della sezione pedinamenti della polizia di Mosca, era stato condannato a 11 anni di reclusione per aver organizzato il pedinamento della Politkovskaïa e fornito l’arma all’assassino, in cambio di 150.000 $. Il terzo processo, nell’estate 2014, aveva visto la condanna, da parte del Tribunale di Mosca, di cinque persone, fra le quali Rustam Makhmudov (l’esecutore), Lom-Ali Gaitukaev (l’organizzatore), e il citato Dimitri Pavliouchenkov (per aver fornito l’arma del crimine). La severità delle pene (ergastolo per i primi due) aveva ridato credibilità alla giustizia russa, accusata di eccessiva connivenza con il potere. Ma l’accusa non è mai riuscita a trovare il vero mandante. C’è chi ha chiamato in causa il Cremlino, almeno per la protezione accordata al mandante, chi, vista l’origine dei protagonisti e la natura degli scritti di Anna ritiene che il dossier ceceno sia comunque il cuore del problema e della sua soluzione. Resta il fatto che Anna Politkovskaïa è, ed è stata, da molti considerata il simbolo del giornalismo e della liberta di stampa. Il suo assassinio ha commosso, e commuove ancora, il mondo intero e suscita indignazione della stampa e delle organizzazioni a difesa dei diritti umani. Oggi ci s’interroga ancora sulle ragioni della sua morte e la stampa e gli internauti sottolineano il brutto “scherzo del destino”, che ha voluto che il 7 ottobre fosse, allo stesso tempo, il giorno della triste commemorazione e quello del 62˚ compleanno del presidente russo. C’est la vie, putroppo.
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Simonetta Sandri
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