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Quando un potente taglia con la spada aggrovigliati nodi teorici, non sta facendo teoria ma indicando un’idea di società. E’ ciò che si legge nella lunga intervista a Putin (“La Repubblica”, 29 giugno). In particolare mi interessa un passaggio: “L’idea liberale ha esaurito il suo scopo. L’idea liberale presuppone che non ci sia bisogno di fare nulla. I migranti possono uccidere, saccheggiare e stuprare impunemente perché i loro diritti devono essere tutelati. Quindi l’idea liberale è diventata obsoleta”. Secoli di elaborazione per definire una ricca e complessa cultura della libertà e dell’autonomia degli individui (Locke, Montesquieu, de Tocqueville, Stuart Mill, Croce, Bobbio, Amartya Sen) vengono cancellati e al suo posto si propone una figura di liberalismo irresponsabile e caricaturale. Da non dimenticare che un grande Paese come la Russia non ha mai conosciuto né il principio di libertà, né l’esperienza liberale. Essa è passata dallo zarismo al totalitarismo per approdare ad un’idea di ‘democrazia illiberale’ come quella teorizzata da Putin e dall’ungherese Orban, non a caso altro superstite di quell’area totalitaria. Attenzione! Il consenso che questa idea di società autoritaria sta raccogliendo (da Trump a Putin, passando per… Salvini) ha una spiegazione in un altro passaggio dell’intervista: “I sostenitori dell’idea liberale non stanno facendo nulla. Dicono che tutto va bene. Sono seduti nei loro accoglienti uffici, mentre le persone alle prese con problemi reali soffrono”. Ecco la questione! Se le democrazie costituzionali liberali non riescono a tenere insieme uguaglianza e libertà individuali (l’art. 3 della nostra Costituzione), partecipazione dei cittadini ed efficienza delle Istituzioni, la sorte che toccò alla Repubblica di Weimar (1919-1933) può ripresentarsi in nuove forme tragiche. L’aveva già scritto A. de Tocqueville nel suo capolavoro “Democrazia in America” (1835-’40) che democrazia e libertà non hanno una connessione spontanea, naturale. E aggiungeva che, per evitare un esito di dispotismo mite, è necessaria una continua e complessa lotta culturale e politica per tenerle insieme. In conclusione si può affermare che quando una democrazia di massa diventa una democrazia senza qualità dietro l’angolo sono pronti i suoi becchini.

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Fiorenzo Baratelli

È direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara. Passioni: filosofia, letteratura, storia e… la ‘bella politica’!


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