Oltre il Circolo polare artico alla scoperta del popolo Sami
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2. SEGUE – Dopo quasi 2000 chilometri dalla partenza dal sud Norvegia, lasciamo il parallelo del Circolo polare artico per salire ancora più in alto. Circa 600 chilometri ci dividono ancora dal nostro obiettivo. Il panorama cambia in continuazione o perlomeno così appare in quanto il sole è tornato a splendere con forza.
Riprendiamo a percorrere i fiordi in una serie infinita di curve e controcurve, e dopo ore di guida realizziamo che la costa opposta è lì, a pochi chilometri di mare davanti a noi. Meglio a questo punto provare l’esperienza dei traghetti navetta che attraversano quel braccio di fiordo e che puntualissimi ci raccolgono ad un molo e ci lasciano a quello opposto; il tempo globale è lo stesso ma almeno ci siamo riposati.
Ciὸ che sorprende noi mediterranei in questa stagione estiva all’estremo nord è che passano le ore serali, notturne, ma c’è sempre luce; in questa parte boreale artica del globo, nel periodo estivo (da circa metà maggio a fine luglio) il sole non scende mai sotto l’orizzonte, fenomeno chiamato nel suo culmine sole di mezzanotte, pertanto la luce naturale pare non venga mai spenta, un interminabile tramonto. In inverno la situazione si capovolge. Non nascondo che dopo diversi giorni, questa ‘anomalia’, per noi comporti qualche fastidio; in pratica per poter dormire qualche ora ci si deve barricare in albergo, chiudere perfettamente le finestre affinché il chiaroscuro delle due, tre di notte, ci consenta di riposare per alcune ore.
Ripartiamo verso Narvik una piccola cittadina con un passato minerario visibile dai ricordi sparsi in città che raccontano di miniera. Per diverse centinaia di chilometri la strada diventa uno stretto nastro a saliscendi sulla quale è impossibile superare code di autotreni che vanno e vengono. I limiti di velocità sono severi o almeno la polizia ha la reputazione di essere severa, pertanto superiamo i limiti dove la piatta strada ci consente di vedere almeno 2 km avanti; un altro vantaggio è rappresentato dal fatto che non vi sono case sul bordo strada, non c’è nulla per chilometri e chilometri.
Finalmente incontriamo il primo assembramento di renne al pascolo (una è bianca, una vera rarità) governate dai primi Sami o Lapponi. Il popolo Sami, nomade, si suppone abiti la parte nord della penisola scandinava, Lapponia o Sapmi in lingua Sami, da circa 10.000 anni. A Drag piò essere interessante visitare il Circolo culturale lappone, ma ciò che colpisce è l`apparente normalità esistente nei rapporti fra la cultura norvegese e quella nomade dei Lapponi. Alcune persone che abbiamo incontrato ci confermano che l’allevamento delle renne e il profitto conseguente ricavato, riconosciuto al popolo Sami, è la ragione di questa pacifica convivenza.
Ci fermiamo per i rituali acquisti sotto le tende Sami (praticamente le stesse che siamo abituati a vedere nei film western) che si possono trovare lungo la strada. Artigianato in legno, pelle di renna e osso gli oggetti da acquistare, abiti manufatti da loro, ma il trofeo più ambito è l’impalcato delle corna delle renne. Nulla di crudele o violento in quanto è lo scarto della macellazione degli animali allevati, ma più è ramificato e più ti inorgoglisci. Anche noi cadiamo in questa trappola e ne compriamo tre, pagate con carta di credito sotto le tende! (fra i due rami di corna rimane un pezzo di osso di scatola cranica con un ciuffo di peli originali).
Non rimane che salire ancora a nord e deviare a sinistra verso le isole Lofoten di un fascino unico per la loro morfologia e disposizione, con montagne appuntite che circondano mini villaggi di case rosse e gialle. Di nuovo sul continente per riprendere il viaggio verso nord fra alte piramidi di grigliato in legno sui quali ancora vi sono le aringhe da essicare e tanti magazzini nei quali sono depositati milioni di stoccafissi, i quali irradiano in alcuni punti del percorso un odore insopportabile.
Superata Alta, l’ultimo centro abitato importante, siamo veramente a tiro. Poche decine di chilometri nel Finmark e apparirà l’isola di Magerøia, che raggiungiamo con l’ultimo traghetto e sulla quale si trova, all’opposto della stessa isola, Capo Nord.
Approdiamo a Honningsvåg, poche case colorate e poi attraversiamo l’isola in un clima veramente emozionante. Sarà anche che il tempo è peggiorato ed è freddo, circa 5 °C, e poi le nuvole basse e grigio plumbeo con un vento fortissimo, ma ciὸ rende il contesto come avremmo voluto trovarlo qui all’estremo nord europeo. Non ho dimenticato l`equipaggio familiare che decisamente ha sopportato con pazienza un lungo percorso. E i motociclisti? Non ne abbiamo incontrati moltissimi, loro pare preferiscano affrontare il viaggio in un clima estremo, quello invernale per godersi le aurore boreali. Dopo una lunga ultima porzione di strada in salita, finalmente a Capo Nord, che parrebbe voler svelare il nostro agognato imponente globo terrestre in acciaio simbolo di NordKapp proprio all`ultima curva.
Capo Nord 71° 10′ 21″ di latitudine nord e 25° 47′ 40″ di longitudine est (comune di NordKapp) é una falesia alta 307 metri a strapiombo sul mare che si affaccia sul Mare Glaciale Artico.
Circa 2500 chilometri da Lindesnes nel sud Norvegia e circa 5000 da Bologna e dove la luce non scende. Di fronte solo il mare aperto senza confine fino al vicinissimo Polo Nord. Scrive l`esploratore e naturalista italiano Francesco Negri arrivato qui nel 1664 nel suo resoconto di viaggio “Viaggio settentrionale fatto e descritto da Francesco Negri da Ravenna”: “Mi trovo qui a Capo Nord, al punto estremo del Finmark alla fine del mondo. Qui alla fine del mondo finisce la mia curiosità, torno a casa soddisfatto.” Noi invece rimaniamo curiosi.
FINE
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Marco Bonora
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