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La crisi americana dei subprime scoppiata nel 2008 ha fatto crollare il mito della democrazia finanziaria, o almeno avrebbe dovuto. Tantissime famiglie erano riuscite a realizzare il sogno di una casa non grazie al proprio lavoro e alla propria operosità, ma attraverso l’intercessione delle banche che grazie appunto al sistema finanziario potevano elargire credito a tutti, ma proprio a tutti. Talmente ‘a tutti’ che alla fine il sistema è crollato. Questo perché ciò che viene elargito come credito non è altro che denaro bancario, che diventa debito quando arriva a destinazione e che si accumula come debito di tutta la comunità. All’inizio non è così evidente, in particolare non se ne accorge chi i prestiti non li ha mai chiesti ma tutti, proprio tutti, se ne accorgono quando scoppiano le crisi.

In realtà i miti sono duri a morire anche dopo che le commissioni parlamentari degli Usa hanno dimostrato ampiamente che tutta quella generosità non era poi tanto disinteressata, anzi. E nonostante gli ultimi anni siano disseminati di suicidi e dal 2008 abbiamo visto sia aumentare le differenze sociali sia l’eliminazione della classe media, ancora resiste la logica capitalista della giustificazione dei boom e dei crash.
Il capitalismo ideologico ha, infatti, diffuso l’idea che sia giusto aspettarsi alti e bassi dal ciclo economico e di conseguenza è diffusa la logica che chi può è legittimato ad accaparrarsi sempre di più nei periodi di espansione lasciando poi alla comunità il compito di rimettere insieme i cocci durante le crisi. Qualcuno chiama il processo ‘socializzazione delle perdite’.
Eppure dopo il 2008 siamo passati attraverso il 2011, che ha regalato all’umanità un altro momento su cui riflettere. Le crisi hanno colpito intere nazioni, come la Grecia, alle quali sono state applicate politiche ‘lacrime e sangue’ che le hanno devastate in nome di una specie di esperimento sociale a cui, in fondo, le masse non si sono opposte. Segno evidentemente che l’esperimento sta funzionando?
Quindi prima si sono socializzate le perdite attraverso la trasformazione del debito privato in debito pubblico a carico dei contribuenti, poi si sono fatte politiche di austerità a carico dei cittadini per ripagare coloro che avevano provocato i danni, cioè banche e finanza, e infine si è lasciato tutto nelle stesse condizioni legislative pre-crisi, anzi si sta rilanciando con provvedimenti tipo Unione Bancaria.

La sinistra appoggia e rilancia. Avendo infatti abbracciato le teorie neoliberiste (nonostante sia nata per contrastarle!) e quindi sancito il blocco dell’intervento statale, si affida alla finanza perché possa continuare ad alimentare ed eventualmente soddisfare i sogni dei cittadini. Alle persone, purtroppo, sfugge che la finanza crea tanti debitori e pochi, pochissimi, creditori.
Quindi si è specializzata nella tutela delle banche, affinché forniscano credito e mercati finanziari come ausilio per l’invenzione monetaria attraverso una specie di leva infinita e discrezionale. Il punto qui è che si dimentica che sono gli Stati che hanno dato il potere di creare credito (o denaro bancario) alle banche, così come hanno dato ai mercati finanziari la capacità di superarlo in potenza nella creazione di denaro sotto forma di debiti liberi di circolare indisturbati. Ma ciò che si è avuto il potere di dare si ha amche il potere di togliere: gli Stati potrebbero tornare a far circolare denaro vero e non debiti, ma per farlo bisognerebbe tornare alla politica e questa è sicuramente una responsabilità di tutti i cittadini.

Bisognerebbe insomma fare il percorso a ritroso e ripartire da quando il denaro creato aveva una ancora possibilità di essere controllato, prima dei Ciampi, Andreatta, Amato, Draghi, Monti e del mitico Prodi.
Il professor Cesaratto afferma che in fondo un sistema che funzioni un po’ meglio del capitalismo ci sarà sicuramente, magari pensando al socialismo puro; le teorie cartaliste e della Mmt insegnano che il denaro può essere controllato e gestito dalle banche centrali al servizio dello Stato e attraverso questo controllo sarebbe possibile creare lavoro e pane per tutti; Moneta Positiva dice che è fondamentale partire dal controllo delle banche, alle quali va tolto il potere di creare denaro, cioè democratizzare la creazione del denaro per rendere democratica la società. Nel mondo ci sono economisti inglesi, australiani, americani, francesi, a spiegare a vario titolo che altri sistemi sono possibili.
In fondo però quello che perpetua il sistema vigente non è la convinzione che sia il migliore possibile, ma piuttosto la paura di quello che si teme possa venire dopo. L’euro non funziona e oramai lo hanno pubblicamente affermato tutti coloro che lo hanno voluto e creato, nonostante ciò abbiamo più paura del nuovo che del sicuro baratro a cui stiamo andando incontro. E se per noi la paura è rappresentata dal nuovo, per il sistema bancario e finanziario la paura è rappresentata dalla perdita del potere.
Perdita dei processi democratici, del potere salvifico delle Costituzioni nazionali, della sudditanza alle Nazioni più forti, dell’accettazione dei disastri finanziari come strutturali, così come gli alti livelli di disoccupazione, la povertà in aumento, gli stipendi più bassi e persino un futuro magari senza pensioni. Si accetta tutto tranne che il cambiamento.

Del cambiamento in Italia ha paura soprattutto la sinistra che ha abbracciato come dogmi la globalizzazione e il dominio delle banche, anteponendo l’avanzata della barbarie finanziaria a qualsiasi ragione popolare. L’ossessione di tenere i bilanci statali in ordine si spiega solo con una fede incondizionata alle ragioni del capitale, altrimenti non si capirebbe l’idealizzazione delle privatizzazioni, il tentativo di cambiare la costituzione, di togliere diritti ai lavoratori, di non tutelare le aziende locali.
Per la sinistra italiana esiste solo il cittadino del mondo, senza faccia, senza storia o cultura che lo possa identificare come appartenente a un luogo. Pronto a spostarsi, a essere precario, a vivere senza Stato. E in quest’ottica, dopo aver tolto il credito agli imprenditori, dopo l’articolo 18 e il job acts, che hanno colpito principalmente il lavoratore privato, bisogna togliere certezze al lavoratore pubblico e poi cominciare a scrivere dei costi dei malati cronici, dei pensionati, dei diversamente abili, niente può essere garantito in questo mondo che si vuole in movimento.

Quello che insegnano le crisi è che la finanza è l’opposto della democrazia. Le case sono ritornate alle banche, i cittadini si sono ritrovati più poveri, mentre chi li ha illusi è diventato più ricco.
Poi ci hanno detto che bisognava sacrificarsi per ricostruire e noi lo abbiamo fatto e coloro che ci avevano illuso hanno continuato ad arricchirsi. E adesso dicono che dopo la crisi viene sempre un nuovo boom economico, perché il capitalismo funziona così, ed è vero. Funziona proprio così, ma lascia tante vittime e pochi reali vincitori e la distanza dalla luce è sempre più ampia.

Funziona proprio così… ma non è l’unico sistema possibile.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info


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