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Amy Foster e il vecchio che aveva le ali
Vite di carta. Amy Foster e il vecchio che aveva le ali.
Certi racconti possono riapparire in un giorno torrido di agosto e riportare intatte le loro suggestioni. Mi è successo con Amy Foster, il racconto lungo che Joseph Conrad scrisse e pubblicò nel 1901 e che in tempi recenti ha avuto due nuove traduzioni: di Tania Zulli per le edizioni Marsilio nel 2019 e di Susanna Basso per Einaudi nel 2022.
È andata così: rimetto in ordine interi faldoni di fotocopie e documenti degli anni scolastici passati e salta fuori dall’annata 2003/04 un racconto di Gabriel Garcia Márquez, Un signore molto vecchio con certe ali enormi.
Il titolo è accattivante, come accade spesso nella sua narrativa, e c’è accanto una mia nota a matita che dice “Il racconto preferito da Martino Gozzi“. Fermi tutti, un lettore di grande esperienza come Martino mi lancia subito l’imperativo categorico di leggere il testo. Lo incomincio, lo lascio e poi ne riprendo la lettura mentre sotto la superficie della storia si creano a strati ricordi e risonanze di altre storie.
Quella in cui mi inoltro è strana, piena del realismo magico che è uscito a fiumi dalla penna di Márquez e gli ha valso il Nobel nel 1982: un vecchio dall’aspetto di “uno straccione” viene trovato nel fango da una coppia che vive in un paesino dell’America Latina non meglio precisato: è un naufrago?
Se lo chiedono Pelayo ed Elisenda, che intanto lo chiudono nel loro pollaio, perché non sanno che fare con uno che è dotato di un paio di ali giganti e non riesce quasi a muoversi nella mota che si è creata dopo tre giorni di pioggia.
Arrivano i vicini a guardarselo e a chiedersi chi sarà. Qualcuno dice che è un angelo e scatena con questa voce un via vai ininterrotto di visitatori, malati e non, vicini e lontani, che vengono a vederlo, sperando di trovare in lui il salvifico “alcalde del mondo” o il “generale” capace di vincere tutte le guerre.
Intanto passano i mesi dell’inverno: l’angelo vecchio resiste al freddo e al cibo ondivago che gli viene buttato; non ha reagito alle domande di tanta gente, perché parla una lingua incomprensibile, si è lasciato osservare e colpire dai sassi esplorativi che qualcuno gli ha lanciato. Dopo mesi di clausura e di pazienza, mentre le pareti del pollaio si sfasciano, a lui rinascono nelle ali certe “penne grandi e dure”, con cui un bel giorno tenta di riprendere a volare.
Elisenda lo vede dalla finestra mentre cerca di prendere quota e prova sollievo nel vederlo andare via, anche se si è arricchita grazie a lui, facendo pagare un biglietto di ingresso ai fiumi di visitatori che ha avuto per casa. Troppo greve il carico di avere nel proprio cortile l‘altro, il diverso, il non comprensibile che ora passa sopra le ultime case sostenendosi “con un arrischiato starnazzare di avvoltoio senile”.
Elisenda, come Amy Foster, alla fine vuole liberarsi di un peso, desidera tornare alla sua vita non deformata dal carico della conoscenza, dall’incontro con il diverso.
Tiro fuori il testo di Conrad nelle due traduzioni. Pochi mesi fa ci ho lavorato in collaborazione col mio Liceo per mettere a confronto le scelte espressive delle due traduttrici e ragionare sulla potenza della lingua, ma oggi è il naufrago Yanko Goorall a mettersi prepotentemente al centro del discorso.
La sua storia, “un montanaro dei Carpazi che resta vittima di un naufragio sulle coste dell’Inghilterra sud-orientale mentre sta cercando di raggiungere l’America, è quella di Conrad e di ogni emigrato in ogni tempo e luogo“, come osserva Zulli nella intensa introduzione al libro.
È una storia di esclusione e di sopruso: “uomini arrabbiati e donne aggressive” lo tengono a distanza dalla loro piccola comunità nel Kent, cominciano scambiandolo per un animale selvaggio di memoria omerica uscito dal mare e solo qualcuno sa riconoscergli piano piano la natura di uomo. La sola Amy gli dà da mangiare, lo frequenta e lo ascolta parlare la sua lingua sconosciuta dai suoni armoniosi. Lo sposa e gli dà un figlio.
Accanto alla sequenza del naufragio della nave su cui viaggia Yanko, accanto alla riga che dice “si videro figure scure con le gambe nude apparire e sparire nella schiuma” ho annotato “come a Cutro (26/02/2023), 87 vittime di cui 35 minori alla data del 18 marzo“. Quanti altri naufragi e morti del mare potrei annotare alla data di oggi.
Meglio rientrare nel solco dei due racconti e lasciar parlare la loro conclusione, dove ci attendono le due figure femminili di Elisenda e Amy nel loro ruolo di protagoniste assolute.
Ciò che fanno o che si rifiutano di fare determina infatti l’intero corso della storia: Elisenda non fa nulla per fermare il volo del vecchio angelo, Amy non soccorre il marito gravemente malato. Non gli dà l’acqua che lui morente le chiede, usando la sua lingua lontana, perché in lei sono più forti la paura nell’assistere alla agonia di Yanko e la ripulsa per il suo volto contratto, in cui riaffiora lo sconosciuto di un tempo.
Nota bibliografica:
- Joseph Conrad, Amy Foster, Marsilio, 2019 (traduzione di Tania Zulli)
- Joseph Conrad, Amy Foster, Einaudi, 2022 (traduzione di Susanna Basso)
- Gabriel Garcia Márquez, Un signore molto vecchio con certe ali enormi, in Tutti i racconti, Mondadori, 2013
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