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Si è concluso il Ferrara Film Corto Festival, tutti i premiati

Quattro giorni di proiezioni, di eventi, spettacoli e incontri. Con un grande successo di pubblico si conclude la sesta edizione del Ferrara Film Corto Festival; ecco tutti i vincitori dei premi con le relative motivazioni.

Il festival è finito, le luci si spengono, la platea si svuota, tempo quindi di un mini-bilancio. La qualità dei cortometraggi visionati dalla giuria professionale e giovani si è rivelata veramente di alto livello. Ora mi posso esprimere più liberamente, prima non sarebbe stato corretto, a rischio di influenzare i lettori, in quanto parte della giuria professionale.

Difficile scegliere, in giuria abbiamo molto discusso, tanti i pregi, tanti i messaggi importanti veicolati, se non altro per il tema stesso del festival, votato all’ambiente.

Dai lavori emerge, con grande evidenza, un filo conduttore comune: la forte preoccupazione, soprattutto da parte delle giovani generazioni, per il futuro del pianeta.

Citerei per tutti due corti, peraltro premiati, “Il mai nato” di Tania Innamorati e Gregory J. Rossi e “One day all of this will be yours” di Losing Truth. Da una parte un bambino che non vuole nascere, perché mai venire al mondo in questa terribile realtà senza futuro (la regista mi ha confessato di aver maturato l’idea del film al suo quinto mese di gravidanza), dall’altra un bambino che eredita un pianeta senza acqua e senza musica, un’eredità lasciatagli senza preoccupazione alcuna.

Ci sono poi il disagio giovanile di “Millennial”, di e con una bravissima Eleonora Corica, o di “Momenti”, diretto e interpretato dal giovane e promettente Stefano Maurelli, che portano lo spettatore a riflettere su temi quali l’apatia fatta di social e di ritrovi festosi che perdono di senso, il sentirsi spesso fuori posto o il bullismo. Anche l’abuso minorile preoccupa (“Avevi promesso” di Marco Renda o “Dalia”, di Joe Juanne Piras). Tanto disagio.

Stefano Maurelli, “Momenti”

Sorprendente, poi, come la giuria Giovani abbia dedicato la sua attenzione a “Farfalle”, di Marco Pattarozzi, il racconto di uno stupro dopo una festa fatta di cocktail e di sostanze strane, segnale evidente di come questo problema inquieti molto i più giovani.

Molti i segni lasciati dal Covid, basti pensare a “Respira”, di Mira Maria Simi; ma non mancano la delicatezza e la sensibilità di “Briciole”, di Rebecca Marie Margot o la malinconia romantica di “Rutunn’” di Fabio Patrassi, con un poetico Giorgio Colangeli.

Toccanti, coinvolgenti e sorprendenti due cortometraggi tratti da due storie vere, “L’allaccio”, di Daniele Morelli e “Une bouffée d’air”, di Federico Caria, rispettivamente il racconto di un Roberto Rossellini che fa installare un telefono al Verano di fianco alla tomba del figlio Romano, da cui dirigere “Germania anno zero” e del misterioso furto della Gioconda, nel 1911, ad opera di Vincenzo Peruggia.

Ci sono poi la ribellione e l’innamoramento giovanili che cedono alla storia de “La guerra di Valeria” di Francesco Alino Guerra o gli alberi che alimentano la vita di “Sound of wood di Samuele Giacometti o di “Tree talker” di Antonio Brunori. Ossigeno per tutto e tutti.

Tanti i paradossi, tante le visioni del mondo, ma tutti, registi, sceneggiatori e attori, paiono orientati a scuotere le coscienze, a non smettere di pensare, a riflettere insieme, a suggerire un cambio radicale di stili di vita ormai insostenibili (“Quel che resta”, di Domenico Onorato, invita ad esempio, a evitare ogni spreco, soprattutto di cibo).

Detto questo, chiedendo venia ai film non citati, non per questo meno degni di nota, vi presentiamo i vincitori della movimentata e divertente serata di ieri sera.

Dimenticavo. Il pomeriggio ha visto la proiezione fuori concorso del pluripremiato “Miss Agata”, di Anna Elena Pepe e Sebastian Maulucci, seguito da un incontro con i registi e gli attori Chiara Sani e Yahia Cheesay. Il corto ha anche ricevuto il premio “miglior corto a denuncia sociale girato nel territorio di Ferrara”.

Premio a “Miss Agata”

A seguire lo spettacolo di “Los guapos del tango”, un ballo coinvolgente che ha portato gli spettatori nella bellezza, nel colore e nella passione.

Los guapos del tango
Los guapos del tango

La serata finale si è aperta con il ‘cinematic concert’ di Ivan Montesel, “Novich”, artista poliedrico che spazia dal liscio all’hardcore, dal pop allo ska.

Novich in concerto

Ma torniamo ai premi. Tanti e belli.

Premio al miglior corto nella categoria “Ambiente è Musica” a Losing Truth con l’opera “One day all of this will be yours”

Per l’impatto emotivo suscitato dalla giusta alchimia ottenuta tra musica e immagini che sensibilizza l’osservatore sulle questioni ambientali arrivando a toccare le coscienze.

Losing Truth con l’opera “One day all of this will be yours”

Premio al miglior corto nella categoria “Buona la Prima” a Rebecca Marie Margot con l’opera “Briciole”

Per la delicatezza e sensibilità nel coinvolgere lo spettatore attraverso la rappresentazione di una sceneggiatura che porta un cambio di prospettiva.

Premio a “Briciole”

Premio al miglior corto nella categoria “Indieverso” a Mattia Napoli con l’opera “The Delay”

Originale, surreale, coinvolgente ed essenziale. Caratteristiche di un cortometraggio ideale.

Premio a “The delay”, ritirato dai Direttori Artistici del Festival

Premio al miglior documentario a Samuele Giacometti con l’opera “Sound of wood”

Per la rappresentazione del legame tra suono e natura in un viaggio attraverso la storia, le tradizioni e la cultura legati all’uso del legno. 

Premio a “Sound of wood”

Premio alla miglior fotografia a Gianluca Palma con l’opera “Nostos”

Per la cura dell’immagine, la scelta delle inquadrature e l’utilizzo suggestivo della luce. 

Premio a “Nostos”

Premio alla miglior attrice a Fotinì Peluso con l’opera “La guerra di Valeria”

Per l’intensità e la capacità con cui riesce a rendere l’evoluzione del personaggio interpretato.

Premio a Fotinì Peluso, “La guerra di Valeria”, ritirato dal regista

Premio al miglior attore a Vincenzo Nemolato con l’opera “The Delay”

Per l’interpretazione originale in equilibrio tra dramma e commedia e la poliedricità.

Premio climate change dedicato all’interpretazione della tematica relativa al cambiamento climatico a Tania Innamorati e Gregory J. Rossi con l’opera “Il Mai Nato”

Per l’originalità e l’ironia con le quali vengono trattati tutti i paradossi di una società contemporanea nella loro complessità.

Premio a “Il mai nato”

Premio indie music dedicato alla migliore colonna sonora indipendente a Flavio Gargano con l’opera “Quel che resta”

Per l’uso accurato degli strumenti e per l’ottimo connubio tra immagine e suono che enfatizza il messaggio legato al rispetto dell’ambiente.

Premio a “Quel che resta”

Menzione speciale della Giuria Professionale assegnata a

  • Eleonora Corica con l’opera “Millennial”
  • Daniele Morelli con l’opera “L’Allaccio”
  • Elodie Serra con l’opera “Fumo”

Premio giuria giovani a “Farfalle”.

Premio a “Farfalle”

Foto in evidenza, team di Miss Agata, foto di Valerio Pazzi

Per rileggere i day 1, day 2 e day 3 del Festival

La giuria professionale

 

Un certo tipo di partecipazione

Un certo tipo di partecipazione

Con chi ce l’ha questa irriverente vignetta che sta girando per il web? Beh, la foto è molto chiara, il destinatario è sicuramente il Comune di Ferrara. Quindi la Giunta Fabbri e le ultime campagne pre-elettorali di sensibilizzazione e consultazione, compresa la discussione sul nuovo Piano Regolatore (nome in codice PUG).

A guardar bene, però, nella vignetta non c’è nessun riferimento temporale, nessuna data, quindi la critica potrebbe rivolgersi non solo all’attuale Governo cittadino di Destra, ma anche ai governi di Centrosinistra che lo hanno preceduto. Perché, anche se a qualche politico di professione potrà sembrare incredibile, i ferraresi non sono forniti solo di orecchie (per ascoltarlo), ma anche di voce. E di cervello.

Nel giugno del 2024 avremo un nuovo/a Sindaco/a e un nuova Giunta di governo: sarebbe bello se inaugurasse uno stile nuovo, che non consideri i cittadini come soggetti passivi di informazione e di propaganda, ma come attori protagonisti del cambiamento.
Auguri al nuovo Sindaco o alla nuova Sindaca, ma tengano a mente che il loro compito è amministrare un patrimonio che non è loro: I padroni di Ferrara sono i cittadini. Tutti.

Francesco Monini

 

Gli occhi di Tina: rivelare la bellezza, denunciare l’ingiustizia .

La mostra a Palazzo Roverella di Rovigo

                                                          

Gli occhi di Tina: rivelare la bellezza, denunciare l’ingiustizia. La mostra a Palazzo Roverella a Rovigo, 22 settembre 2023-28 gennaio 2024 

Con la ‘scusa’ di rivedere una cara amica, l’attrice e regista di teatro per l’infanzia Maria Ellero, ci siamo date appuntamento a Palazzo Roverella, a Rovigo, alle 11 di domenica 24 settembre. Un incontro previsto da quando abbiamo saputo dell’esposizione della fotografa Tina Modotti, della quale il padre di Maria è appassionato ricercatore, e in questa occasione nostra preziosa guida.

Gianfranco Ellero, storico e biografo, grande conoscitore della cultura locale e non solo, ha curato la ricostruzione degli anni in cui Tina ha vissuto alla periferia della sua stessa città, Udine, dov’è nata nel 1896, nel quartiere di Borgo Pracchiuso, prima di emigrare negli Stati Uniti a diciassette anni.

La storia delle origini di questa artista era stata omessa e trascurata fino a quando il professor Ellero richiamò l’attenzione di biografi e critici, soprattutto americani, con la pubblicazione dell’articolo L’infanzia di Tina Modotti sul suo Corriere del Friuli nell’ottobre 1979.

Dopo il saggio Tina Modotti in Carinzia e in Friuli (1996, Cinemazero ed.), nel 2019 raccoglie altre testimonianze della sua vicenda nell’opera Tina Modotti, La ragazza di Pracchiuso, concentrandosi sulla mostra personale del 1929 a Città del Messico, che consacrò l’audace ragazza friulana come artista, per quanto ella stessa si considerasse “una fotografa, niente di più”, con l’idea di fotografare “onestamente, senza distorsioni o manipolazioni” e utilizzare la macchina fotografica “come uno strumento, il più diretto mezzo per fissare e registrare l’epoca presente, la vita in tutti i suoi aspetti”.

Marcia dei lavoratori, Città del Messico 1926
Mani di un operaio edile, Messico 1926
Piedi

Una ricerca di obiettività che rende l’immagine un documento, con un importante ruolo nel campo dello sviluppo storico e sociale, senza rinunciare alla ricerca di una estetica nella sensibilità espressiva. Gli occhi, quindi, selezionano e rivelano lo sguardo di Tina sulle cose e sulle persone. Restituiscono la bellezza delle forme e delle luci, mettono a fuoco momenti di vita vera di persone e di comunità in movimento negli anni della sua opera (anni ’20 – ’30 soprattutto).

Non si può qui approfondire il racconto di tutte le sue molte vite: operaia bambina in un setificio a Udine, apprendista nello studio dello zio fotografo Pietro Modotti, attrice nel cinema muto hollywoodiano, ispiratrice e amica di artisti come Diego Rivera e Frida Khalo, Pablo Neruda, Gabriel Orozco, David Siqueiros, Robert Capa e Gerda Taro, Hemingway, Antonio Machado, Dolores Ibarruri, Rafael Alberti, André Malraux.

Attivista politica della sinistra e del partito comunista, allieva e compagna di fotografi di rilievo (Edward Weston tra tutti) e di attivisti rivoluzionari (Guerrero, Mella, Vidali), fino alla morte, tuttora misteriosa, in un taxi a Città del Messico, per infarto o avvelenamento. Una vita avventurosa, che aveva lasciato in secondo piano la sua attività artistica, autonoma e originale, riscoperta e valorizzata a partire dalla mostra al Moma di New York, nell’inverno del 1977.

Flor de manita, Messico, 1925

L’essenza del suo sguardo è nelle sue immagini, lì si condensano le sfaccettature della sua vita.

Gli occhi di altri su di lei ce la mostrano affascinante, sensuale, modello della fecondità naturale (nei murales di Rivera ad esempio), o documentano il suo attivismo sociale e politico

I suoi occhi sul mondo inquadrano aspetti della natura, rose, gigli, steli di bambù o campi di mais, ma anche fili elettrici, strutture architettoniche, oggetti simbolici, dove risultano esaltate la forma e la composizione, con nettezza ed essenzialità. Fotografie che richiamano anche l’astrattismo, a volte vicine alle opere cubiste o futuriste.

Lo sguardo alle persone è più caldo e partecipato, ad esempio nei ritratti delle donne di Tehuantepec (Messico, 1929), ragazze, mamme o anziane, riprese nel contesto della loro vita, rivelando uno stile unico di documentazione socio-antropologica, dove ogni singola immagine rimanda a un significato più ampio e profondo. 

Bambino con la bottiglia, Città del Messico 1929 – particolare

 

E sono gli occhi dei bambini, il lavoro quotidiano delle donne, le fatiche dei più poveri, le mani rugose e i piedi screpolati, dai sandali esausti, le vesti consunte di un uomo seduto a terra, proprio sotto la pubblicità di un’azienda d’abbigliamento per caballeros elegantes, che gridano in silenzio la crudeltà del mondo e insieme la dignità di queste vite dure e semplici, nel ‘fuori fuoco’ della folla di sombreros in cammino per cambiare un destino. 

Dice di lei Baltasar Dromundo in occasione della mostra del ’29: 

“La rivoluzione è uno stato dello spirito … Il lavoro di Tina Modotti è serio, tenace, silenzioso e ammirato, estratto dallo stesso seno del popolo, dalle profondità dell’animo indio e dallo spirito delle cose moderne”  (B. Dromundo, sul quotidiano El Universal, dic. 1929)

Sulla sua tomba a Città del Messico sono incisi alcuni dei versi che Pablo Neruda le dedicò alla sua controversa morte: 

“Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
d’acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
la tua delicata struttura.  …

Perché non muore il fuoco”.

Cover: Tino Modotti, Donna a Tehuantepec, Messico, 1929 particolare

Per certi versi /
La complicazione di essere donna

La complicazione di essere donna

Le donne
sono complicate
Frase fatta
È complicato
Essere donne
Frase che sfratta
I luoghi comuni
Devono sempre
Dimostrare
Di valere
Come i maschi
Ogni mese
Arriva
Il signor marchese
Chi ne fa
Le spese?
di lavori
Ne fanno due
Uno biancoDi cose
Ne pensano quattro
Non devono
Non possono
Avere i peli
La pancia poi…
Devono avere
I capelli
E devono tingerli
Devono
Non tutte
Certo
Ma
Che fatica
Per chi?
Sono oggetto
Oggetto
Di violenza
Vengono sfregiate
uccise
Persino
Da chi dice
Di amarle…
Il discorso si fa
Dramma
Piaga
Sociale
E mondiale
Complesso
E omesso

È splendido
Che ci siate
Donne
Siate
Come voi
Vogliate

Ogni domenica Periscopio ospita Per certi versi, angolo di poesia che presenta le liriche di Roberto Dall’Olio.
Per leggere tutte le altre poesie dell’autore, clicca [Qui]

Armita Garavand è morta

Armita Garavand è morta. Da 28 giorni la 16enne iraniana era in coma, dopo essere stata picchiata dalla polizia morale che stava pattugliando la metropolitana di Teheran a causa di un diverbio perché non indossava il velo. La ragazza si trovava nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Fajr della capitale, sorvegliata dagli agenti giorno e notte.

Pochi giorni fa l’annuncio, non ufficiale ma confermato anche dai genitori della ragazza, della morte celebrale. Come Mahsa Amini, l’ennesima vittima della polizia morale iraniana. Fonti di Stato avevano parlano di un malore. I genitori sono stati interrogati e hanno dovuto negare l’aggressione.

Continua, in nome di Mahsa Amini e Armita Garavand, la protesta e la mobilitazione delle donne, in Iran e in tutte le città del mondo. 

Ferrara Film Corto Festival
Day 3, Ultime proiezioni e spettacolo di danza, in attesa dei vincitori

In attesa della serata finale con la proclamazione dei vincitori che avrà luogo stasera, si chiudono le proiezioni. Sala affollatissima, coinvolgente delicata performance di danza contemporanea di Alessandra Fabbri, con la musica elettronica generativa di Lucien Moreau e il sax di Giulia Carriero

Dopo il Day 1 e Day 2, il terzo giorno ha visto sfilare le ultime proiezioni. Sala piena.

Un panorama dei corti visti il terzo giorno di proiezioni, ieri 27 ottobre, in attesa della premiazione finale di stasera che avrà luogo sempre in via Boccaleone 19.

FARFALLE (Italia, 20’ – “Indieverso”) di Marco Pattarozzi

Una storia di drammatica attualità, realizzata sull’Appennino modenese. Un gruppo di giovani cresciuti insieme e uniti da una profonda amicizia. Durante una festa a cui partecipano Cate e Patrick gli alcolici vengono corretti con una sostanza psicotropa. Cate si risveglia con i segni di uno stupro ma non ricorda nulla. Cambierà tutto.

MOMENTI (Italia, 15’ – “Indieverso”) di Stefano Maurelli

Una malattia da affrontare e le ore trascorse nelle asettiche stanze di un reparto ospedaliero si trasformano nell’occasione per conoscere sé stessi attraverso il rapporto con la famiglia e gli amici, quelli che ci sono sempre.

TRE VOLTE ALLA SETTIMANA (Italia, 13’ – “Indieverso”) di Emanuele Vicorito

Le sorelle Berrezzella sono delle assidue giocatrici del Lotto, tre volte a settimana tentano la fortuna, alimentando il tutto con la dovuta scaramanzia e una tecnica antica. Un giorno, nel Vico Scassacocchi, si trovano di fronte alla scena di un tradimento che diventa per loro l’ennesima occasione per tentare la fortuna e provare a cambiare per sempre la loro vita…

COSE DI FAMIGLIA (Italia, 15’ – “Buona la prima”) di Martinus Tocchi

La morte di un familiare. Una riunione di famiglia, due fratelli gemelli, Fabio e Sveva, e un terzo fratello minore, Stefano. L’appuntamento è nella villa di campagna, Sveva li aspetta lì. I soliti dissapori al momento delle eredità, perché l’essere umano non si smentisce mai.

UNE BOUFFÉE D’AIR (Italia, 18’ – “Indieverso”) di Federico Caria

Parigi 1911, tratto da una storia vera. La mattina di un umile imbianchino italiano emigrato con la famiglia anni prima viene interrotta dal capitano della Gendarmerie francese, alle prese con un clamoroso furto: la Gioconda è sparita. Dove sarà mai finita?

ONE DAY ALL OF THIS WILL BE YOURS (Italia, 5’ – “Ambiente è musica”) di Losing Truth

La natura ci ha messo alle strette e tra qualche anno il nostro pianeta potrebbe non essere più vivibile. A causa dell’indifferenza verso un futuro che sembra sempre troppo lontano, ma che in realtà è sempre più vicino, la situazione sta diventando irreversibile. Nemmeno i supereroi potrebbero salvare questo mondo devastato. Non esiste un Pianeta B e stiamo consegnando alle generazioni future l’eredità peggiore: un mondo dove l’aria sarà irrespirabile, dove il canto degli uccelli non esisterà più e dove l’acqua mancherà. Un giorno tutto questo sarà tuo!

Intermezzo Indie Showcase

Performance di danza contemporanea dell’artista e coreografa Alessandra Fabbri. Musica elettronica generativa e sound design di Lucien Moreau. Sax improvisation di Giulia Carriero.

Alessandra Fabbri
Eugenio Squarcia, Alessandra Fabbri, Giulia Carriero

SWEET HOME (Italia, 19’ – “Indieverso”) di Lorenzo Sisti

Caleb, un giovane veterano di guerra, torna nella sua vecchia casa con l’intento di ricongiungersi con i suoi genitori. Pochi ricordi felici sono offuscati da un passato difficile e da un presente ancora più complicato. L’incomprensione regna sovrana.

TRA LE TUE BRACCIA (Italia, 10’ – “Indieverso”) di Ildo Brizi

Storia di dolore e di speranza, di dramma, paura, coraggio, tenacia e forza. Un intreccio fra il fenomeno dell’immigrazione e della maternità. Il primo visto attraverso il secondo.

GIOIA (Italia, 18’ – “Buona la prima”) di Eduardo Castaldo

Una storia che ruota intorno alla ricerca della gioia. E la gioia è anche il suo punto di arrivo. Una felicità che va cercata nelle piccole cose quotidiane. Tutti percorriamo la strada verso la gioia e possiamo trovarla anche nei compagni di viaggio e di vita, in sconosciuti di cui ignoriamo le tragedie.

THROUGH THE MOTIONS (Regno Unito, 15’ – “Ambiente è musica”) di Clemente Lohr, Maddie Ashman

Un viaggio in musica.

CHISSÀ CHE PIOVA (Italia, 23’ – “Buona la prima”) di Ilaria Dallanù

L’attesa quasi spasmodica della pioggia

IL RITRATTO DI MASRI (Italia, 20’ – “Indieverso”) di Matteo Giulio Pagliai

2009, Beirut. La città sta vivendo un periodo difficile. Da pochi anni è uscita dalla Seconda guerra del Libano. E con essa la vita del pittore libanese d EL MASRI HAYSSAM AHMAD.

LEGACY (Canada, 3’ – “Ambiente è musica”) di Pamela Falkenberg, Jack Cochran

U corto che usa l’animazione stop-motion per visualizzare l’omonima poesia del 2002 della scrittrice di Vancouver Fiona Tinwei Lam.

THE LOCATION MANAGER (Grecia, 22’ – “Indieverso”) di Andreas Graf

Quando Jason viene inviato dal suo capo Yianni a trovare una location in una splendida e rigogliosa Grecia per le riprese di una stellina americana dei social media di Las Vegas, i suoi nervi sono tesi al limite. Lei è davvero insopportabile…

THE FUTURE OF BREATH (Canada, 4’ – “Ambiente è musica”) di Anthony Grieco

Viaggio nel futuro. Quello che spaventa.

TERRE DELL’ORSO (Italia, 25’ – “Ambiente è musica”) di Constantinos Christou

Documentario sull’orso bruno marsicano, parte dello straordinario patrimonio naturalistico dell’Appennino centrale. Un mondo da preservare.

THE BREAKDOWN (Italia, 6’ – “Buona la prima”) di Giulio Mealli

Quando l’auto di una famiglia sull’orlo di una crisi va in panne, lasciando i passeggeri a piedi nel mezzo del nulla, i rancori affiorano. Come una pentola scoperchiata.

Intermezzo Indie Showcase

GIAN MARIA GUARINI – “DA FERRARA A CAPO NORD IN R4” – Incontro con Gian Maria Guarini con proiezione di foto e video 

IL PROVINO (Italia, 20’ – “Indieverso”) di Gregorio Sassoli

Mia, una giovane senzatetto, è messa alle strette da un malvivente della stazione Termini che la obbliga a fare una consegna per lui. Viene caricata su una macchina ma il conducente, un tassista abusivo che sogna di fare l’attore, rende il viaggio più complicato del previsto.

SLAP ME TO SLEEP (Italia, 8’ – “Buona la prima”) di Julien Giovani Stainier

Tre rapinatori scapestrati prendono di mira un locale della mafia cinese. Non sanno però che il barista, l’unico a sapere la combinazione della cassaforte, è narcolettico e si addormenta all’improvviso quando si emoziona troppo…

EARTH RIOT (Regno Unito, 22’ – “Ambiente è musica”) di Immo Klink

La protesta contro il degrado del pianeta terra.

ZITI (Italia, 15’ – “Buona la prima”) di Rocco Buonvino

Un ragazzo attende il proprio fidanzato a casa ma, quando questo arriva, corre a chiudersi in camera, senza dare spiegazioni. I pensieri, le emozioni, i dubbi che attraversano il giovane ragazzo sono evocate da immagini d’archivio…ma ecco che la porta si apre ed è presto svelato il mistero.

DEMI-GODS (Germania, 6’ – “Ambiente è musica”) di Martin Gerigk

Qual è l’esperienza umana della guerra, del narcisismo e della distruzione ecologica?

L’ULTIMO GRADINO (Italia, 15’ – “Buona la prima”) di Natascia Bonacci

Casale 500, edificio di proprietà di Fabio, un architetto con la passione per la musica che ha trasformato il casale in una sala ricevimenti, dove scoppierà una passione travolgente.

Foto di Valerio Pazzi, foto in evidenza Giulia Carriero al sax

Ferrara Film Corto Festival 2023 si svolge in quattro giornate (25-28 ottobre 2023), durante le quali avranno luogo le proiezioni dei 67 film ammessi in competizione (27 per “Ambiente è Musica”, 15 per “Buona la prima”, 25 per “Indieverso”), intermezzati da concerti, conferenze, spettacoli e proiezioni di opere video fuori concorso.

L’ingresso è a offerta libera. Lo spettacolo si svolge fra le 15,30 e le 22,30.

https://www.ferrarafilmcorto.it/programma2023

Appunti di un poeta itinerante: “La poesia è rotonda”.
Intervista a Pier Luigi Guerrini, presidente di Ultimo Rosso

Si è appena conclusa la III edizione del Festival della Poesia Itinerante organizzata da Ultimo Rosso nella splendida cornice della città di Ferrara.
Parliamo di una manifestazione culturale che non punta ai grandi numeri, ma che propone un approccio del tutto originale, un modo diverso di rapportarsi al pubblico. Se infatti, il termine “Festival” conosce oggi in Italia una grande fortuna, se ogni città o paese ospita uno o più festival dai nomi più fantasiosi, il Festival della Poesia Itinerante si distingue da tutti gli altri: nessun palco, nessuna classifica, nessun premio. Si potrebbe definire un Festival “al piano terra”, che riprende i modi e le forme della stagione del “Teatro di strada” degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.

La persona più giusta per raccontare questa esperienza è Pier Luigi Guerrini, uno dei fondatori e attualmente Presidente della Associazione Culturale APS Ultimo Rosso.  La prima domanda che ti voglio porre è di carattere generale. Esistono in Italia una infinità di sodalizi poetici, cosa differenzia la vostra associazione e la vostra proposta da tutte le altre?

Non so quanto la nostra proposta sia originale. Sicuramente c’è la gioia di fare, di proporre progetti dedicati alla poesia. Finché questa gioia, leggerezza, resterà tra i partecipanti, finché le diversità personali saranno fonte di ricchezza e di stima reciproca, sarò onorato di fare parte di questo gruppo, indipendentemente dal fatto di ricoprire o meno degli incarichi di responsabilità. Nella nostra Associazione ci sono poeti e poetesse di Ferrara e della sua provincia, di Bologna e della sua provincia. Fin da subito, tra le nostre proposte abbiamo inserito la bellezza (e la fatica) dell’andare per strada a leggere le nostre produzioni poetiche.  

Ho letto che per voi la poesia ha una carica “rivoluzionaria”, “anarchjca”, una voce libera contro il potere costituito, vuoi spiegarmi meglio cosa intendete?

Io penso che la poesia debba essere uno spazio di libertà assoluta, senza confini o limitazioni espressive. Io credo che ci sia ancora molto bisogno di sperimentare nella/con la parola. Penso sia un bisogno che non dovrebbe mai scomparire. Un bisogno di pensiero differente! Una parola fatta di suoni larghi, sintetici, di spazi/silenzi, di corse al rallentatore, di istantanee da rischiare anche se dovessero uscire “sfuocate”. Una parola che si trasforma in immagini. Una sperimentazione non accademica che non si arrenda ad una comunicazione che si concede troppo spesso alla velocità, al “mordi e fuggi”, alla “superficialità” e fatica a lasciare tracce significative, solchi. Una poesia che si presenta sempre più spesso sotto forma (e sostanza!) di chiacchiera dove “le parole non misurano niente, fanno giri inutili, mancano deliberatamente ogni bersaglio” (Emilio Tadini). Iosif Brodskij scriveva che “la poesia è anche l’arte più democratica – comincia sempre da zero. In un certo senso, il poeta è davvero come un uccello che canta senza guardare al ramo su cui si posa, qualunque sia il ramo, sperando che ci sia qualcuno ad ascoltarlo, anche se sono soltanto le foglie”. Questo io penso quando parlo di poesia e anarchia. Poi, le sensibilità di ognuno dei componenti di Ultimo Rosso spazia in piena libertà.

Puoi farmi qualche esempio di poeti che incarnano questa idea?

Ognuno di noi ha poeti e poetesse che predilige, che sente vicino. Aldo Palazzeschi, Alda Merini, Gianni Rodari, Emily Dickinson, Edward Estlin Cummings, Wislawa Szymborska. Questi sono i miei preferiti. 

Vengo al Festival della Poesia Itinerante, quest’anno alla terza edizione, siete soddisfatti della risposta dei poeti e del pubblico?

Il sabato pomeriggio, con la poesia diffusa in più luoghi, quest’anno non è andata bene. Il tempo atmosferico ballerino, le varie defezioni per diversi motivi ci hanno indotto a ridurre le postazioni. Poi, certamente, vedere qualche persona che si è fermata a lungo ad ascoltarci ci ha fatto piacere. Leggere poesie per strada è un qualcosa di dirompente, non consuetudinario. L’obiettivo principale è la diffusione dei nostri pensieri poetici. Come ha detto Maria Mancino “se andando a casa a qualche persona viene voglia di scrivere una propria poesia o mettere su carta un proprio pensiero, abbiamo fatto centro”. Diverso il risultato della domenica mattina alla Rotonda Foschini. Oltre ai sette lettori “ufficiali” (Anna Rita Boccafogli, Francesco Loche, Cecilia Bolzani, Maria Mancino, Monica Zanon, Marta Casadei e io), diverse altre persone si sono avvicendate al microfono a leggere poesie. E’ stata una bella sensazione di condivisione con un pubblico molto attento e partecipe.

Il reading poetico aperto a tutti alla Rotonda Foschini
Le foto di domenica 22 ottobre

Basta scorrere le foto scattate delle vostre performance per notare che esiste un ‘altra protagonista del Festival, la magnifica Ferrara. Raccontami perché vi è venuta in mente la location della Rotonda Foschini? Che significa “la poesia è rotonda”?

Questa definizione non è mia ma penso che sia un piccolo gioco linguistico, prendendo spunto dalla rotondità ovale del cielo come “soffitto”. La poesia è, spesso, scarna, essenziale, che non si dilunga, che cerca la sintesi evitando fronzoli o inutili ripetizioni.

Parlami della reazione dei passanti. Secondo te cosa pensa una persona che attraversa per caso il volto della Rotonda Foschini e si trova di fronte un gruppo che legge poesie ad alta voce? Mi sembra che per voi sia molto importante “l’effetto sorpresa”.

Le reazioni dei passanti sono state le più varie. Stupore, sorpresa, interesse, ascolto o passaggio senza fermarsi. Sicuramente questo posto lo trovo magico e che può essere un luogo poetico per il futuro.

A proposito di foto, so che avete realizzato una mostra in cui le due arti, poesia e fotografia, dialogano tra loro.

La mostra si intitola “Parole oltre lo sguardo” ed è stata ideata e realizzata da Ultimo Rosso e dal gruppo fotografico Norsisti . E’ stata inaugurata la primavera scorsa a Ferrara, presso il Circolo Arci Bolognesi, e per oltre un mese (dalla metà di settembre) è stata allestita presso il Circolo Arci di San Lazzaro (BO).
Il dialogo tra parola poetica e immagine fotografica si è rivelato un incontro emozionante. Foto e testi poetici ci inviano sensazioni, rimandi nella memoria personale che possono favorire un viaggio oltre la superficie delle cose. Le immagini anticipano storie. La scrittura poetica raccoglie il testimone e ne amplifica le vie espressive d’uscita. E’ una strada a due sensi, da percorrere avanti e indietro, facendo ogni volta nuove scoperte. 
Del resto, da sempre la poesia ha amplificato uno strumento espressivo per mettere a fuoco la realtà, o quello che a noi sembra tale, all’interno e all’esterno di noi. Leopardi teorizzava l’esistenza di una “doppia vista”, come di una facoltà della pupilla e parallelamente dell’anima di conoscere meglio e in profondità, ciò che ci circonda.
Ci tengo a dire che “Parole oltre lo sguardo”  è ancora disponibile.  Comuni, biblioteche e centri culturali possono farne richiesta scrivendo alla nostra mail (vedi in calce all’articolo). Come tutte le iniziative della nostra Associazione, la mostra è  gratuita, salvo il contributo per il trasporto e l’allestimento.

Prima di dar spazio alle foto delle letture poetiche realizzate nelle strade di Ferrara, vorrei chiederti se Ultimo Rosso ha qualche iniziativa in cantiere. Dove rivedremo la voce libera della poesia, a Ferrara e altrove?

Le idee sono tante, ed anche i contatti in corso. Alcuni esempi. Col coro SonArte collaboreremo per realizzare il 25 novembre, giornata contro la violenza alle donne, un incontro di musica e poesia al Museo di Spina. Con la Galleria del Carbone, oltre ad esporre nella prossima primavera la mostra “Parole oltre lo sguardo”, stiamo studiando la creazione di incontri periodici (mensili) dedicati alla poesia: presentazione di libri, reading a tema e altro. La realtà del carcere di Ferrara in Via Arginone ci interroga ed è nostra intenzione incontrare i carcerati e le carcerate attraverso la mediazione della poesia, della parola e, soprattutto, dell’ascolto delle loro voci.

Un’altra esigenza importante, che comincia a farsi spazio tra gli iscritti, è quella di avere una sede dove trovarci anche a leggere, mettere le nostre produzioni, fare corsi di scrittura creativa, ecc.

Poesia, poeti e poetesse in giro per le strade di Ferrara
Le foto di sabato 21 ottobre

E poi Ferrara… anche lei Poesia

Nella riunione periodica, che avremo prossimamente, oltre a fare un bilancio delle iniziative ultimate, valuteremo le nuove proposte che, come dicevo prima, non mancano. Tra poco sarà tempo di rinnovo del tesseramento per l’associazione Ultimo Rosso. L’autonomia economica è fondamentale per poter fare e realizzare progetti e il costo della tessera dovrà tenere conto di questa esigenza senza essere troppo esoso.
Per partecipare a Ultimo Rosso non serve essere poeti e poetesse, ma amare la Poesia e credere che leggere e
diffonderla sia un antidoto alla violenza e un modo per sperare in un mondo più giusto e più gentile.

Contattaci al nostro indirizzo Email : lultimorosso.ferrara@gmail.com

Foto nel testo: La prima parte, quelle di domenica mattina alla Rotonda Foschini, sono di Valerio Pazzi (fotografo ufficiale di Periscopio). Gli scatti che seguono, sono stati realizzati il sabato pomeriggio da vari partecipanti alle letture poetiche per le strade di Ferrara. 

Foto di copertina: il reading poetico alla Rotonda Foschini di Ferrara (Foto Valerio Pazzi)

La scelta inumana e costosa dei Cpr.
I costi esorbitanti dei centri di detenzione in Italia

di  Annalisa Camilli 

Il 17 ottobre il ministro dell’interno Matteo Piantedosi ha confermato che costruire nuove strutture di detenzione per il rimpatrio degli stranieri è una priorità, ma molti sollevano dubbi sull’efficacia, le violazioni e i costi di queste strutture.
J. M. è stato rinchiuso nel centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli, a Milano, perché i suoi documenti erano scaduti: è stato dentro per ventidue giorni, nonostante fosse un malato oncologico e gli fosse stato diagnosticato un grave tumore cerebrale. Non avrebbe mai dovuto entrare in questo tipo di strutture. Invece dopo un ricovero ospedaliero è stato riportato nel Cpr di Milano.

J. M. deve la sua salvezza a un compagno, che preoccupato per il suo stato di salute dopo le dimissioni dall’ospedale, ha contattato il centralino del Naga di Milano, un ambulatorio che fornisce anche assistenza legale agli stranieri. Aveva letto nella cartella clinica del compagno che i continui mal di testa e svenimenti non erano dovuti a semplici sbalzi di pressione, ma c’era molto di più, anche se nella struttura di detenzione non stava ricevendo cure adeguate.
Il Naga ha segnalato il caso al garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che è intervenuto e ha richiesto una visita oncologica, in seguito alla quale J. M. è stato dichiarato inidoneo a essere rinchiuso nel centro di detenzione e non rimpatriabile. Ora è in attesa di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di salute.

Quella di J. M. è solo una delle storie raccolte dal Naga e dalla Mai più lager-No ai Cpr, che nel rapporto Al di là di quella porta hanno presentato i risultati di un’indagine durata un anno sulla struttura detentiva diMilano. Mancate visite mediche, ostruzionismo, opacità, uso massiccio di psicofarmaci, assenza di servizi, strutture fatiscenti, violenze: sono alcune delle cose riscontrate dagli osservatori di questo rapporto in un anno di attività. “Esprimiamo preoccupazione per la decisione del governo di estendere il trattenimento massimo consentito all’interno dei Cpr a 18 mesi e sul progetto di aprirne altri in ogni regione italiana”, è scritto nel rapporto.

Una priorità del governo

Tuttavia, il 17 ottobre, in un’informativa alla camera, il ministro dell’interno Matteo Piantedosi ha confermato che costruire nuovi Cpr è una priorità del governo. “In ragione delle loro finalità, la presenza di tali strutture non diminuisce, bensì aumenta i livelli di sicurezza dei territori di localizzazione”, ha detto il ministro parlando ai deputati. Ma un nuovo rapporto di ActionAid e del dipartimento di scienze politiche dell’università di Bari mette in discussione l’efficacia di questi centri, introdotti in Italia nel 1998, e ne mostra i costi esorbitanti.

Nello studio Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri il sistema dei Cpr è descritto come “inumano, costoso, inefficace e ingovernabile”. Secondo i ricercatori, la detenzione amministrativa degli stranieri ha ottenuto un solo risultato evidente nel corso di quasi trent’anni: “Divenire lo strumento per rimpatri accelerati dei cittadini tunisini, che nel periodo 2018-2021 rappresentano quasi il 50 per cento delle persone in ingresso in un Cpr e quasi il 70 per cento dei rimpatriati. Ma i migranti tunisini sono stati solo il 18 per cento degli arrivi via mare nel 2018-2023”.

Inoltre, il rapporto evidenzia il ruolo dei gestori: “Sono cooperative e soggetti profit – tra i quali anche alcune multinazionali – a gestire i dieci centri attivi in Italia in un contesto di allarmante confusione amministrativa e mancanza di trasparenza. Nel periodo 2018-2021 la gestione di ben sei dei dieci Cpr attivi è stata prorogata, per un totale di oltre tremila giorni. Quattro capitolati di gara differenti operano contemporaneamente, generando enormi disparità tra la qualità e i costi dei servizi offerti”.

“Il caos gestionale emerge fin dalle interlocuzioni con le prefetture. A Gorizia, Caltanissetta e Brindisi è impossibile distinguere le spese di manutenzione ordinarie del Cpr da quelle del centro di prima accoglienza (Cpa) attiguo. Negli ultimi due casi, Cpr e centri di prima accoglienza sono inoltre gestiti dagli stessi soggetti privati”, spiega Fabrizio Coresi, uno dei relatori del rapporto per ActionAid.

I costi sono molto alti anche se i posti sono pochi: 53 milioni dal 2018 al 2021; il costo medio di ogni struttura è di un milione e mezzo all’anno, mentre quello di un posto di 21mila euro. Quasi 15 milioni sono impiegati per la manutenzione, di cui più del 60 per cento è stato usato per interventi straordinari, cioè ristrutturazioni dovute a danneggiamenti.

A conferma che il prolungamento dei tempi di trattenimento degli stranieri comporta solo la crescita delle spese di manutenzione straordinaria: nel 2018 a 27 giorni di permanenza media in un Cpr corrispondono 1,2 milioni di euro per costi di manutenzione straordinaria; nel 2020, a fronte di 41 giorni di permanenza media, i costi erano saliti a 4,1 milioni. Tuttavia, anche se aumentano le spese, diminuiscono i servizi: “Sono solo nove i minuti di assistenza legale a settimana per ospite, nove i minuti a settimana di assistenza sociale per ospite, 28 minuti a settimana per la mediazione linguistica”.

L’investimento nei Cpr ha prodotto una crescita dei costi umani ed economici delle politiche di rimpatrio. Dal 2017 si rimpatria di meno, si spende di più e lo si fa in maniera sempre più coercitiva”, continua Coresi. “Il ricorso a queste strutture ha già dimostrato di essere fallimentare. Tuttavia, si continuano a presentare i Cpr come una soluzione per aumentare il numero dei rimpatri. I dati raccolti, invece, dicono l’esatto contrario”.

Annalisa Camilli
È una giornalista, lavora a Internazionale dal 2007. Ha vinto l’Anna Lindh Award, il premio Tutino, il premio Cristina Matano, il premio Comete Giancarlo Siani, il premio Kapuściński. Il suo ultimo libro è L’ultimo bisonte (La nuova frontiera 2023).

In copertina: Bologna, 14 ottobre 2023. Una manifestazione contro l’annuncio del governo della costruzione di nuovi Cpr. (Zumapress/Agf)

Ferrara Film Corto Festival – Day 2, “Ambiente è musica” continua

Anche il secondo giorno del Ferrara Film Corto Festival ha riservato sorprese e curiosità. A dominare, i temi del post-covid e l’inquietudine per l’ambiente, oltre a tematiche sociali importanti, quali l’abuso minorile. La programmazione continua.

Abbiamo parlato dell’aperura di questo interessante Festival, oggi è il terzo giorno di proiezioni, con le ultime venticinque proposte in lizza per la vittoria finale. Molte le preposte da tutto il mondo.  Quarantaquattro le pellicole in concorso presentate sinora.

A voi, intanto, i corti proiettati durante la seconda giornata, il 26 ottobre.

SOUND OF WOOD (Italia, 9’ – “Ambiente è musica”) di Samuele Giacometti

Un percorso a ritroso che ha per protagonista il legno di risonanza di un abete rosso trasformato in un clavicembalo artigianale di elevata qualità acustica. Una storia di montagna, di cultura e tradizioni antiche che si mescolano con tecniche moderne.

MILLENNIAL (Italia, 4’ – “Buona la prima”) di Eleonora Corica

Storie, avventure, disavventure e disagi di persone nate tra i primi anni ’80 e la fine degli anni ’90. La mancanza della s plurale nel titolo suggerisce però subito una storia individuale: quella di Anna, di rientro da Londra, e la sua vita sedentaria, quasi immobile.

EMMA ELIZABETH · THE CATALYST (Spagna, 6’ – “Ambiente è musica”) di Andrei Zaitcev

Acqua che scorre, suoni e musica. Un viaggio quasi psichedelico.

CHAO CARBÒN (Cile, 24’ – “Ambiente è musica”) di Ladislao Palma Irarrázaval, Sebastian Fernandez Palumbo

Storia di un movimento socio-ambientale che lotta per la chiusura, entro il 2030, delle grandi centrali termoelettrica a carbone in Cile. Disegni animati e immagini reali s’intrecciamo in una storia infinita di ingiustizie e lotte quotidiane.

INCIPIENCE (Russia, 13’ – “Ambiente è musica”) di Yaroslav Bulavin

Un “art movie” sperimentale sulla creazione del mondo, della terra e dell’acqua, l’origine della vita. Girato senza il coinvolgimento di una troupe cinematografica o riprese combinate. Un viaggio delicato nel mondo fantastico della natura.

IL MAI NATO (Italia, 21’ – “Indieverso”) di Tania Innamorati, Gregory J. Rossi

Il racconto, attraverso la voce dei media e di alcuni testimoni, dell’epopea di Sarò Messina, il primo e unico bambino che si è rifiutato di nascere, barricandosi nell’utero materno per 18 anni come forma di protesta sociale e diventando un simbolo per le persone di tutto il Mondo. Un finto documentario per affrontare, in modo ironico, le storture della società contemporanea, ponendo un immenso dubbio esistenziale che molti di noi hanno avuto: “ha senso nascere in un mondo come questo?”.

RUTUNN’ (Italia, 14’ – “Ambiente è musica”) di Fabio Patrassi

Il corto mette in scena l’esistenza di Michele, sospesa tra delicato e malinconico ricordo e realtà. L’anziano torna dopo molti anni a Rotondella, il suo paese d’origine, ed entra nella vecchia casa dove rivive alcuni momenti felici con la moglie e il figlio, tra musiche d’altri tempi e l’orizzonte sconfinato concesso dalla terrazza di famiglia. La delicatezza va in scena.

THE DELAY (Italia, 14’ – “Indieverso”) di Mattia Napoli

Arturo è un bravo interprete, una persona solitaria, metodica e regolare. Da qualche tempo sta avendo problemi a svolgere il suo lavoro: è andato fuori sincrono. I suoni arrivano in ritardo rispetto a ciò che vede, una malattia degenerativa. Dopo aver perso il lavoro e aver provato inutilmente a eliminare ogni fonte sonora, Arturo, quasi per caso, inizia a osservare il mondo diversamente. Quello che appare come un assurdo handicap può diventare un’opportunità per osservare la realtà da un nuovo punto di vista. Perché la bellezza può essere ovunque, e, nei momenti più difficili, la creatività può aiutare.

NATURE DREAMS (Brasile, 25’ – “Ambiente è musica”) di Ale Amendola

Viaggio nei suoni della natura, colori e atmosfera di quasi enigmatica bellezza.

GLI ULTIMI DELLA TERRA (Italia, 10’ – “Ambiente è musica”) di Massimo Bertocci

Pietro raccoglie erbe medicali e vive isolato, su una montagna: custode di una tradizione antica, quella dei pastori e boscaioli, aiuta gli abitanti del luogo curando gli animali con infusi e scambiando con loro favori e prodotti. Ma con l’avvento del parco protetto molte di queste pratiche sono proibite e i luoghi della montagna vietati, così un giorno, per sfuggire a un carabiniere che vuole impedirgli di continuare a praticare le cure con le erbe, fugge e cade da una rupe … Si risveglia in una città vuota, senza trovare pace, dovrà dare un senso al tempo … Comincerà a prendersi cura degli ultimi…

FUMO (Italia, 15’ – “Indieverso”) di Andrea Rebuzzi

Massimo è un meccanico romano capace, rigoroso e onesto. Proprio la sua onestà lo porta a guadagnare il giusto, non chiede mai nulla di più, e non guadagna mai quanto sua moglie Agata vorrebbe. Agata che fuma sempre. Ingolfato dalle pressioni della consorte e succube della propria integrità un giorno incontra Carlo, un uomo che sembra dargli i giusti consigli per non mandare in fumo la sua vita. Fino a quando…

BRICIOLE (Libano, 16’ – “Buona la prima”) di Rebecca Marie Margot

Alfredo è un poliziotto, vive con i suoi tre figli e la moglie Donatella, in un piccolo appartamento. La famiglia è in attesa del quarto figlio. Il lavoro fatto di turni di notte e di sacrifici, l’arrivo del nuovo bebè e i piccoli e grandi problemi della vita lo stanno schiacciando. La risposta a una chiamata d’emergenza per una rapina a mano armata cambierà la sua visione della vita. E arriverà la danza, quella che fa bene al cuore.

THIS IS YOU (Italia, 18’ – “Ambiente è musica”) di Marco De Luca

Mentre il mondo è in stallo a causa del Covid-19, due ragazzi londinesi scoprono i sentimenti che provano l’uno per l’altro, ma le minacce e la violenza rischiano di porre fine alla loro relazione prima che possa iniziare.

RESPIRA (Italia, 11’ – “Ambiente è musica / Buona la prima”) di Mira Maria Simi

Anche qui ritorna il periodo buio del Covid, fatto di paure, angosce, drammi, morti e superstiti. Un inno all’aria, al respiro, alla vita che trova spazio.

LA GUERRA DI VALERIA (Italia, 20’ – “Indieverso”) di Francesco Alino Guerra

Una delicata parentesi d’amore giovanile, durante la Resistenza, quando era d’obbligo scegliere se schierarsi con il bene o con il male. Un corto in bianco e nero fatto di tenerezza e sentimenti contrastanti.

DALIA (Italia, 17’ – “Indieverso”) di Joe Juanne Piras

Sara, una bimba di sette anni, viene ritrovata nel bosco priva di sensi. È stata drogata e abusata. Canticchia sempre una canzone. È il caso più difficile che Dalia, psicologa infantile dalla vita tranquilla, abbia mai affrontato. La donna ha poco tempo per scavare nella mente della bambina e capire cosa sia successo, prima che accada nuovamente. Ma il destino sarà infame e terribile…

ECCE (Italia, 8’ – “Ambiente è musica”) di Margherita Premuroso

Un viaggio escheriano che attraversa la giornata qualunque di una donna che rivive ogni giorno lo stesso compito dal quale non riesce a districarsi. Presto ci si accorgerà che questa non è la storia di una sola donna ma di tante persone costrette a vivere lo stesso claustrofobico girone dantesco.

INTERMEZZO – HO SMESSO DI PORTARE LE MUTANDE, di Matteo Sambero, Pierpaolo Lombardi (Italia, 20′) ·

L’AVVERSARIO (Italia, 17’ – “Indieverso”) di Federico Russotto

Aureliano e Simone sembrano appartenere a due mondi diversi, diametralmente opposti. Parlano poco, la loro lingua comune è la scherma. Ad ogni affondo, ad ogni sfida, metteranno alla prova il loro talento e la loro lealtà.

AVEVI PROMESSO (Italia, 8’ – “Indieverso”) di Marco Renda

Un film sull’abuso minorile. Per esorcizzare un disagio Matteo si immagina un destino diverso. Ma sarà davvero solo un gioco? Perché a volte la fantasia livera dalle catene.

FRADI MIU (Italia, 20’ – “Indieverso”) di Simone Contu

Antonio è un pastore che vive nelle montagne della Sardegna con il suo gregge di capre. L’apparente tranquillità dei suoi giorni viene sconvolta quando ha finalmente la possibilità di vendicare il fratello, ucciso tanti anni prima davanti ai suoi occhi. Una fredda e calcolata vendetta basterà a sistemare tutto, a rimettere i puntini sulle i?

LA FINE DEL MONDO (Italia, 5’ – “Ambiente è musica”) di Stefano Cinti

Ancora Covid, la giornata di una persona che vive il confinamento in maniera alienante, passando da una frustrazione all’altra. Ma poi la riscoperta della bellezza del mondo come chiave per rivedere il nostro atteggiamento verso gli altri e la natura e ritrovare noi stessi.

POLVERE SUL TEVERE (Italia, 19’ – “Buona la prima”) di Carlo Facchini, Stefano Mattacchione

Franco, un quarantenne della periferia romana, lavora per Damocle, uno spietato boss di importanti giri di spaccio. Un giorno, durante uno scambio, perde tutto e l’unico modo che ha per sopravvivere è scoprire da chi è stato tradito.

LISTEN CLOSELY (Regno Unito, 9’ – “Ambiente è musica”) di George Hiraoka Cloke

Un poetico corto che celebra i suoni poetici della biodiversità di Taiwan. Un invito ad ascoltare la natura. Inno a lei.

Ferrara Film Corto Festival 2023 si svolge in quattro giornate (25-28 ottobre 2023), durante le quali avranno luogo le proiezioni dei 67 film ammessi in competizione (27 per “Ambiente è Musica”, 15 per “Buona la prima”, 25 per “Indieverso”), intermezzati da concerti, conferenze, spettacoli e proiezioni di opere video fuori concorso.

L’ingresso è a offerta libera. Lo spettacolo si svolge fra le 15,30 e le 22,30.

https://www.ferrarafilmcorto.it/programma2023

Immagine in evidenza Mattia Bricalli, Eugenio Squarcia, Matteo Sambero, Pierpaolo Lombardi, foto di Valerio Pazzi

Eugenio Squarcia e Mattia Bricalli, Direttori Artistici del FFCF, foto Valerio Pazzi

Fantasmi /
Il gioco di Humbod
o Il fantasma del quarto tomo

Il gioco di Humbod
O il fantasma del quarto tomo

Elias Humbold e Gershom Loran erano bambini, e subito amici, o molto di più. Due gemelli tanto erano inseparabili. Abitavano a Brooklyn nel medesimo caseggiato. Le loro famiglie erano amiche da sempre, il padre dell’uno e il padre dell’altro erano entrambi rabbini, entrambi nati e cresciuti a Muranow, il grande quartiere ebraico di Varsavia e partiti per le Americhe appena appena in tempo.

A Brooklyn le due famiglie frequentavano due diverse sinagoghe, ma Elias e Gershom andavano alla stessa scuola della Torah. Insieme, Elias e Gershom si prepararono per diventare “figli del Comandamento”, discutendo tra loro sul Libro ma soprattutto, e in segreto, interrogandosi sul tema dei temi: credere o non credere. Nel giorno del Bar Mitzvah, riposti i teli bianchi della cerimonia, tornarono verso casa confessandosi il loro precoce ateismo; così, erano arrivate alla medesima conclusione. Ma se dio non esisteva, correva occuparsi di tutt’altro, o forse no, si potevano studiare i testi sacri con un occhio diverso. Scelsero quindi la scienza e la ricerca al posto della fede dei padri. Anni dopo, quasi come pegno della loro amicizia, si iscrissero alla stessa università e allo stesso corso di laurea. Elias Humboldt e Gershom Loran conclusero in modo più che brillante il loro iter universitario, e subito proseguirono il cammino scegliendo il medesimo percorso di specializzazione, il più difficile e pieno di insidie. Si diplomarono a distanza di poche settimane l’uno dall’altro e, nemmeno a farlo a posta, vinsero entrambi il loro primo incarico presso l’Istituto di Filosofia e Teologia di un prestigioso ateneo.

Insieme, sedendosi ai lati opposti della stessa scrivania, studiarono miti, dei, eroi e religioni popolari; e lavorarono sodo, pubblicando a quattro mani i primi articoli e presero a scalare la lunga scala della carriera universitaria.

A vederli da lontano, sempre a braccetto, o a leggere i loro lavori che già erano discussi animatamente nella comunità scientifica, o udendo i loro interventi a qualche congresso, Elias & Gershom davano l’idea di essere interscambiabili, due metà della stessa mela. In realtà, Elias e Gershom erano affatto diversi. Gershom era geniale in tutte le sue manifestazioni, mentre il suo amico e gemello Elias era quello che si è soliti definire un diligente sgobbone. Elias aveva una volontà di ferro, una inestinguibile voglia di arrivare, anche se godeva senza alcun merito delle intuizioni di Gershom.

Tutto procedeva a meraviglia, la coppia mieteva successi, mentre l’intera disciplina sembrava accecata dalla luce dei loro luminosi saggi. Non fosse stato per uno spiacevolissimo accadimento. Quando morì in un banale incidente d’auto, il giovane professore Gershom Loran aveva appena compiuto trent’anni. Elias li compì a sua volta proprio il giorno del funerale dell’amico. In quell’occasione pianse molte lacrime, ma la sera stessa fece una capatina nello studio che condividevano all’istituto. E ora? Che ne sarebbe stato di lui? Per anni aveva copiato il compito del compagno di banco e ora il compagno lo aveva abbandonato. Da solo non sarebbe andato da nessuna parte. Si sentì perduto. Perché Elias, questa era la dura realtà, non aveva un’idea in testa. Pianse di rabbia e si precipitò alla scrivania. Aprì tutti i cassetti e raccolse tutti gli appunti dell’amico. Con quelli, solo con quelli, ce l’avrebbe fatta ad arrivare in cima.

Trentotto anni più tardi, Elias Humbold chiuse il portatile e si diede una fregatina di mani. In pubblico gli riusciva a stento evitare quel tic puerile e vagamente ecclesiastico, ma ora era solo, nella sua bella casa, circondato ai quattro lati dai suoi amati libri. Quello non era proprio un giorno come gli altri e una fregatina, anche due pensò, gli erano ben concesse. Il suo saggio “Ultime note sul Ramo d’oro di Frazer”, il lavoro che da anni tutto il mondo accademico aspettava, arrivava finalmente al traguardo. Tutti gli ostacoli erano superati. Mancavano giusto le conclusioni – ma ce le aveva già in testa, una vera bomba in faccia a colleghi e concorrenti – e poco altro mancava. Una breve introduzione, acuta come si conviene, a tratti anche spiritosa; i ringraziamenti (ma poi chi mai avrebbe dovuto ringraziare?); e in calce  la bibliografia, un obbligo assoluto per un saggio di taglio divulgativo ma scientifico fino al midollo: almeno dieci pagine stampate in corpo 8, ma per quella era sufficiente un diligente lavoro di copia e incolla.

Elias riaprì il portatile, diede un’ ultima scorsa allo scritto in eleganti caratteri garamond. Gli venne una gran voglia di far festa.
Vale ricordare, magari a qualcuno può essere sfuggito, chi fosse, o fosse diventato, in quarant’anni di carriera il professor Humbold. Filosofo e antropologo, studioso dei miti greci preolimpici e assiduo frequentatore delle sterminate fonti talmudiche. Titolare di cattedra nell’ateneo fiorentino e alla Normale di Pisa, da due decenni percorreva il pianeta in lungo e in largo intervenendo a questo o a quel congresso e tenendo affollati seminari a Yale, a Cambridge, alla Sorbona. Che altro? Si era diplomato in violoncello e si esercitava con diligenza un’ora al giorno, dopo la prima colazione, tutti i santi giorni, tranne il sabato che di tutti i giorni è il più santo. In ultimo, ma al primo posto nel suo cuore, Elias Humboldt possedeva e amava di vero amore una preziosa biblioteca di pressappoco trentacinquemila volumi, ma preziosa è dire poco. Insomma, anche non aveste mai sentito il suo nome, non aveste letto i suoi interventi su qualche rivista o supplemento culturale, anche non vi foste imbattuti, in libreria o in biblioteca, nel suo agile e fortunato libretto “La mia cabalha portatile”, anche apparteneste alla purtroppo folta schiera degli ignoranti o dei disattenti, dovreste ormai convenire che l’esimio professor Elias Humbold era l’esatto opposto di un signor nessuno. Lauree ad honorem? Sette, se la memoria non mi inganna, e risparmiatemi la fatica e la noia di enumerarle.

Folle di studenti accorrevano per ascoltare le sue lezioni e i suoi seminari. Anche se Elias non amava i suoi studenti, amava solo i suoi libri. Molti giovani colleghi gli chiedevano, imploravano da lui due righe di presentazione e gli facevano leggere i loro goffi articoli. Il professore, sempre dalla cima di un doveroso distacco accademico, era però prodigo di consigli.
D’altro canto, l’invidia si sa è pianta tenace e inestirpabile, non mancavano neppure i detrattori. Qualche collega si era addirittura spinto a scrivere contro di lui e la sua dubbia scienza, ma era successo di rado. Anche perché  Humbold era potente, vendicativo, faceva paura. Molto più spesso si trattava di semplici allusioni, di mezze risatine, di un mormorio universitario diffuso. Ma è bene essere più chiari, diciamola quella famosa e terribile parola, il potente Humbold era lambito dal venticello della calunnia: che tutta la sua produzione scientifica non fosse farina del suo sacco ma solo il frutto – il furto – delle geniali intuizioni contenute  nei vecchi appunti del suo amico e collega morto prematuramente. Quella diceria lo perseguitava, e non da ieri, ma da sempre, dall’inizio della sua fulminante ascesa accademica. Ne aveva sofferto? No, almeno in apparenza; sarebbe stato come un darla vinta al nemico occulto, o peggio, un’ammissione di colpa. Lui non ci faceva caso, non rispondeva, non commentava. Il suo silenzio doveva significare a tutto il mondo la sua indifferenza e sicurezza. Ma non era così, sotto sotto Elias era roso da una rabbia sorda, un sentimento ottuso, un incendio che nessun successo pubblico e riconoscimento accademico erano riusciti a spegnere.

Ormai faceva buio, Elias spinse le due mani sul tavolo, si alzò dalla sedia, stirò le braccia. A quel lavoro aveva dedicato tre anni di vita, lavorando di piccone, scalpello e cesello, e finalmente quell’ opera destinata a fare scuola, a diventare testata d’angolo, era arrivata in porto. Si guardò attorno – abitava da solo, gli piaceva stare solo -guardò il suo orologio d’oro; le sei meno cinque, che altro gli rimaneva da fare? Una tisana al finocchio? Già presa e più volte. Le sue piante bagnate e accudite. Poteva quindi dedicarsi al suo passatempo preferito, giocare con i suoi libri. Si avvicinò al cuore della libreria e rese omaggio agli “antichi” e “rari”: le sue cinquecentine, i suoi sette incunaboli e, amate tra le amate, le sue edizioni Aldine. Possedeva non una, non due, ma ventitré opere stampate a Venezia dal sommo Aldo Manuzio. Seguendo in automatico il motto del grande stampatore, si affrettò lentamente verso l’Aldina più preziosa, accarezzò il delfino con l’ancora, sollevo con cura la coperta di pelle chiara, sfogliò le antiporte bianche e lesse in testa al frontespizio le dolci parole di ringraziamento che Aldo Manuzio indirizzava all’amico Erasmo.

Ora, era avvenuto che proprio Desiderius Erasmus avesse salvato Manuzio dall’arresto e dal carcere, e proprio in virtù del suo enorme prestigio. Lo riteneva il tipografo più innovativo, elegante e geniale di tutta Europa, cioè di tutto il mondo, e proprio a lui chiese di stampare la sua traduzione di Ecuba e Ifigenia di Euripide. Correva il 1507 e Aldo Manuzio inviava a Erasmo la prima copia dell’opera appena uscita dal suo torchio, vergando a mano una breve epigrafe. Proprio quel volume, con dedica autografa, era ora tra le mani del professor Elias Humbold. E quell’opera non si sarebbe più mossa da lì, a quanto stimava il suo geloso proprietario, se non per navigare dentro i confini della sua biblioteca. Il prezioso esemplare sarebbe rimasto sconosciuto e inaccessibile a bibliofili e studiosi. Perché? Semplicemente perché era suo, solo Elias lo meritava.
Attenzione però, Humbold non era un semplice collezionista di libri rari, era prima di tutto un giocatore. La libreria del professore non era mai a riposo – e nemmeno il professore: la sua grande biblioteca, invidiata da tanti colleghi e da più di una università americana, girava e rigirava su se stessa senza sosta. Ogni giorno, dalle sei alle sette di sera, minuto più minuto meno, il professore si dedicava anima e corpo alla sua creatura e al suo gioco.

Aveva un suo metodo, forse non proprio ortodosso, ma che egli riteneva il più efficace, il più divertente e, in qualche modo, il più democratico. Adocchiava un volume, a caso; gli dava una sfogliata tanto per rinfrescarsi la memoria, e sottoponeva il libro e un breve interrogatorio: “Hai qualche amico, parente o conoscente? A quale altro libro mi fai pensare?”. E dopo un giretto per le stanze della sua casa biblioteca, dopo aver brucato qua e la in quel prato verticale di carta e inchiostro: ecco, trovato! Afferrava il libro numero due e gli trovava posto accanto al primo. Al secondo libro poneva la medesima interrogazione. E subito andava alla ricerca del numero tre. E dal numero tre deduceva il numero quattro. Così, sotto l’impulso, dotto ma anarchico, del suo creatore, la biblioteca continuava a cambiare di faccia. Ogni giorno era uguale a se stessa, eppure un po’ diversa dal giorno precedente. Senza contare il benefico effetto di questo esercizio sulla già prodigiosa memoria del professore. Senza contare quanto quella quotidiana operazione migliorasse vieppiù la comprensione del quadro bibliografico complessivo della biblioteca. Il “metodo Humbold” apriva nuovi percorsi, inventava arditi collegamenti, portava alla luce nuovi tesori. Era qui che il suo genio si era finalmente svelato, anche se Elias lo chiamava semplicemente “il mio gioco”.

Per oggi poteva bastare, il risultato era più che soddisfacente: trentatré nuovi collegamenti, cioè nuovi apparentamenti, cioè nuove collocazioni. Doveva solo rintracciare e sistemare l’ultimo volume accanto ai suoi nuovi fratelli. Lo aveva già in mente: stanza cinque, terzo palchetto, quinto scaffale, quarto tomo partendo da sinistra. Elias tese il braccio senza esitare, afferrò con la mano destra il dorso del libro e iniziò a sfilare dallo scaffale il quarto tomo della Editio princeps di Aristotele, un’opera stampata attorno al 1496, naturalmente dal suo Manuzio. Fu in quel momento, proprio mentre estraeva con grande cautela il volume, che sentì quella voce, non una voce qualsiasi, ma una voce che non sentiva da trentotto anni e che credeva di aver distanziato per sempre. Ma la voce non si era perduta, e comunque ora era tornata e lo stava chiamando. Trentotto sono davvero tanti ma Elias Humboldt, pur avendoci messo tutto il suo impegno, non era riuscito a dimenticare Gershon Loran.

Il professor Humboldt accusò eccome il colpo, e senza sapere come si trovò seduto per terra a gambe larghe, la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite, come fulminato. Nella stessa posizione e con lo stesso sbigottimento di Mastro Ciliegia nell’udire la vocina del burattino uscire da quel ciocco di legno ben stagionato. “Come stai Elias, finalmente ti rivedo”, diceva la voce uscita dal libro. Ma subito il fantasma del quarto tomo si era piegato su Elias, lo soccorreva, gli tendeva inutilmente il braccio per aiutarlo a rialzarsi. Il professore non poteva rispondere al saluto, era già morto stecchito.

Quando, non avendolo visto alla consueta lezione mattutina, due zelanti assistenti andarono in visita a casa del professor Humbold , trovarono la porta di casa accostata e la donna che fungeva da cuoca e spolveratrice di libri in un mare di lacrime.
Dopo essersi addolorati a dovere, i due curiosi assistenti si accostarono alla scrivania e aprirono  – appena un’occhiatina – il portatile del professore. Rimasero molto stupiti a leggere la prima pagina di quel famoso saggio che tutti aspettavano. Il titolo era in grassetto: “Ultime e definitive note sul Ramo d’oro di Frazer”, ma poco più sotto, in corsivo, c’era il nome dell’autore: Gershon Loran.

© Francesco Monini

Per leggere gli articoli e i racconti di Francesco Monini su Periscopio clicca sul nome dell’autore.

Pensioni: dalla padella alla brace.
La Legge di Bilancio va oltre la Fornero, in peggio.

di Stefano Iucci
da Collettiva del 26.10.2023

Nella Legge di Bilancio, Il promesso superamento della Fornero si traduce in un ulteriore arretramento. Tagli per tutti e nessuna risposta per giovani e donne. Ghiglione, Cgil: la nostra mobilitazione prosegue

“Nonostante i tanti slogan e le promesse elettorali, questo governo sulle pensioni il governo non farà nulla, anzi, è riuscito a fare peggio dei governi precedenti”, commenta Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil.  E quindi, aggiunge la sindacalista, non c’è “nessuna risposta per giovani, donne e pensionati, mentre si allontana il traguardo della pensione per tutti”.

Per Ezio Cigna, responsabile previdenza della Cgil, “vengono assunte scelte sbagliate che azzerano di fatto misure di flessibilità per il 2024, come l’ape sociale e opzione donna. Anche quota 104 sarà una misura assolutamente inutile, visto che chi non aveva 62 anni nel 2023 non potrà avere 63 anni di età nel 2024”.

Vengono inoltre allungate, sempre per quota 104, di tre mesi le finestre di uscita da 3 a 6 mesi nel settore privato e da 6 a 9 mesi nel settore pubblico. Per l’ape sociale si innalza il requisito di età: da 63 anni a 63 anni e 5 mesi, che significherà ridurre totalmente la platea per il 2023.

Su opzione donna, si riesce a fare peggio, aumentando il requisito anagrafico di un anno dopo il  sostanziale azzeramento previsto dal governo nella scorsa legge di bilancio. Saranno necessari entro il 31.12.2023: 35 anni di contribuzione e 61 anni di età per le casistiche definite precedentemente (cargiver, invalide dal 74%, licenziate o dipendenti aziende con tavolo di crisi aperto).

Peggioramenti anche per i giovani. Viene infatti modificato l’impianto previdenziale per le giovani generazioni e per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995: “Alzare l’importo soglia a 3 volte l’assegno sociale (1.590 euro circa) da raggiungere a 64 anni con 20 anni di contributi, e abbassarlo al 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte per le donne che hanno avuto due figli, rischia di peggiorare ancora la situazione. Significherà mandare prima in pensione coloro che hanno avuto retribuzioni alte e magari solo 20 anni di contribuzione, costringendo coloro che hanno magari lavorato una vita ma con salari bassi a rimanere al lavoro, altro che equità, è piuttosto una solidarietà rovesciata”, attacca Cigna.

Altro tema di cui si è discusso molto è quello delle indicizzazioni. Bisogna ricordare che un taglio era stato già effettuato nella scorsa Finanziaria. Taglio che viene confermato per gli assegni oltre quattro volte il trattamento minimo. L’intervento per le pensioni tra 4-5 volte il trattamento minimo – che ha portato la percentuale di rivalutazione dall’85 al 90% –, per una pensione di 2.300 euro significa un aumento risibile di 6 euro circa.

FOLIAGE AL BOSCO DELL’ALMA
Domenica 29 ottobre, dalle 14,30 alle 17,00

Mediterranea Ferrara in collaborazione con La Voce degli Alberi Ferrara vi invita ad un evento capace di coniugare bellezza e solidarietà: FOLIAGE AL BOSCO DELL’ALMA.

Ci incontriamo Domenica 29 ottobre, dalle ore 14,30 alle 17,00 all’Oasi dell’Alma, in via Traversa 6 a Codrea per condividere il piacere dello stare in natura mentre cambia la stagione, con le tonalità calde dell’autunno.

Dopo una passeggiata nel bosco, si potrà partecipare alla pesca di beneficenza, il cui ricavato sarà interamente devoluto a Mediterranea.

Porta una merenda per te e per un’altra persona e una tazza. Come sempre, infatti, l’evento è plastic free per evitare di produrre rifiuti.

Ti aspettiamo !!!

Julian Assange premiato a Berlino.
Intervista esclusiva a Stella Assange

Julian Assange premiato a Berlino. Intervista esclusiva a Stella Assange

articolo originale su pressenza

Quest’articolo è disponibile anche in: IngleseSpagnoloTedescoPortoghese

Julian Assange non ha bisogno di essere presentato. La sua lotta è la nostra lotta, la lotta per la libertà di espressione, una libertà che oggi è sempre più minacciata dalla disinformazione dilagante e dalla “dittatura dell’opinione” che sempre più invade e corrompe le nostre democrazie. Chi controlla l’opinione pubblica controlla il mondo; i mezzi per manipolarla sono sempre più sofisticati e nelle mani di governi, oligarchi e società monopolistiche.

Quest’anno, l’Accademia delle Arti di Berlino, un’istituzione fondata 300 anni fa, ha dedicato a Julian Assange il suo Premio Konrad-Wolf (in memoria di un regista dell’ex DDR che fu presidente dell’Accademia per molti anni).

Poiché Julian Assange si trova da quattro anni nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a Londra, lottando contro la sua estradizione negli Stati Uniti (dove rischia l’ergastolo o addirittura la pena di morte!), il premio dell’Accademia è stato ritirato dalla moglie, Stella Assange, avvocatessa che si batte per i diritti umani.

Stella e Julian Assange (Foto di Actvism, Munique)

Nel corso di questo reportage, vedrete diverse foto scattate durante la cerimonia di premiazione.
PRESSENZA ha anche avuto l’opportunità di intervistare Stella in esclusiva sulla situazione attuale di Julian.

.Stella Assange ha sottolineato in particolare il ruolo positivo di Lula da Silva, che ha parlato ripetutamente di Julian Assange durante le conferenze stampa. Lula ha anche affrontato il caso di Julian nel suo discorso di apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York lo scorso settembre, dove ha chiesto la sua liberazione, tra gli applausi della stragrande maggioranza dei rappresentanti politici di tutto il mondo presenti.

Intervista di Vasco Esteves a Stella Assange a Berlino il 22/10/2023

Qual è l’attuale situazione legale di Julian? Si è tenuta l’udienza pubblica a Londra per prendere la decisione finale sulla sua estradizione negli Stati Uniti? Ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo? E questo ricorso potrebbe impedire la sua estradizione?

Non c’è ancora stata un’udienza pubblica, stiamo aspettando. Questa potrebbe essere l’ultima tappa nel Regno Unito della sfida legale di Julian contro l’estradizione. Se non supera questa fase, le vie legali nel Regno Unito saranno esaurite per lui. Prima di poter ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Julian deve attendere che siano esauriti tutti i ricorsi nazionali.

Questo ricorso ritarderà o meno l’estradizione negli Stati Uniti?

La decisione spetta alla Corte Europea. In primo luogo, bisogna vedere se accetterà o meno il caso (non è automatico); in caso affermativo, potrà far scattare il cosiddetto articolo 39, che consiste nell’ordinare al Regno Unito di non procedere all’estradizione mentre la sua richiesta viene decisa. Ci sono quindi diverse fasi da seguire. La Corte Europea può ordinare l’applicazione dell’articolo 39 e il Regno Unito dovrà adeguarsi. Ovviamente, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è l’ultima istanza legale all’interno del sistema del Consiglio d’Europa. Una sentenza a favore di Julian potrebbe impedire la sua estradizione.

I governi del Portogallo e del Brasile hanno fornito aiuto o espresso solidarietà a Julian Assange?

Per quanto ne so, il governo portoghese non si è mosso in questo senso, ma il presidente brasiliano Lula da Silva si è espresso più volte sul caso di Julian, citandolo nel suo discorso di apertura all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York lo scorso settembre. Ha anche parlato ripetutamente di Julian in conferenze stampa.

Passiamo ora alla Germania. Annalena Baerbock, capolista dei Verdi alle ultime elezioni, si era espressa a favore del rilascio di Julian PRIMA delle elezioni. Ora però, come Ministro degli Esteri tedesco, non affronta più la questione… Ha parlato con lei? E come spiega il suo cambiamento di posizione?

Non ho ancora parlato con la signora Baerbock, ma ho parlato con il Ministero degli Esteri tedesco. Il governo della Merkel aveva inviato degli osservatori per monitorare con discrezione il caso di Julian; non mi risulta che l’attuale governo abbia fatto altrettanto. Credo che il Ministero degli Esteri tedesco, anche sotto il precedente governo, abbia rilasciato solo una dichiarazione in cui esprimeva preoccupazione per la situazione umanitaria di Julian. Per quanto riguarda il Commissario per i Diritti Umani dell’attuale governo federale, non sono a conoscenza di alcun tipo di posizione pubblica formale sulla questione.

Testo del manifesto: “Julian Assange libero! I criminali di guerra sono liberi, i giornalisti investigativi rischiano la pena di morte. Mettete i criminali di guerra in prigione!”. (Foto di PRESSENZA)

Altri Paesi (come l’Italia) stanno facendo molto di più per attirare l’attenzione sulla situazione di Julian, ad esempio conferendogli la cittadinanza onoraria di Napoli, di altre città e ora anche della capitale, Roma. Cosa manca qui in Germania?

Penso che anche la Germania sia molto favorevole a Julian a livello di base. Anche la stampa tedesca è stata molto positiva nell’analisi del caso. C’è stato, credo, un documentario molto buono della ARD [canale televisivo pubblico]. Lo SPIEGEL ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che il caso dovrebbe essere archiviato e mi ha intervistato e così via.

Ma a livello istituzionale la Germania è in ritardo rispetto ad altri grandi Paesi europei. L’Italia, ovviamente, è un ottimo esempio di mobilitazione attraverso le istituzioni per esprimere posizioni politiche. Come spiega questo fenomeno e cosa ne pensa?

Non conosco bene la situazione tedesca, ma vedo i risultati. Forse i tedeschi sono un po’ introspettivi e vogliono prima valutare la situazione e gli eventuali errori. Penso che l’Italia abbia un sistema democratico più efficace. Non intendo sminuire il sostegno, che in Germania è molto forte, ma non vedo qui lo stesso tipo di situazione dell’Italia.

A Berlino da anni si svolgono regolarmente iniziative e veglie per Julian. Cosa possono fare i berlinesi per esercitare ancora più pressione riguardo alla sua causa?

Il movimento per la liberazione di Julian è un movimento globale che cresce nel tempo. Ognuno ha reti diverse, amicizie, relazioni familiari, contatti sui social media o posizioni in questo o quel settore. Ci sono persone che vanno in piazza in una piccola città per organizzare una protesta individuale “Free Julian Assange”, disegnando con il gesso le dimensioni della sua cella e rimanendo lì per circa un’ora la domenica. Per me è un segno di determinazione e impegno ed è fonte di ispirazione. E quando chi non è a conoscenza di un caso vede altre persone molto impegnate, soprattutto quando si tratta di un caso di ingiustizia così grave, pensa: “Beh, se questa persona ci tiene così tanto, allora forse dovrei farlo anch’io!”. Questo è molto efficace. Il movimento “Free Assange” non è centralizzato. Ogni giorno ci sono proteste, mobilitazioni e così via. Quindi penso che dobbiamo organizzarci per andare avanti, per raggiungere le persone in posizioni di potere – scrivendogli, parlando direttamente con loro e ricordandogli cosa dovrebbero fare se non stanno facendo la cosa giusta.

Viviamo in un mondo in cui una sorta di “dittatura dell’opinione” sta crescendo e distruggendo le nostre democrazie dall’interno. Il maccartismo e la guerra fredda sono tornati, anche nelle nostre menti. I politici occidentali si scagliano continuamente contro i crimini di guerra degli altri (Russia, Hamas, ecc.), ma i loro crimini di guerra (che Julian Assange ha contribuito in modo decisivo a svelare) vengono ignorati o banalizzati… e chi li ha denunciati continua a essere spietatamente perseguitato. Cosa ne pensa e come si sente in una situazione come questa?

Penso che dobbiamo riconoscere che c’è un conflitto di interessi molto significativo per molti di questi grandi Paesi occidentali, che sono anche i maggiori esportatori di armi. Di fatto, traggono vantaggio dalle guerre! Per quanto riguarda la limitazione della libertà di espressione, Julian ha firmato una dichiarazione proprio la settimana scorsa. Si chiama “Dichiarazione di Westminster” ed è stata sottoscritta da circa 140 persone: giornalisti, attivisti, ma soprattutto persone di destra e di sinistra. Persone che affermano che oggi esiste un’industria della censura, un’industria del controllo della narrazione e che dobbiamo tornare a una cultura della libertà di espressione. Senza la libertà di espressione non possiamo sperare di promuovere la pace, perché gli strumenti per controllare la comunicazione sono troppo forti, quindi dobbiamo lottare per queste due cose allo stesso tempo.

Una domanda personale: che cosa ha imparato su di sé combattendo il sistema?

È importante non avere paura e lottare per ciò in cui si crede. La paura è il nostro più grande nemico. Dobbiamo essere in grado di comunicare liberamente. Sto lottando per mio marito. Credo che molte persone vogliano vederlo libero, non solo per motivi umanitari, ma anche perché capiscono che la sua libertà riguarda anche loro. Credo di aver imparato che ogni persona può svolgere un ruolo importante nell’influenzare il mondo che la circonda e cercare di cambiarlo in meglio. Ogni piccolo gesto che compiamo modella l’ambiente che ci circonda, anche se non ce ne rendiamo conto immediatamente. Abbiamo un impatto. E facile scoraggiarci  e pensare che non possiamo cambiare le cose, che chi ha il potere è lassù in alto e non ci ascolta… ma non è così!

Grazie, Stella, per questa intervista!

Stella Assange con un gruppo di sostenitori a Berlino (Foto di Christian Deppe)

Traduzione dall’inglese di Thomas Schmid
Revisione di Anna Polo

In copertina: Stella Assange riceve a Berlino il Premio Konrad-Wolf a nome del marito Julian. (Foto di Pressenza)

Rivoluzione indie a Ferrara:
apertura del Ferrara Film Corto Festival, il palcoscenico dei giovani talenti

Festival del cortometraggio, le emozioni scorrono sul grande schermo. 

Ieri si è inaugurata la sesta edizione del festival del cortometraggio che la Ferrara Film Commission (FFC) dedica a questo segmento della produzione cinematografica e che si terrà dal 25 al 28 ottobre, presso la Sala Ex Refettorio del Chiostro di San Paolo in via Boccaleone 19.

A introdurre la prima giornata del Ferrara Film Corto Festival, il neopresidente della FFC, Sergio Gessi, insieme a Eugenio Squarcia e Mattia Bricalli, Direttori Artistici del Festival.

Tantissimi i giovani in sala, rappresentati, soprattutto, dagli allievi del Liceo G. Carducci e dall’I.I.S. Luigi Einaudi di Ferrara, la Giuria Giovani che frequenterà le proiezioni in sala, valuterà i film in concorso e attribuirà un Premio Speciale al Miglior Cortometraggio.

Mattia Bricalli, Sergio Gessi, Eugenio Squarcia

“Il cinema è specchio di vita, ci emoziona, a volte ci evita pure di dover andare dallo psicologo”, introduce Sergio Gessi. “A volte affascina, a volte commuove e talora magari infastidisce. Ma lo spettacolo del grande schermo è comunque riflesso delle nostre vite e dei nostri comportamenti. E il buon cinema parla a ciascuno di noi, scuote le nostre emozioni, ci fa ridere o piangere, ci catapulta in mondi magari mai neppure immaginati prima” continua. “E”, conclude, “la magia del grande schermo, quello delle emozioni condivise in una sala tutti insieme invece che puntini sul divano, rimane ineguagliabile”.

Sergio Gessi, Paolo Cagnotto (Lecco Film Commission), Alberto Squarcia

Non possiamo che concordare. Anche per questo siamo qui, per vibrare insieme.

Questi i cortometraggi proiettati per le categorie “Ambiente è musica”, “Indieverso” e “Buona la prima”, diretti e recitati da giovani artisti e registi indipendenti italiani e internazionali.

TREE TALKER (Italia, 18’ – “Ambiente è musica”) di Antonio Brunori

Un documentario sui sensori che monitorano la salute delle piante. Perché la salute degli alberi e delle foreste è anche la nostra.

WILTED FLOWERS (Canada, 4’ – “Ambiente è musica”) di Andrei Zaitcev

Un corto psichedelico su qualcosa che non vorremmo mai accadesse.

ESPRESSO (Regno Unito, 20’ – “Indieverso”) di Renata Gheller

Due ex fidanzati, Mark e Lea, che arrivano al loro appuntamento con diverse intenzioni. Temi: salute mentale, disagio ed effetti della pandemia su vite e relazioni

IRA (India, 7’ – “Indieverso”) di Varun Shivnani

Una giovane donna, Ira, in un mondo totalmente alienato.

LA VERITÀ NON ESISTE (Italia, 15’ – “Buona la prima”) di Roberto Cicco

Ambientato in costiera amalfitana, il corto ruota intorno a una domanda esistenziale, che quasi tutti ci siamo, prima o poi, posti: nella vita è meglio seguire l’istinto o la ragione? Il fatto è che l verità non esiste…

SINGING IN FRONT OF THE COLOSSEO (Italia, 14’ – “Indieverso”) di Cristina Ducci

Chiara e Simone si incontrano in un bar dopo tanti anni. Un piccolo musical di fianco al Colosseo, perché forse Chiara non ha perso la speranza di veder realizzare il suo sogno.

LA ROBE (Italia, 6’ – “Indieverso”) di Olga Torrico

Nell’appartamento di una donna recentemente scomparsa, una giovane ragazza delle pulizie, che non ha mai nulla da mettersi per uscire, svuota un armadio pieno di vestiti, quando improvvisamente è attratta da un abito colorato e vivace. Che destino avrà?

L’ALLACCIO (Italia, 20’ – “Indieverso”) di Daniele Morelli

Storia (vera) del lutto profondo di Roberto Rossellini per la perdita del figlio Roberto a soli nove anni e del telefono fatto installare accanto alla sua tomba al cimitero del Verano per poter dirigere da lì, vegliando su di lui, Germania Anno Zero. Una magnifica riflessione su cosa significa essere figli e padri.

GOLEADOR (Italia, 14’ – “Indieverso”) di Francesca Frigo

Steven gioca a calcio in una squadra composta da ragazzi disabili. Quando un uomo misterioso si presenta agli allenamenti tutit pensano che sia lì per portare il bravissimo Steven in una squadra di serie A. ma la madre del ragazzo…

QUEL CHE RESTA (Italia, 9’ – “Ambiente è musica”) di Domenico Onorato

La sostenibilità parte anche dalle nostre azioni quotidiane. Un corto sul riciclo, dove il riutilizzo del cibo può generare ricchezza e convivialità: i rifiuti, gli avanzi possono rinascere a nuova vita.

IL GUERRIERO (Italia, 15’ – “Indieverso”) di Barbara Bonafaccia

Un viaggio spirituale di riconciliazione tra padre e figlio, tra pioggia, fango e boschi.

Particolarmente graditi l’Indie Showcase “NUN MI E VA”, intermezzo pomeridiano, la prima intervista cinematografica assoluta di Massimo Troisi fatta da Paolo Cagnotto al Festival del Cinema di Cannes del 1981 e quello alle proiezioni serali: l’esibizione di Alex Mari, cantante, chitarrista, bassista, cantautore e vocal coach, attraverso un caratteristico e superlativo concerto acustico, terminato con un Q&A interattivo con il pubblico.

 

Foto di Valerio Pazzi

Ferrara Film Corto Festival arriva alla sua VI edizione e si terrà, dal 25 al 28 ottobre, presso la Sala Ex Refettorio del Chiostro di San Paolo situata in via Boccaleone 19, una location d’eccezione nel centro storico di Ferrara. La bellissima sala affrescata, appena restaurata e restituita al pubblico (o meglio, lo sarà a partire da questa occasione), appartiene al complesso cinquecentesco della Chiesa di San Paolo, anche definito il “pantheon della città”.

Il festival, con il suo importante sottotitolo filo-rosso “AMBIENTE È MUSICA”, è dedicato alla promozione e alla valorizzazione di cortometraggi che affrontano il tema dell’ambiente in tutte le sue accezioni, di opere prime italiane e di produzioni indipendenti provenienti da tutto il mondo. Si è affermato negli anni come punto d’incontro per cineasti emergenti e consolidati, focalizzato sulla condivisione del know-how professionale e il dibattito intorno ad argomenti di grande importanza sociale e culturale, con l’intenzione di stimolare, mediante il linguaggio cinematografico, la discussione e gli interventi concreti della popolazione, dei giovani in particolare, delle istituzioni, della politica e del mondo dell’arte.

Oggi più che mai serve trovare una forma di sopravvivenza, individuale e collettiva, agli eventi in corso, sempre più tragici. In un momento storico tanto complesso e delicato, urge una riorganizzazione di intenti, la ricerca di un nuovo equilibrio tra uomo e natura fondato sul rispetto. L’arte può aiutare nel ritrovare la retta via, nel farci confrontare a noi stessi, agli altri e con gli altri. Uno sguardo creativo sul mondo esteriore e interiore, dove i punti di vista oggettivo e soggettivo si confondono, provocando domande e suggerendo risposte.

La tematica di questa edizione del Festival vuole relazionarsi con le grandi sfide globali e contemporanee, in primis quella relativa ai cambiamenti climatici, che riguarda tutti, ma anche la necessità di un cambiamento radicale dello stile di vita, del modello collettivo, del paradigma dominante. Un nuovo mondo, ma anche una nuova musica, come espressione dell’empatia e delle emozioni più umane. Perché l’ambiente è musica, in equilibrio tra armonia e disarmonia. Una sinfonia in divenire, un paesaggio sonoro a cui tutti partecipiamo, come voci soliste, come orchestrali, talvolta come semplici auditori.

La VI Edizione del Festival prevede tre categorie di partecipazione: “AMBIENTE È MUSICA”: categoria principale, aperta ad autori nazionali e internazionali di qualsiasi età, che dovranno interpretare il tema “AMBIENTE È MUSICA” in maniera personale, mediante il linguaggio cinematografico. La categoria è aperta a ogni genere di cortometraggio. “BUONA LA PRIMA”: categoria aperta ad autori italiani, o residenti in Italia, di qualsiasi età e dedicata unicamente a opere prime, a tema libero. La categoria è aperta a ogni genere di cortometraggio. “INDIEVERSO”: categoria aperta ad ogni genere di cortometraggio, a tema libero, purché di produzione indipendente, rivolta ad autori nazionali ed internazionali, di qualsiasi età.

Ferrara Film Corto Festival 2023 si svolgerà in quattro giornate (25-28 ottobre 2023), durante le quali avranno luogo le proiezioni dei 67 film ammessi in competizione (27 per “Ambiente è Musica”, 15 per “Buona la prima”, 25 per “Indieverso”), intermezzati da concerti, conferenze, spettacoli e proiezioni di opere video fuori concorso, tra cui: la proiezione fuori concorso di “Nun mi e va…” (la prima intervista di Massimo Troisi ad un Festival del Cinema: Cannes 1981) a cura di Paolo Cagnotto – Lecco Film Commission; il concerto in acustico di Alex Mari, cantante, chitarrista e songwriter copparese, noto nel panorama musicale nazionale e internazionale; la proiezione fuori concorso del film “Ho smesso di portare le mutande” e il successivo incontro con Matteo Sambero (regista) e Pierpaolo Lombardi (autore del soggetto e protagonista del corto); l’incontro con Gian Maria Giarini “Da Ferrara a Capo Nord in R4”; la proiezione speciale fuori concorso del corto “Miss Agata” (girato nel territorio di Ferrara) in presenza del cast, composto da Anna Elena Pepe, Andrea Bosca, Yahya Ceesay e Chiara Sani, nonché dei registi Anna Elena Pepe e Sebastian Maulucci, in collaborazione con Première Film; la performance di danza contemporanea “HABITAT” dell’artista e coreografa Alessandra Fabbri, con live electronics di Lucien Moreau e sax solista di Giulia Carriero; la prima nazionale del cinematic concert a tema ambientale “The Planet Yu” del musicista e compositore ‘Novich (Ivan Montesel); la presentazione della collaborazione con due realtà culturali d’eccellenza: Fotopop di Antonella Marchionni (fotografa ufficiale del Festival 2023) ed Estense Music Academy di Sergio Rossoni.

Nella giornata conclusiva di sabato 28 ottobre, nel blocco pomeridiano, avrà luogo una serie di proiezioni speciali fuori concorso. Il blocco serale si aprirà con un concerto a tema ambientale appositamente realizzato per il Festival e proseguirà con la cerimonia di premiazione dei film in concorso, seguita dall’incontro con sponsor e autori vincenti. Durante la serata verranno consegnati alcuni premi speciali: uno denominato “Premio al miglior cortometraggio di denuncia sociale girato nella città di Ferrara”, in presenza di cast e regia, e l’altro consegnato dalla Giuria Giovani composta dagli studenti del Liceo G. Carducci e dall’I.I.S. Luigi Einaudi di Ferrara che frequenterà le proiezioni in sala, valuterà i film in concorso e attribuirà un Premio Speciale al Miglior Cortometraggio.

Non da ultimo, il Festival potrà contare su una Giuria Professionale composta da rappresentanti del mondo del cinema, del teatro, della musica e del giornalismo: Giampiero Sanzari (compositore, sound designer, tecnico del suono, restauratore audio e fonico in presa diretta), Roberta Pazi (attrice, regista e produttrice di cinema e teatro), Achille Marciano (attore e regista di cinema e serie tv), Simonetta Sandri (giornalista pubblicista, critica ed esperta di cinema), Paolo Gasparini (Presidente di Giuria, attore di cinema e teatro, nonché produttore).

L’ingresso è a offerta libera. Lo spettacolo si svolge fra le 15,30 e le 22,30.

https://www.ferrarafilmcorto.it/programma2023

 

Parole a capo /
Romano Calandra: “Nel suono di ruscelli” e altre poesie

Dove la giustizia è credibile anche la famosa omertà mafiosa scompare.
(Giorgio Bocca)

No non amo la mia terra

non amo più la mia terra neanche un pochino.
Ho amato
suoi odori profumi calori,
le ho dato
la mia forza
confidato
i miei sogni.
Figlio affettuoso
avrei potuto avere un’altra madre,
ho amato la mia terra sino a lacrimare
al rivederla ritrovarla.
Erba secca afa pomodori gustosi fichidindia
zibibbo capperi pupi
offerti a profusione dalla terra natale,
misti a storia e tradizioni.
C’erano ci sono
tanti nomi terribili
corruzione indolenza mafia prepotenza
non rispetto di regole…
Ha un bel mare la mia terra natale
frutti gustosi cibo gustoso e dolci…
ma virus secolari
sin nei panorami più belli.
Mi ha tradito condannato
ingiustamente punito isolato
silenziosamente ucciso in modi viscidi ed orrendi.
Serba nei suoi sepolcri
miei amici più cari e parenti,
io però adesso amo soltanto la mia Terra.

*

Ieri notte

l’altra notte ancora,
sempre,
ho accostato la mano al tuo cuore
non t’ho toccata
non sfiorata non l’hai chiesto.
Volevo udire il tuo battito
se avvertivo un attimo
di pulsazioni tachicardiche,
per capire
se una stilla del tuo sangue
fuggiva dalle tue vene
per entrare nelle mie.
Follia sperare
avvengano tali fenomeni,
sperare che tu sorrida a me
sempre e soltanto.
Ma tu,
ti chiedo ti prego ascolta
dimmi come posso fare per amarti meglio
dimmi cosa posso fare per amarti
fino in fondo
qualsiasi cosa tu faccia,
perché tu non soffra
a colpa mia,
perché tu sia felice
anche a causa mia.
Perché ad occhi chiusi
o nella notte buia
tu veda sempre le tue stelle
sapendo che
ti sono sempre vicino
su questa terra

*

Ho visto in cielo

greggi di pecore
tramutarsi in nuvole,
greggi di nuvole pecore
scender sulla terra
a brucar erba.
Cuori induriti
versar una lacrima
per bimbo spiaggiato.
Visti malinconici visi
abbozzar sorrisi
tornare a vivere.
Vedrei bimbi
sgranocchiar pannocchie
brustite al fuoco
e sputacchiar bruscolini.
Ho osservato allegre comitive
sciogliersi a tornare
unità separate.
Non ho visto Dio,
e sono solo io.

*

Nel suono di ruscelli

nel canto di merli
udrò la tua voce.
Venne una merla
a scavar nell’aiuola.
In ali di colibrì
rintraccerò i tuoi colori
m’hai riempito di colori.
Prenderò tuo calore
da ogni raggio di sole.
Ho sempre sole
a me vicino.
Essenza di te
acqua sazia la mia sete,
non ho più sete.
La luce dei tuoi occhi
mi farà splendere di più.
Sorriderò pensando
sei.
Così,
come vorrei
tu fossi.
Non dir nulla,
sai
ti voglio felice.
Così,
come dici
che sei.

*

Che bella cosa la vita!

Me ne andavo stamani
a passeggiar lento,
anche a sostare,
per goder sole,
aria, la luce,
fischio di merli
tremolio di foglie d’alberi.
Quando vidi
non una barca in mezzo al mare
sventolante una bandiera tricolore,
alcuna contadina spigolava.
Sostai a guardare vidi:
coccinella rossa
sull’apice d’un ramo
difendeva l’albero
da ghiotti afidi incompetenti.
Che incontri fa farti la vita!
Subito dopo,
dopo giorni di mia assenza,
ti rividi.
Che bella cosa la poesia!
Rossa anche tu,
ma senza puntini neri in te.

(Queste poesie sono tratte  dall’ultima opera poetica di Romano Calandra “Come una donna Ama“, Transeuropa, 2022)

Romano Calandra (Palermo, 1940). Laurea in scienze geologiche presso l’Università di Palermo, è stato ricercatore scientifico presso l’ente minerario siciliano, geologo, docente di Matematica e Materie scientifiche a scuola. Ha pubblicato in precedenza (2020) la silloge “Provare a comunicare“, per l’associazione culturale Amarganta e la silloge “Non uso più il rasorio a lama” per Transeuropa.

LO SCAFFALE POETICO
Segnalazioni editoriali interne (o contigue) al mondo della poesia.

  • Francesca Del Moro, SovraliminaleEd. Progetto Cultura, 2023
  • AA. VV., I giorni invisibili, Il Babi Editore, 2023

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio. Per leggere i numeri precedenti clicca[Qui]

Italia, un paese in svendita. Come aumentano le disuguaglianze

Italia, un paese in svendita. Come aumentano le disuguaglianze

 

Eurostat ha appena pubblicato (20 ottobre) un report sulle condizioni di vita dei 441 milioni di europei: “Key figures on european living conditions, da cui si desume che ci sono tre paesi dove si fatica ad arrivare a fine mese più della media europea. Bulgaria, Grecia e Italia (quest’ultima con il 63% delle famiglie). La media UE è al 45% mentre nei paesi forti questa percentuale di “sofferenza” scende anche sotto il 25% (Svezia, Finlandia, Germania, Olanda, Lussemburgo,…).

Si tratta dell’ ennesima conferma di come l’Italia stia scivolando, anno dopo anno, in una situazione di progressivo impoverimento, che non si coglie più di tanto in quanto permangono un 20% di famiglie ricche o comunque abbienti che viaggiano, vanno in vacanza e al ristorante e che, insieme agli stranieri “ricchi”, possono ancora godere di molte amenità. Le disamenità della modernizzazione (inquinamento, traffico, chiusura dei negozi di prossimità, sanità sempre più a pagamento, criminalità, aggressività, solitudine,…) invece sono a carico soprattutto delle periferie e dei ceti poveri.

Eurostat dice che la situazione va peggiorando dal 2021 al 2022 e non è azzardato pensare che così sarà anche nei prossimi anni, se non si pone fine alle guerre in corso. Il conflitto geo-politico (Stati Uniti in declino vs. gli emergenti Brics, guidati dalla Cina), costringe l’Europa a seguire la politica estera Usa che mette in crescente difficoltà i territori europei più deboli, tra cui l’Italia e, al suo interno, le aree più deboli del Centro-Nord e l’intero Sud. Cresce la disuguaglianza tra il 20% delle famiglie più ricche che hanno un patrimonio 5,6 volte (in Italia) superiore alla media delle restanti 80%. Ma ci sono paesi come la Finlandia dove questa differenza è solo 3,7 volte: merito ovviamente della politica fiscale e redistributiva di quel paese.

In ogni caso, anno dopo anno le cose peggiorano, a causa di una globalizzazione sempre più ammaccata  e di un neo-liberismo che portano anche paesi ad economia “avanzata” a disuguaglianze interne mai rilevate nel passato.

Una conferma viene anche dall’indice di Gini che Eurostat calcola ancora al 32,7% per Italia (ma che Banca d’Italia nella sua ultima indagine del 2022 aveva alzato al 36%; più è alto l’indice, più c’è disuguaglianza).

L’Europa potrebbe elargire aiuti a condizione che ogni singolo paese si adoperi per ridurre le sue disuguaglianze, con ciò contribuendo a migliorare la situazione. Ma probabilmente ciò non interessa a questa Europa senza figli. Le coppie senza figli sono stabili da 12 anni al 25%, quelle con figli sono scese dal 20% al 15% e i singoli adulti con figli sono stabili al 5%, mentre i singoli adulti senza figli sono saliti dal 30% al 36%. In totale le famiglie con figli sono il 20% e senza figli il 61% (il resto sono altri tipi di famiglie).

73 milioni di europei sono a rischio povertà e le spese per la salute sono in aumento in tutta Europa, a causa del declino della protezione dei Servizi sanitari pubblici gratuiti. In Italia le spese per le famiglie sono così salite dai 640 euro di media dell’anno 2019 a 700 euro del 2022 (tutti dati di fonte Eurostat). Ovviamente i dipendenti continuano a versare i contributi per la sanità pubblica pari al 28% circa del costo del lavoro, valore più alto in Europa dopo Francia e Svezia (nonostante la recente riduzione del cuneo fiscale e contributivo deciso dai governi Draghi e Meloni).

L’Europa più che alla disuguaglianza pare sensibile agli interessi delle lobby. Per avere accesso ai contributi da PNRR “italiano”, ad esempio, gli asili nido e le scuole dell’infanzia devono essere fatti in edifici nuovi, non si possono usare edifici vecchi o da ristrutturare: fatto del tutto in contraddizione, peraltro, con la necessità di non incrementare il consumo di suolo.
Altro quindi che asili nel bosco o in campagna presso le aziende bio per favorire la salute dei bambini, che sarebbero costati la metà. L’importante è far girare la “pila”. Ma in questo modo, specie al Sud, con costose nuove strutture ci saranno anche enormi spese di manutenzione che determineranno alte tariffe per i genitori, per cui c’è da scommettere che di asili se ne faranno pochissimi, in quanto i Comuni non vogliono (giustamente) far fronte a costi insostenibili. Un esempio di come dietro i famosi fondi PNRR si nascondono in molti casi opere del tutto inutili, peraltro progettate nella più assoluta mancanza di partecipazione dei cittadini.

L’economia è sempre più in mani private e il settore pubblico (Governo, Governatori, Sindaci) si riduce alla mera amministrazione di interessi privati, che si avvalgono di commissioni di esperti (provenienti da società di consulenza private) per proteggersi dalle decisioni da prendere, in modo da “lavarsi le mani” come Ponzio Pilato.

Almeno negli Stati Uniti, quando la Fiat acquisto Chrysler, Obama impose che in Usa si costruissero i motori ibridi. Da noi nulla viene mai richiesto alle grandi company. Si aspettava che il Governo sovranista Meloni mostrasse di tenere di più alla difesa delle nostre imprese, ma purtroppo così non è.

Nei prossimi giorni assisteremo alla vendita della rete Tim al fondo KKR americano: prosegue anche con questo Governo la penetrazione estera in tutte le nostre imprese con più di 250 addetti, dove il fatturato è ormai per il 25% in mano estera. La narrazione è che dobbiamo essere “aperti” agli stranieri e alla globalizzazione, che si sta letteralmente comprando tutte le imprese di qualità che fanno il “made in Italy”. Peccato che il Paese sia in svendita, perché per storia e capacità imprenditoriale potremmo essere tra i primi al mondo se solo avessimo una classe politica che difende il nostro lavoro.

Diario in pubblico /
In Medio Oriente, come nel lager, l’orrore non uccide la speranza. La Lezione di Edith Bruck

In Medio Oriente, come nel lager, l’orrore non uccide la speranza. La Lezione di Edith Bruck

Nel caos della situazione politica in città e nel mondo per non essere accusati di ‘provincialismo’ dopo le riflessioni sul trittico ‘sgarrupato’ rappresentato da Moni Ovadia, Patrick Zaki e Andrea Giambruno, va ripresa la barra partendo da una importantissima testimonianza della grandissima Edith Bruck apparsa sui giornali oggi 24 ottobre.

L’amica carissima, dal suo letto dove giace per una caduta in casa. riprende la sua riflessione sull’ebraismo, antiebraismo e movimenti consimili che sono presenti in modo spesso preoccupante e scuotono il mondo. Una frase sembra riassumere il concetto di umanità che perfino nel lager ha risuonato quando piccoli segni hanno permesso a Edith di recuperare un briciolo di speranza: piccoli gesti (5 in tutto) che le hanno permesso di resistere trasportandola da uno stato di cosa a quello di persona. In questo modo, afferma la scrittrice sopravvissuta ad Auschwitz, sarà possibile affrontare l’orrore che scuote non solo il Medio Oriente ma tutto lo scacchiere internazionale e tanti popoli.

Parla dunque di un orrore assoluto nel descrivere l’attacco di Hamas, che Israele essendo una democrazia può e deve criticare le scelte di Netanyhau e la inspiegabile – almeno a livello d’intendimento comune – défaillance dei servizi segreti israeliani. E aggiunge: “Israele è debole, non è niente, e potrebbe essere metà di quello che è: dividi con i palestinesi e vivi in pace. Bisogna arrivare ad avere in quella terra due Stati, Israele e un libero Stato palestinese. Tutti sanno che questo è necessario, ma non fanno niente. Da decenni”

A questo punto, come è accaduto per tanti grandi scrittori ebrei, si apre il ragionamento sui palestinesi che mai dovrebbero essere identificati in massa ai terroristi di Hamas. E se si fosse pensato con equilibrio, non si sarebbe dovuto identificare un intero popolo e nazione nell’orrore fascista e nazista. Cosa che è avvenuta ma non è stata recepita a pieno.

Ora assistiamo alle dichiarazioni di António Guterres. È scontro diplomatico tra il governo di Israele e il segretario generale delle Nazioni Unite.

A innescarlo un passaggio del discorso pronunciato martedì dal settantaquattrenne politico portoghese al Palazzo di Vetro, in apertura della riunione speciale del Consiglio di Sicurezza dedicato alla crisi in Medio Oriente. “È importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione “, ha ricordato Guterres. Precisando che, come le rivendicazioni dei palestinesi “non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas”, così questi spaventosi attacchi non possono giustificare la “punizione collettiva ” del popolo della striscia di Gaza.

Il segretario Onu ha altresì reiterato l’appello per un “cessate il fuoco umanitario”, sottolineando che “nessuna parte in un conflitto armato è al di sopra del diritto”.

Siamo arrivati ad un punto senza ritorno?
Difficile per ora dirlo. Certo che ancora una volta le parole della Bruck affondano in una melma da cui è difficile uscire.

Per leggere gli altri articoli di Diario in pubblico la rubrica di Gianni Venturi clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autore.

“La Ferrara popolare e democratica non può più aspettare”.
Parte il processo partecipativo, ma i partiti possono ancora aderire.

La Ferrara popolare e democratica non può più aspettare”
La Comune di Ferrara apre il percorso partecipativo
per scegliere dal basso programma e candidati. I partiti possono ancora aderire.

Giovedì 18 ottobre, La Comune di Ferrara ha lanciato pubblicamente una proposta politica precisa ai partiti e alle formazioni ancora riunite al Tavolo dell’Alternativa. Una proposta molto semplice: uscite tra la gente, andate oltre il modo tradizionale di far politica, aggiungete le vostre forze (le vostre idee di programma, le ipotesi di candidature, i vostri iscritti/e ed attivisti/e) e unitevi a questo nuovo processo partecipativo.

In attesa di ricevere una risposta, La Comune di Ferrara ha deciso di dare il via al processo partecipativo, rivolgendosi a tutte le forze attive della società e della politica ferrarese. Questo significa che la porta per i partiti e le formazioni politiche che siedono al Tavolo dell’Alternativa rimane aperta: ognuna di loro potrà accettare l’offerta, assumendo il metodo innovativo e la tempistica proposta.

Sono state pertanto fissate le prime 3 tappe, 3 grandi momenti assembleari di ascolto e confronto, per scegliere sia le linee e gli obiettivi del programma elettorale, quindi per far emergere disponibilità, competenze e candidature, infine scegliere con una votazione popolare la figura del Sindaco/a e della squadra che lo/a affiancherà.

I tappa: domenica 19 novembre: visione e obiettivi principali, principali azioni

II tappa: domenica 3 dicembre: Raccolta candidature e presentazione dei candidati

III tappa: sabato 16 dicembre. Individuazione del candidato/a e della squadra, attraverso una consultazione online su piattaforma trasparente.

La Comune di Ferrara

Per saperne di più, per aderire, per sostenere La Comune di Ferrara:
Email: info@lacomunediferrara.it
Sito internet: www.lacomunediferrara.it
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=61551376034113

Vite di carta /
Titanio: il thriller contemporaneo di Stefano Bonazzi

Titanio: il thriller contemporaneo dell’autore ferrarese Stefano Bonazzi.

Ho conosciuto l’autore di Titanio tre settimane fa alla presentazione di questo suo terzo romanzo presso la Biblioteca Comunale del mio paese. La conversazione sul libro è stata avvolgente: alle domande puntuali che gli sono state rivolte, Stefano Bonazzi, scrittore ferrarese classe 1983, ha risposto con generosità. Entrando nelle pagine per orientarci a comprendere la storia, uscendone per dirci quale scrittura vorrebbe essere la sua.

Si è rapportato a suggestioni cinematografiche e letterarie degli ultimi anni, che gli hanno fornito un modello: per esempio i film di Matteo Garrone, in primis Gomorra, oppure la narrativa dei cannibali, come sono stati definiti i giovani scrittori di “atrocità quotidiane” che negli anni Novanta sono entrati nella antologia Gioventù cannibale uscita presso Einaudi nella collana Stile libero.

Ho fatto sì con la testa mentre lo ascoltavo, ho anche bisbigliato alcuni nomi, alcuni titoli. Prima di ogni altro Dei bambini non si sa niente di Simona Vinci, l’autrice di Budrio di cui ho poi continuato a leggere altri romanzi, sperando che virasse verso storie meno violente. L’ha fatto, e ha mantenuto una scrittura incisiva dalle soluzioni narrative non scontate.

Sono tornata a casa e ho letto Titanio. E meno male che mi hanno sostenuta i riferimenti dati dall’autore, veri appigli per essere pronta a parare i colpi della narrazione. Fran, il protagonista, è un ragazzino speciale: vive in una non meglio precisata periferia, vive in mezzo al degrado sociale e personale dei suoi genitori e degli altri abitanti della “Ciambella”, ma è atipico. È magrolino, efebico, ama la lettura, anche se la famiglia non lo ha fatto andare a scuola, ha divorato tutti i libri raccolti dal padre ai mercatini e conosce un sacco di cose su tutte le materie.

La sua è una “adolescenza feroce”, per usare un’altra definizione cannibale. Si consuma nel quartiere residenziale dove le case sono occupate abusivamente da tossici, clandestini ed emarginati di vario genere. La famiglia di Fran, ambigua per non dire deviata, vive coltivando e vendendo erba.

La vicenda è costruita come una investigazione e parte dalla fine, quando Fran divenuto maggiorenne vive l’esperienza del carcere e dipana il racconto della sua giovane vita fino al reato gravissimo che ha commesso.

Lo ascolta l’educatore che lavora nella struttura penitenziaria: nel pacchetto di ore che gli sono state assegnate sente una attrazione sempre più forte verso il racconto di Fran e verso la sua personalità di ombre e luci profonde. Si sente schiacciato tra due fuochi: da un lato è spinto da una intensa empatia verso il ragazzo, dall’altro è imbrigliato dalla deontologia professionale e dovrà passare le informazioni ricevute all’Interpol per una inchiesta ancora aperta sul giro di conoscenze di Fran.

È suo, dopo quello di Fran,  il secondo punto di vista da cui il lettore apprende la storia. Ne manca un terzo, il più misterioso, ed è quello di un uomo paralizzato nel letto che al risveglio si vede curato in una stanza che non riconosce per le gravissime ustioni diffuse su tutto il corpo.

Il lettore ne segue la delicata convalescenza intanto che Fran racconta come si sono conosciuti e scopre che la sua è stata un’altra vita vissuta nel male, il cui epilogo caratterizza il finale senza consolazione del thriller.

Secondo quanto ha detto Stefano Bonazzi durante il nostro incontro, il libro vuole essere una riflessione sul male. Da adolescente Fran non ne conosce il discrimine rispetto al bene, non gliel’hanno di certo trasmesso i suoi genitori. Da loro ha semmai subito mutilazioni psicologiche e violenza fisica.

L’immagine finale è quella di Fran che in carcere “insegna a leggere ai detenuti privi di formazione scolastica, gestisce la biblioteca della struttura” e scrive lettere per i compagni di detenzione: se in questa vita i mostri si trovano ovunque e “il mondo è pieno di cantine” buie dove puoi essere rinchiuso da chi dovrebbe volerti bene, la prigione può non essere solo un incubo che si aggiunge agli altri da cui provieni. Puoi incontrare un educatore che intende ascoltarti fino in fondo, puoi incontrare anche te stesso. Mi pare questo l’unico punto di luce del racconto.

Per tutto il tempo della lettura mi sono domandata quanto Bonazzi si sia allontanato dai suoi apprezzati cannibali nel costruire una storia tanto drammatica. La risposta l’ho cercata in alcuni testi di critica letteraria che ho rivisitato in questi giorni e l’ho trovata nel mio vissuto universitario.

Premetto che non ho mai avvertito nei racconti “pulp” di Ammaniti, Nove, Brizzi e negli altri la funzione di “intrattenimento persino piacevole” che finisce per assegnare loro Romano Luperini, sentendo invece molto forte il citazionismo crudo con cui aggrediscono il mondo contemporaneo, anche attraverso richiami a fumetti e cartoons, e sintonizzandomi sulla loro linea di realismo.

Ho riconosciuto una voglia di racconto nelle pieghe riposte in cui si annidano storie di male e di distorsione esistenziale, dopo certa narrativa postmoderna degli anni Ottanta dalle tentazioni nichiliste.

D’altro canto Daniele Luttazzi ha sostenuto che l’antologia uscita nel 1996 è stata “profetica”: la realtà italiana ritratta nei racconti, lungi dall’esserne disancorata, semplicemente è stata anticipata. Dopo qualche mese dall’uscita della raccolta l’Italia conobbe i casi del mostro di Firenze, dei satanisti lombardi, di Erika e Omar.

La conclusione a cui sono giunta posso esprimerla in due modi: il primo è che Stefano Bonazzi ha cannibalizzato una storia del nostro presente, il secondo che ha rispolverato una delle categorie fondanti della scrittura letteraria, a cui mi sono formata negli anni dell’università, il rispecchiamento della realtà.

Ho una conferma in tal senso che viene dalla cronaca dei tg di ieri: parte Qui vivo, una campagna di sensibilizzazione nonché un progetto di innovazione sociale rivolto ai giovani che vivono nelle periferie. Il progetto intende combattere marginalità e isolamento, favorendo una educazione di qualità, attività sportive, spazi sicuri di aggregazione e crescita personale.

All’interno delle 14 aree metropolitane in Italia si registrano infatti forti disuguaglianze rispetto alla media del paese per quanto riguarda sia il livello di istruzione nei bambini, sia il livello di occupazione per la fascia d’età dai 15 ai 64 anni. La fonte è il rapporto Fare spazio alla crescita curato da Save the Children in collaborazione con la fondazione Openpolis.

Un ultimo dato: sono quasi 13.000 i bambini senza tetto e senza fissa dimora nel nostro paese (dato rilevato nel 2021), il 13,3% rispetto al totale di circa 96.000 persone senza una casa.

Nota bibliografica:

  • Stefano Bonazzi, Titanio, Alessandro Polidoro Editore, 2022
  • AA.VV, Gioventù cannibale, Einaudi, 1996
  • Simona Vinci, Dei bambini non si sa niente, Einaudi, 1997

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

I Crinali del Mugello minacciati dall’Eolico Industriale.
Come nel 1700, si rischia una tragedia ecologica

I Crinali del Mugello minacciati dall’Eolico Industriale. Come nel 1700, si rischia una tragedia ecologica.

L’Assemblea del Comitato Tutela Crinale Mugellano, sabato 14 ottobre 2023, si è aperta a Dicomano (FI) con una Mostra fotografica nella quale sono state documentate le alterazioni ambientali del crinale del Monte Giogo di Villore causate dall’inizio dei lavori per la realizzazione dell’impianto eolico industriale di AGSM-AIM Verona, fortemente voluto dalle amministrazioni comunali di Vicchio e di Dicomano e dalla Regione Toscana.

I lavori sono iniziati in data 8 giugno scorso, come da comunicazione del proponente, ma già in precedenza, l’impresa incaricata di fare i carotaggi preliminari di carattere geognostico aveva lasciato segni inconfondibili sul crinale. Come testimoniano le immagini della Mostra, la gran parte degli interventi ad oggi effettuati, ha arrecato alterazioni al territorio, quali al torrente del Solstretto, che alimenta l’acquedotto di alcune frazioni del comune di Vicchio tra cui Villore, alla viabilità che da Villore, Vicchio, sale a Porcellecchi, disboscamenti dalla Valvola SNAM al Giogo di Corella, modifiche irreversibili alla viabilità di Corella, Dicomano.

Le foto dei tagli e degli sbancamenti attuati lungo la strada che dal cimitero di Corella sale fino alla cosiddetta “valvola SNAM” sono solo i primi scatti relativi all’ impatto di portata incalcolabile che avverrà nel caso il Tar dovesse esprimere parere favorevole al progetto.

Ecosistemi naturali tra i meglio conservati, frammentati e compromessi, stravolgimento dei Sentieri CAI e dei Percorsi frequentati dal turismo lento ed escursionistico, abbattimento di castagni secolari e di marroni produttivi, esproprio di terreni agricoli, utilizzo improprio, scasso e intubamento di torrenti, segnaletica abusiva per allontanare arbitrariamente i camminatori e i visitatori delle montagne appenniniche, rifiuti risultanti dalle opere di carotaggio dispersi e abbandonati sul terreno.
Per non parlare degli allargamenti e sbancamenti lungo la strada che sale dal cimitero di Corella, Dicomano, lungo la pista forestale e i sentieri che portano al crinale e dei numerosi depositi, vere montagne, di materiali di escavo ai margini del bosco e lungo la strada presso la Valvola SNAM.

In periodo di raccolta dei marroni, la viabilità di accesso in prossimità della Valvola SNAM, risulta inagibile, alla prima pioggia, da mezzi che non siano fuoristrada speciali.

Dopo i saluti di apertura, gli interventi dei partecipanti al Comitato si sono succeduti cogliendo i vari aspetti storici, sociali, ambientali ed economici negativi conseguenti all’imminente colonizzazione eolica nei territori dell’Appennino Mugellano, nella zona di rispetto limitrofe ai siti  e ai confini del Parco Nazionale Foreste Casentinesi.

E’ stato sottolineato in particolare come sia grave l’aver sottovalutato e in alcuni casi ignorato, sia da parte del proponente che delle amministrazioni preposte al rilascio delle autorizzazioni, gli enormi danni alla vegetazione e ai boschi, che rappresentano gli unici veri consumatori di CO2 in natura, quindi i nostri veri alleati nella lotta ai cambiamenti climatici, e garanti di biodiversità, altra nostra alleata contro il depauperamento delle risorse naturali della montagna, nonché il dissesto idrogeologico conseguente agli interventi realizzati.

Interessantissimi sono stati i riferimenti e le letture di passi dello scritto del marchese fiorentino Matteo Biffi-Tolomei (1730-1802) “Una tragedia ecologica del settecento. Appennino toscano e sue vicende agrarie” e l’aver colto e messo a fuoco le analogie di quanto sta accadendo oggi sul crinale col disastro ecologico che colpì i boschi appenninici della Toscana di fine ‘700. A causa delle nuove riforme leopoldine che, tra l’altro, liberalizzavano il taglio indiscriminato dei boschi della Riserva Appenninica, da centinaia di anni protetti dalle leggi medicee, si venne a creare una devastazione ambientale mai vista prima e un vero scempio paesaggistico ai danni degli Appennini Tosco-romagnoli.

Il Comitato ha ringraziato i tanti cittadini, vere e proprie “sentinelle dell’ambiente”, che amando il loro territorio e frequentandolo abitualmente, hanno registrato osservazioni, fatto segnalazioni, inviato foto georeferenziate relative al degrado in corso nei luoghi a causa degli interventi, come evidenziati dalla mostra fotografica.
E’ stato sottolineato come il rispetto dell’ambiente e della natura e la vigilanza sul territorio non siano compito inderogabile solo delle amministrazioni pubbliche o delle imprese private, ma costituiscano un diritto/dovere del cittadino, come affermato dalla Legge unica ambientale (D.Leg. 152/06 e s.m.i.).
La tutela del patrimonio ambientale naturale, della biodiversità e del paesaggio sono affermati specificatamente anche dall’art. 9 della Costituzione italiana, quindi il cittadino che segnala le irregolarità e gli abusi compie un atto assolutamente democratico di cittadinanza attiva.

L’assemblea si chiude con uno sguardo rivolto al futuro: i cittadini presenti all’Assemblea esprimono la volontà di riprendere in mano il proprio futuro e quello del loro territorio, il Mugello!
Ribadire con fermezza che esistono luoghi idonei a impianti industriali e luoghi che non lo sono, come l’Appennino Mugellano, in continuità ecologica e funzionale con i crinali del Parco Nazionale Foreste Casentinesi.

Continuare l’impegno assiduo per difenderlo dallo scempio dell’impianto industriale eolico del Monte Giogo di Villore, opporsi all’imposizione di lavori sbagliati nei presupposti e nella realizzazione, all’arroganza di chi l’impone, di chi li propone, più per interesse privato che per fornire un servizio al territorio, sono i passi fondamentali da compiere per tornare ad essere cittadini liberi, attivi e consapevoli.

il Barone rampante, di cui ricorre il centenario, concludiamo dicendo: Libertà è star sull’albero a cantar e partecipare, controllare e difendere, sempre presidiare e agire per la tutela e il rispetto dei territori, dei paesaggi e dell’ambiente.

CTCM   Comitato Tutela Crinale Mugellano

LA MOSTRA FOTOGRAFICA SUI DANNI AMBIENTALI NELL’ALTO MUGELLO

Nella cover: il sentiero sul crinale mugellano dell’Appennino Tosco-Emiliano

Parole e figure /
Una casetta piccola piccola

Una casetta in mezzo al bosco, due fratellini curiosi. La casa editrice “L’ippocampo” presenta “La casetta piccola piccola” dei francesi Escoffier e Perrin. Perché anche i più piccoli hanno il loro posto e ruolo nel mondo.

Il 2023 segna un traguardo importante per la casa editrice milanese “L’Ippocampo”: il ventesimo anno di età. Fondata nel 2003 da Patrick e Giuliana Le Noël, questa interessante casa editrice indipendente è oggi leader nel settore dei libri illustrati per adulti e ragazzi e si distingue per la cura rivolta all’estetica e alla veste grafica dei suoi volumi. Tutto ha inizio con un pranzo di famiglia in riva al mare, a Genova, si legge nella presentazione della stessa casa editrice, durante il quale si decide il nome, L’ippocampo, e il logo con cui iniziare questo lungo viaggio che porterà il cavalluccio a prendere velocemente il largo, stimolando la curiosità dei più piccoli (ma anche dei più grandi) ed educando i loro occhi alla bellezza. Nel tempo l’evoluzione è importante.

Da poco in libreria, oggi siamo incuriositi da un titolo: “La casetta piccola piccola”, di Michael Escoffier, illustrato da Clotilde Perrin, entrambi francesi, con la delicatezza e l’eleganza di cui i francesi sanno essere maestri. I testi sono scritti con una bella calligrafia in corsivo. Sembra intarsiata su un legno delicato, ricamata.

Abbiamo recentemente recensito “Rododendro”, di Davide Calì e Marco Peschetta, la storia di Giacomino che, rimpicciolendo, vede tutto da altra prospettiva.

Il caso ci riporta ad altri esseri e oggetti piccolini, che, di punto in bianco, rimpiccoliscono.

Eccoci allora con Arsenio e Bartolomeo, due orsetti, fratelli inseparabili e dispettosi che si sentono i padroni assoluti del bosco e non si curano affatto di ciò che li circonda: amano rotolarsi tra i fiori selvatici, costruire trappole per i conigli e fare a gara a chi calpesta più lombrichi…

Dopotutto, chi mai potrebbe sfidare due orsi? Ma la foresta in cui sono cresciuti ha più di una sorpresa in serbo per loro…

Addentrandosi nel ricco bosco che li ha visti nascere e diventare un poco più grandi, i due fratellini vivaci e curiosi stanno per fare una strana scoperta: una casetta di legno con il tetto di muschio. Chi mai ci abiterà? Cosa succederà dietro quelle mura misteriose? Un occhiata rapida alla finestra, tutto tace. Eppure, dal camino esce un fil di fumo… Ma non si vede anima viva, nessuno, nulla. Silenzio.

Il giorno dopo, però, ecco comparire un bel pasticcino invitante e profumato di mele cotte, appena sfornato, che tentazione! Arsenio è talmente goloso che se lo pappa in un battibaleno… A Bartolomeo nulla, nemmeno una briciola. Ma d’un tratto Arsenio avverte uno strano formicolio e diventa piccolo piccolo, che zampette ha ora…

Una stregoneria? Una banale punizione per aver mangiato quel dolcetto? O un semplice avvertimento per fargli vedere ciò che, altrimenti, non si nota mai? Quatto quatto, di notte, il nostro (ormai) amico Arsenio si addentra nella foresta, nota un groviglio di rami e radici, gli sembra di essere osservato. Vede una civetta e, poi, ancora un pasticcino, ancora la gola, Di nuovo rimpicciolisce. Entrato nella casetta, davanti a lui tante cose: un lettino, un riposino, brutti sogni, il coniglio Rucolino dagli occhi chiari e un omino con il cappello rosso, un folletto che tira fuori un mazzetto di campanule azzurre. Semini magici che curano, che aiutano gli animali più piccoli in difficoltà. E allora Arsenio sale in groppa a Rucolino e, aggrappandosi alle sue orecchie, si parte veloci, ali al vento… Così scopre le farfalle, i ruscelli, i formicai, le lucertole, i lombrichi, i fili d’erba.

Ognuno ha il suo posto nel mondo, il suo ruolo, il suo momento, c’è davvero spazio per tutti. L’universo è grande, in fondo.

Quanto è importante che i più grandi rispettino i più piccoli!

Quante scoperte meravigliose!

 

Michael Escoffier, Clotilde Perrin, La casetta piccola piccola, L’Ippocampo, Milano, 2023, 80 p.

Sito L’Ippocampo edizioni

Sito Michael Escoffier

Sito Clotilde Perrin

 

Libri per bambini, per crescere e per restare bambini, anche da adulti.
Rubrica a cura di Simonetta Sandri in collaborazione con la libreria Testaperaria di Ferrara.

Agricoltura biologica italiana ed europea:
crescita per tutti o marginalità per pochi?

Agricoltura biologica italiana ed europea: crescita per tutti o marginalità per pochi?

Serve un giusto prezzo del cibo e un giusto reddito per gli agricoltori. Bisogna garantire autonomia alle tre sfere di economia, diritto e cultura, in modo che nessuna si sottometta all’altra. L’economia deve basarsi sulla solidarietà, l’associazione dei cittadini deve essere trasversale alle categorie economiche. Si lavori per il bene del prossimo e il denaro più funzionale sia quello di donazione, con cui si finanzia il futuro, consapevoli che il denaro d’acquisto finanzia solo il passato, ormai prodotto. E’ ora che il biologico e il biodinamico siano un esempio. Che si rinunci allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sull’animale e l’ambiente”.

Così scrive il presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica Carlo Triarico[1] in un breve intervento apparso sulla rivista Terra Nuova del mese di settembre nello speciale Cibo biologico per tutti: una sfida da vincere. “Il biologico e il biodinamico, continua Triarico, sono davanti a una scelta: essere un modello agroalimentare del futuro o diventare una commodity. Essere una risorsa di cibo e salute accessibile a tutti, o l’arricchimento di pochi. Per tanti anni in pochi hanno sostenuto l’agricoltura biologica e biodinamica. Le politiche UE iniziano ora a sostenere il biologico e stanno immettendo ingenti fondi. Ma attirano anche interessi e poteri che potrebbero cambiare per sempre in peggio anche l’anima del movimento biodinamico”.

Anche Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio[2], la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica, esprime un pensiero in linea con quello di Triarico. In alcuni interventi e dichiarazioni in occasione del Salone Internazionale del Biologico e del Naturale (SANA) che si è svolto a Bologna dal 7 al 10 settembre scorso, la presidente ha avuto modo di ribadire e mettere in luce alcune questioni, a cominciare dall’obiettivo del 25% per il 2030, che la strategia Farm to Fork contenuta nel Piano d’Azione Europeo per l’agricoltura biologica sta perseguendo.

In un comunicato stampa apparso sul sito della Federazione a conclusione del Salone di Bologna, Mammuccini afferma che “in uno scenario positivo per il biologico, con una crescita degli operatori, delle superfici e delle vendite, emergono alcune criticità e sfide che il Piano d’azione per il biologico deve affrontare. In particolare, sarà fondamentale far crescere di pari passo le produzioni e i consumi che, oggi, stanno risentendo degli effetti dell’inflazione, del cambiamento climatico, che impatta su costi di produzione e rese, oltre che di un quadro generale di instabilità e volatilità. Auspichiamo che il Piano d’azione metta al centro i produttori agricoli affrontando nodi fondamentali quali il giusto prezzo, il marchio Made in Italy bio, il sostegno ai distretti bio e il supporto all’export. Infine, crediamo essenziale il supporto agli agricoltori con investimenti in ricerca, innovazione, formazione e servizi per contrastare il cambiamento climatico e andare verso l’affermazione dell’agroecologia”.

Un condensato di obiettivi e prospettive, ma anche la consapevolezza dei tanti problemi che il comparto presenta, causa anche la crescita, in alcuni momenti vertiginosa, dell’ultimo decennio.

E’ quindi il caso di vedere qualche numero. La SAU (Superficie Agricola Utilizzata) a biologico in Italia è rimasta pressoché invariata, dopo una forte crescita nella prima decade del secolo, assestandosi all’incirca sul milione di ha; poi dal 2012 è iniziata una crescita costante che l’ha portata a sfiorare i 2 milioni e mezzo di ha alla fine del 2022 (BIO in cifre 2023, a cura di SINAB, MASAF, ISMEA, CIHEAM Bari). Il numero complessivo degli operatori ha visto la stessa dinamica arrivando a superare le 90.000 unità.

Numeri importanti perciò. Allargando lo sguardo su quelli dell’agricoltura biologica a livello mondiale, specie per ciò che riguarda l’incidenza della superficie a bio sul totale, si osserva che, secondo quanto riportato in Bioreport 2021-2022, L’agricoltura biologica in Italia, a cura della Rete Rurale Nazionale 2014-2020, pur in presenza di un numero molto elevato di operatori le aree Africa e Asia (1.123.000 e 1.782.000 unità) incidono pochissimo sulle superfici dedicate al bio a livello planetario (0,2 e 0,4% rispettivamente).
L’area Oceania invece presenta la più vasta per estensione a bio (36 milioni di ha che incidono per il 9,7% sulla superficie totale) a fronte del più basso numero di operatori (“solo” 18.000). L’area Oceania risulta prima nel mondo seguita dall’Europa (3,6% di coltivato per 17,8 milioni di ha con 442.000 produttori). Scarso invece il contributo del Nord America (0,8% di superficie coltivata e 23.000 produttori) e una tendenza al ribasso nel biennio 2020/2021.
Relativamente ai paesi dell’Unione Europea (che contribuiscono mediamente con il 10,1% di SAU biologica), quelli che incidono maggiormente sono l’Austria, che, con il 26,1%, ha già superato l’obiettivo del Piano d’Azione Europeo, la Svezia (20,2%,), la Grecia (18,9%) e l’Italia con il 18,2, anche se dati più recenti evidenziano un 18,7%. La classifica degli ha coltivati a bio vede invece prima la Francia (2.777.000) seguita dalla Spagna (2.635.000), poi Italia (2.349.000), quindi Germania con 1.802.000 ha.

A livello italiano sono sei le regioni che hanno superato la soglia del 25% della superficie coltivata biologicamente con la Toscana che, a fine 2022, è diventata la prima regione come incidenza di SAU (con il 35,8%), seguita da Calabria, Sicilia, Marche, Basilicata e Lazio. La Puglia ha quasi raggiunto il target (24,9%), mentre l’Emilia Romagna con un 18,5% di incidenza deve ancora impegnarsi per raggiungere l’obiettivo europeo, anche se in termini di coltivazioni biologiche risulta quinta in Italia con 193.360 ettari. La precedono Sicilia (387.200 ha), poi Puglia, Toscana e Calabria, che assieme alla stessa Emilia Romagna rappresentano oltre il 50 % del bio nazionale.

Dati dell’Assessorato Agricoltura dell’ Emilia-Romagna riferiti al 2021 danno la provincia di Ferrara in testa come SAU, con 29.530 ha coltivati a biologico, prima di Parma e Bologna, ma solo quarta in termini di incidenza percentuale (16,6% sulla superficie complessiva dedicata) a bio, superata dalle province di Forlì-Cesena, Rimini, Parma e Reggio Emilia. Il ferrarese eccelle nei seminativi, nella coltivazione del riso e, tra le frutticole, nella produzione delle pere.

Il valore di mercato dei prodotti bio presenta, dopo un picco di quasi 4 miliardi di euro nel 2020, una riduzione, e, secondo le ultime elaborazioni su dati Nielsen, si assesta sui 3,66 Mld, con le vendite che raggiungono il 61,9% del totale nelle regioni del nord Italia, il 26,3% nelle regioni del centro, compresa la Sardegna, e il rimanente 11,8% nel sud. Il peso del mercato interno del biologico rispetto al totale del comparto agroalimentare italiano si aggira sul 3,6%, dato questo che mostra quanto ci sia da fare per la crescita del comparto dei prodotti biologici nel nostro paese.

La sintetica carrellata di dati illustrati ritengo sia necessaria per comprendere da un lato la portata del settore bio in Italia e dall’altro quale deve essere l’impegno che istituzioni, pubbliche e private, realtà associative degli agricoltori e operatori del settore, devono infondere per raggiungere gli obiettivi dell’UE (Strategia Farm to Fork[3]), ma anche per dare impulso a coltivazioni e allevamenti biologici per superare la soglia del 25% che, nell’attuale contesto, rischia di diventare una sorta di limite invalicabile o la giustificazione per non andare oltre, mentre rappresenta l’unica strada per una agricoltura realmente sostenibile.

La maggioranza delle azioni della Strategia UE non è certo da oggi che si tenta di sviluppare e promuovere. A mio parere è importante però che vi sia, a livello europeo, un progetto complessivo,[4] il quale affronti decisamente i vari aspetti della “questione” agro-alimentare, e che preveda impegni concreti da parte dei vari paesi aderenti all’UE.

Tra le tante problematiche di cui il settore soffre senza dubbio vi è quella relativa alla innovazione del sistema di certificazione, chiamato a dare risposte sia alle aziende che operano nel bio che ai consumatori che utilizzano i prodotti.

“Occorre una riforma all’insegna della semplificazione, della trasparenza e dell’innovazione tecnologica per adeguare il sistema di certificazione del biologico alle esigenze attuali”, afferma Paolo Carnemolla, segretario generale di FederBio, che ribadisce la necessità di “essere in linea con il nuovo quadro normativo europeo in materia di controlli”, ricordando recentemente l’iniziativa del sottosegretario al Masaf Luigi D’Eramo che, insieme ai presidenti delle Commissioni agricoltura del Senato e della Camera, ha avviato un momento di confronto sulla riforma del sistema di certificazione dei prodotti biologici con le organizzazioni di rappresentanza del settore allo scopo di analizzare lo schema di Decreto legislativo, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso agosto, che sta iniziando l’iter di discussione in conferenza Stato Regioni e nelle Commissioni parlamentari.
Da parte di FederBio, ricorda Carnemolla, è stata ribadita la “necessità di una riforma coraggiosa in linea con il nuovo quadro normativo europeo in materia di controlli”. Questo perché risulta “fondamentale riorganizzare l’intero funzionamento del sistema di certificazione, utilizzando le tecnologie informatiche per un’operatività e un coordinamento effettivo ed efficace di tutti gli attori pubblici e privati”, anche per puntare a una reale semplificazione e riduzione di costi per gli operatori”.

In linea con tutto ciò, ma anche per allargare le prospettive al mondo agricolo nel suo complesso, vanno lette le dichiarazioni della presidente Mammuccini poco prima di SANA 2023, che auspica un confronto tra chi opera nel mondo del biologico e “una presa di posizione comune, un cambiamento necessario che generi valore per tutti gli attori della filiera a vantaggio dell’intero sistema”. E’ necessario, dice la presidente di FederBio, “ragionare insieme (associazioni, rappresentanti del settore e governo), per mettere in campo tutti gli strumenti volti a dare un contributo strategico in termini di politica e innovazione”, per raggiungere gli obiettivi prefissati. Cruciale diventa “dare attuazione alla legge sul biologico e andare avanti con l’approvazione del Piano d’azione nazionale per il biologico”, ma altrettanto importante affrontare il tema dell’agro-ecologia, in quanto “l’impatto del cambiamento climatico sulle realtà che operano nel bio, e non solo, impone un investimento comune importante, in grado di avere un effetto reale nel medio-lungo termine”. Per questo “il Piano d’azione è fondamentale anche per attuare investimenti strategici a sostegno dei produttori agricoli in termini di assistenza tecnica, formazione, ricerca e trasferimento d’innovazione, e per affrontare in maniera adeguata tutte le conseguenze del climate change”.

Nei vari incontri e dibattiti organizzati in ambito di SANA questi temi sono stati affrontati da svariati rappresentanti e operatori del mondo agricolo e del biologico, mettendo in luce le tante contraddizioni esistenti, a dimostrazione delle difficoltà sul cammino dello sviluppo di una agricoltura ecosostenibile. Tanti sarebbero gli interventi da citare. Mi limito, a conclusione dell’articolo, a riportare l’opinione della coalizione #CambiamoAgricoltura[5], organizzazione parte della campagna europea The Living Land nata per unire tutte le organizzazioni e le persone che pensano che l’attuale Politica agricola comune (Pac) sia in crisi e abbia bisogno di essere riformata.

Recentemente la coalizione ha chiesto alla Presidente dell’Unione Europea Ursula Von der Leyen di includere la pubblicazione della legge sui sistemi alimentari sostenibili nel suo discorso sullo stato dell’Unione. La lettera è stata firmata da 160 organizzazioni, tra cui diverse associazioni della Coalizione CambiamoAgricoltura, e personalità del mondo accademico in tutta Europa.

Infine, nell’incontro organizzato da Demeter Italia Più BIO per tutti, ce lo chiede l’Europa. Siamo pronti? – tenutosi a SANA, Franco Ferroni, dell’ufficio sostenibilità WWF e coordinatore della Coalizione CambiamoAgricoltura, a riprova delle difficoltà già citate in precedenza, ha espresso una posizione molto chiara nei confronti di Coldiretti, che, da un lato ha dato vita a inizio 2022 alla associazione Coldiretti Bio guidata dalla giovane imprenditrice agricola Maria Letizia Gardoni; dall’altro, a fine giugno scorso, per voce del suo presidente Ettore Prandini, ha dichiarato la propria opposizione alla proposta di legge europea sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), affermando come “la scelta della Commissione Ambiente dell’europarlamento di respingere la proposta di legge per il ripristino della natura”, come richiesto da Coldiretti[6], “salva una filiera agroalimentare Made in Italy che vale oggi 580 miliardi”. Difficile non vi siano incoerenze in tali posizioni! Incoerenze che Ferroni nel corso dell’incontro ha colto sottolineando inoltre come le strategie “Farm to Fork” e Biodiversità 2030, presentati il 21 Maggio scorso a Bruxelles dalla Commissione Europea, siano il primo vero tentativo di politica agroalimentare integrata, un fatto positivo che si colloca al centro del Green Deal accogliendo il principio che alimentazione, ambiente, salute e agricoltura sono materie strettamente connesse, e che “i sistemi alimentari devono urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta”.

Note: 

[1] Carlo Triarico è autore assieme ad Alessandro Piccolo, Nadia El-Hage Scialabba e Sabrina Menestrina al saggio L’insopportabile efficacia dell’agricoltura biodinamica, Ed. Terranuova Agricoltura, 2022.

[2] FederBio è la federazione nazionale nata nel 1992, per iniziativa di organizzazioni di tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, con l’obiettivo di tutelarne e favorirne lo sviluppo. FederBio socia di Ifoam e Accredia, l’ente italiano per l’accreditamento degli Organismi di certificazione, è riconosciuta quale rappresentanza istituzionale di settore nell’ambito di tavoli nazionali e regionali.

[3] https://www.consilium.europa.eu/it/policies/from-farm-to-fork/

Escludendo la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare e la sicurezza sanitaria degli alimenti, che vanno comunque e sempre garantite, i principali obiettivi della strategia dal “produttore al consumatore” sono, oltre all’aumento della superficie di terreni destinati all’agricoltura biologica, la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi e fertilizzanti, il miglioramento del benessere degli animali, le attività di promozione per un consumo e regimi alimentari più sani e sostenibili, la lotta contro le frodi alimentari e la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari.

[4] https://www.consilium.europa.eu/it/policies/green-deal/

La Commissione europea mira a ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti di almeno il 50% al 2030.

[5] A lanciare la campagna Living Land sono Birdlife Europe, European environmental bureau (Eeb) e Wwf Eu. In Italia #CambiamoAgricoltura è stata lanciata da un’ampia coalizione di Associazioni ambientaliste e dell’Agricoltura biologica e biodinamica: Associazione Medici per l’ambiente, Aiab, Associazione agricoltura biodinamica, Fai, Federbio, Legambiente, Lipu, Pronatura e Wwf.

[6] Per non dire del patto societario stretto nel 2020 tra Coldiretti e Bonifiche Ferraresi, mega azienda agricola quotata in borsa di quasi 8.000 ha e migliaia di capi di bestiame con sede nel ferrarese, che Altreconomia descrive approfonditamente nel numero dello scorso Novembre (https://altreconomia.it/inchiesta-su-bf-il-vero-sovrano-dellagricoltura-industriale-italiana/).

IL GRANDE BLUFF
I numeri affondano la propaganda della Giunta Fabbri

IL GRANDE BLUFF. I numeri affondano la propaganda della Giunta Fabbri. La 33ª indagine sulla Qualità della vita del Sole 24 ore certifica per il 2022 un arretramento  di Ferrara in tutti i settori: dalla sicurezza, all’ambiente, all’economia, alla cultura. Oggi, la propaganda rischia di essere l’unico ingrediente delle prossime elezioni amministrative. Le liste e i candidati che si presenteranno devono invece parlare chiaro e indicare obiettivi precisi e verificabili su cui impegnarsi.

Le nude cifre, le percentuali, le classifiche,  le indagini statistiche non dicono tutto. Ma qualcosa dicono. Soprattutto se i numeri sono quelli del Sole 24 ore, la cui serietà ed autorevolezza, nessuno mette in dubbio, in Italia e all’estero, a destra come a sinistra. L’ultima indagine annuale del Sole 2023 (con i dati dell’anno 2022) sulla “Qualità della vita in Italia” è quindi un punto di riferimento certo e non contestabile. Dietro all’Indagine, quest’anno alla 33esima edizione c’è infatti dietro un team di tecnici e di esperti e un lavoro approfondito su una pluralità di indicatori e di dati da censire, misurare, incrociare.

Se poi, come succede per i dati che riguardano Ferrara, i segni meno si ripetono e la perdita di posizioni in classifica è generalizzata, abbiamo la prova della decadenza della nostra città. Una decadenza che parte da abbastanza lontano, ma che negli ultimi anni assomiglia a un tracollo e certifica il totale fallimento delle politiche della maggioranza che ha governato Ferrara negli ultimi 4 anni e mezzo. 

Nell’ampia indagine del Sole 24 ore la performance 2022 di Ferrara, la sua posizione in classifica (confrontata con le altre 106 province italiane) è in discesa costante. Ferrara perde posizioni, cioè peggiora, in tutti i comparti: dalla sicurezza, all’ambiente, all’economia, alla cultura.

La giunta Fabbri-Naomo si è sempre distinta per un uso spregiudicato, spesso anche efficace, dell’arma della propaganda: nei social, sui giornali amici, nelle foto ricordo davanti ai nuovi cancelli, nei cartelloni sui muri e naturalmente in Consiglio Comunale, che è giusto mettere per ultimo, perché il massimo organo della democrazia cittadina è stato usato dal sindaco e dalla sua maggioranza solo come cassa di risonanza.  In queste ultime settimane,  in vista della prossima campagna elettorale, la propaganda si è intensificata e promette  di diventare ossessiva nei mesi che ci dividono dalle elezioni.

Cominciamo dalla Classifica Generale, quella sulla Qualità della vita, che riassume i dati raccolti in tutti i settori.  Nel 2022 sul podio ci sono Bologna (al primo posto), seguita da Bolzano e da Firenze. Nella classifica Ferrara (ritardi storici e problemi recenti) non ha mai brillato. Nel 2021 occupava mestamente il 45esimo posto,  ma nel 2022 Ferrara va ancora più giù e si piazza al 51esimo posto. Nel 2021 eravamo al numero 45, e nel 2020 al numero 34. Forse ho sbagliato a chiamarla “decadenza”, la Ferrara della Destra è in caduta libera.

Nel fallimento generale, provo a cercare almeno un dato in controtendenza. E visto che la piatta Ferrara si è guadagnata il titolo di “città della bicicletta”, come siamo messi a piste ciclabili? 
Ebbene, nel 2022 Ferrara si presenta con meno di 21 metri lineari per abitante di piste ciclabili. Meno della metà di Reggio Emilia, (46 metri), e meno Cuneo, Lodi, Ravenna,  Brescia, Cosenza… Ferrara scende al 14esimo posto.
Recentemente, abbiamo visto una pista ridipinta con un rosso vivo. No comment. Fatto sta che l’impegno per aumentare il chilometraggio è stato del tutto assente. Assenti, o comunque non comunicati, anche i dati sui percorsi ciclabili più frequentati e quelli sulla “incidentalità” (cioè gli incidenti occorsi sulle piste ciclabili), due elementi indispensabili per programmare ed attuare una seria politica di mobilità urbana su due ruote.

Molto peggio se guardiamo ai dati su Ambiente e Servizi. Qui nel 2022 si registra un vero e proprio crollo: Ferrara si colloca al 53° posto, perdendo 29 posizioni rispetto all’anno precedente. Davanti a questo disastro, un cittadino qualsiasi, io per esempio,  potrebbe chiedersi: ma di che caspita si deve occupare una Giunta che governa una città, se non di migliorare i servizi per i cittadini e l’ambiente in cui vivono?

Il nostro Sindaco Alan Fabbri, e l’eminenza grigia, il presidente di Ferrara Arte Vittorio Sgarbi, si vantano di aver riportato a Ferrara la Cultura con la C maiuscola. Ecco, nel 2022 il risultato del settore Cultura e Turismo  perde 11 posizioni: 45° nel 2022 e 34° nel 2021.

Lo sappiamo, sull’Economia Ferrara accusa un ritardo storico, ma la classifica 2022 del settore Affari e Lavoro fa impressione. La nostra città invece di risollevarsi si inabissa, in classifica passa dal numero 53 dell’anno precedente al numero 88 del 2022. Come la SPAL , ormai lottiamo per retrocedere.

Criminalità, reati, rapine, spaccio di stupefacenti… Tutti ricordano, nel 2019, le marce, le scenette video, i proclami a muso duro di Naomo Lodi: “Ripuliremo Ferrara!”.  Insomma, ci voleva il pugno di ferro! Così  fu, ma dopo quasi 5 anni di governo, la maggioranza di Destra ci consegna oggi una Ferrara meno sicura e più impaurita. Di seguito i numeri nudi e crudi dell’Indagine per il 2022 del Sole 24 ore.
indice di criminalità – totale dei reati denunciati: Ferrara è al 91 posto
Rapine in pubblica via:
malissimo: 85esima posizione.
Furti con strappo:
aumentano gli scippi, siamo al numero 72
Furti in abitazione:
ancora peggio, in classifica Ferrara è 90esima
Riciclaggio: 89esima

Basta così, a forza di usare la matita rossa l’ho consumata. Chi avesse voglia e coraggio di approfondire. può leggere [Qui] tutta l’indagine. Sento invece il dovere di aggiungere solo due avvertenze per i lettori e cittadini/elettori.

La prima. Se la performance della Giunta attuale con le sue spettacolari scelte, inchiodata dalla dura realtà dei numeri,  merita un 3 in pagella, se volessimo andare indietro nel tempo di cinque, dieci, quindici anni, non troveremo certo una Ferrara rosa e fiori. Se la Giunta Fabbri/Naomo  è bocciata senza appello, le ultime 3 o 4 stanche Giunte di Centrosinistra hanno prodotto risultati perlomeno deludenti. O non li hanno prodotti per niente.

La seconda. Il consiglio è banale ma necessario, mai fidarsi della propaganda. Nei prossimi mesi, ne vedremo tantissima, da ogni parte politica. Se poi qualche lista, oltre a generiche buone intenzioni, avrà il coraggio di prendere degli impegni chiari e concreti e di indicare  gli obiettivi precisi e verificabili  da raggiungere, allora al nuovo Sindaco o Sindaca che sia, sarà bene pretendere ogni sei mesi “lo stato avanzamento lavori”.

Per leggere gli articoli di Francesco Monini su Periscopio clicca sul nome dell’autore

POESIA – FEMMINILE – PLURALE.
Terzo e ultimo appuntamento con la poesia dal vivo al circolo Arci San Lazzaro: 24 ottobre 2023

Tre appuntamenti di poesia dal vivo al circolo Arci San Lazzaro a cura di Ultimo Rosso

L’evento multiplo organizzato da Ultimo Rosso al Circolo ARCI San Lazzaro di Bologna, La rassegna di poesia dal vivo che si svilupperà su tre date: 26 settembre, 11 e 24 ottobre, sempre dalle dalle 18 alle 20. Una proposta tutta al femminile. Saranno infatti sette le poetesse che leggeranno le proprie liriche con un accompagnamento musicale.
Fino al 24 ottobre, in un locale attiguo, si potrà visitare la mostra “Parole Oltre lo Sguardo”, un felice connubio tra fotografia e Poesia.

Christine de Pisan, nata Cristina da Pizzano (Venezia, 1364 – Monastero di Poissy, 1430 circa), è stata una scrittrice e poetessa francese alla corte dei re di Francia.

Perché un progetto a Bologna? Per presentare e dare spazio e voce ad alcune poetesse bolognesi aderenti alla nostra Associazione Culturale Ultimo Rosso,
Del gruppo recitante fanno parte anche poetesse di Ferrara e una poetessa di Trecenta.
In questi tre incontri, poesia e musica procederanno incrociandosi
su lunghezze d’onda comuni con diversi musicisti che dialogheranno con le proposte poetiche.

POESIA – FEMMINILE – PLURALE

Programma della rassegna 

MARTEDI’ 26 SETTEMBRE

RITA BONETTI
Contributi musicali di: ANDREA MELLONI (chitarra) – GIORGIO RIBERTO (violoncello) – PIER LUIGI GUERRINI (percussioni)
Cantore: EMANUELE MARIA LANDI
ROBERTA LIPPARINI
Musiche: MARIO SBOARINA
Azione scenica: DANIELA MICIONI
Presentazione di PIER LUIGI GUERRINI

 

MERCOLEDI’ 11 OTTOBRE

ANNA RITA BOCCAFOGLI – MIRIAM BRUNI – ELENA VALLIN
Contributi musicali: GIAN PAOLO SAMBINI
Presentazione di PIER LUIGI GUERRINI

L’11 ottobre, in occasione del secondo incontro della rassegna, verrà presentato “Parole oltre lo sguardo”, il libro fresco di stampa che raccoglie le poesie e le foto della mostra. Il volume è curato da Monica “Moka” Zanon per Babi Editore.

 

MARTEDI’ 24 OTTOBRE

CECILIA BOLZANI e MARIA MANCINO
Contributi musicali di: ANDREA MELLONI (chitarra) – GIORGIO RIBERTO (violoncello) – PIER LUIGI GUERRINI (percussioni)
Presentazione di ROBERTO DALL’OLIO

Tutti gli incontri si svolgeranno dalle ore 18 alle ore 20.
Durante gli incontri saranno in vendita le opere dei poeti e poetesse intervenute.

Dal 21 settembre fino al 11 ottobre,  sarà anche possibile visitare la mostra “Parole oltre lo sguardo, realizzata dalla Associazione Ultimo Rosso in collaborazione con il gruppo di fotografi “I norsisti”. Un progetto stimolante, cui hanno partecipato un folto gruppo di artisti , che si mette in scena  il dialogo creativo e l’incrocio tra due arti, la Poesia e la Fotografia.

Pier Luigi Guerrini
Allestimento della mostra “Parole Oltre lo Sguardo”
Rita Bonetti

Collettivo Poetico Ultimo Rosso
I soci della Associazione vogliono qui ricordare la figura di Franco Fanizzi, infaticabile presidente del circolo Arci San Lazzaro

Cover: “Le signore della poesia”. Le riconoscete?

Israele ascolti la voce degli ebrei che si oppongono alla occupazione di Gaza.
Dice il padre di Noa Argamani, ostaggio di Hamas: «dopo quanto accaduto, facciamo la pace con i nostri vicini, a qualunque costo»

Dice il padre di Noa Argamani, ostaggio di Hamas: «dopo quanto accaduto, facciamo la pace con i nostri vicini, a qualunque costo».

“Restiamo umani”
(Vittorio Arrigoni)

Mentre scriviamo queste righe a proposito di quanto è avvenuto e sta avvenendo in Palestina e in Israele, e in particolare nel sud del Paese e nella Striscia di Gaza, lə nostrə attivistə sono impegnatə su diversi fronti. In Marocco, una nostra missione esplorativa ha attraversato il paese disastrato dal terremoto, portando aiuti alla popolazione civile e cercando di evitare gli ostacoli posti dal governo. In Ucraina, continuiamo a portare assistenza sanitaria di base e aiuti umanitari alla popolazione civile e allə rifugiatə di guerra stremati da quasi due anni di conflitto e di invasione russa. Nel Mediterraneo Centrale, la Mare Jonio ha soccorso negli ultimi giorni altre 116 persone che rischiavano di morire in mare per non arrendersi alle torture dei lager libici o alla violenza della polizia tunisina, a fame, guerra e miseria.

Basta? No, non basta mai. E soprattutto perché per noi “metterci in mare”, incontrare e allearci con quelle persone la cui forma di vita spesso non viene riconosciuta ma mortificata e negata, ha significato imparare a vedere diversamente, trovare un modo di nominare l’orrore del nostro presente e trasformare le nostre lotte per, a questo presente, non rassegnarsi mai.

Per lo stesso motivo vorremmo ora essere a Gaza, in Cisgiordania e in Israele, vorremmo essere con tutte le popolazioni civili, chi è sotto il lancio di missili, con chi è stato ed è obiettivo di violenze atroci, con chi è in fuga dalle bombe, con chi soffre assedio e ed espulsione forzata, per non smettere di vedere, come Mediterranea ha sempre fatto, prendendo una posizione.

Fare e vedere sono di nuovo le cose più difficili, eppure le uniche possibili. Riconoscere, prendere parola e agire, lo sforzo eticamente necessario a cui non vogliamo sottrarci.

Quello che abbiamo visto finora e a cui ci apprestiamo ad assistere è semplicemente orrore. Ma come nominare questo orrore che ci ha sorpreso, riconoscerlo nelle terribili declinazioni della sua attualità?

Vogliamo dire che la strage attuata il 7 ottobre da Hamas contro donne, uomini e bambinǝ israelianǝ non è un atto eroico, ma un attacco ignobile e crudele, un massacro pianificato e diretto contro la popolazione civile.
È un atto che indubbiamente attecchisce su un terreno preciso, quello della percezione di vita negata, mutilata, da parte di un’intera generazione di giovani palestinesi cresciutə con l’immagine dei loro genitori, dei loro fratelli e delle loro sorelle, uccisə barbaramente dall’esercito di Tel Aviv, un terreno però su cui non di meno i capi di Hamas hanno coltivato l’odio, la vendetta e il nichilismo funzionali alla propria ascesa politica e militare.

Di più, vogliamo dirlo senza rivolgerci al passato, perché sono le lezioni che abbiamo appreso da altrə compagnə che abbiamo incontrato nel mondo e in questi anni che ci spingono a rivolgere il nostro sguardo in avanti. È dalla lotta delle donne iraniane incarcerate e assassinate dal regime degli Ayatollah, dal Confederalismo Democratico sperimentato dal popolo curdo del Rojava, dal movimento transfemminista che dall’America Latina si è diffuso in tutto il mondo, che traiamo l’immaginazione di una politica a venire, l’insegnamento che un progetto antisemita, misogino e teocratico non possa essere compatibile con una lotta di liberazione e per l’eguaglianza radicale.

Vogliamo denunciare che nella prigione a cielo aperto che è la Striscia di Gaza, costruita negli anni come una gabbia per animali dai governi israeliani, si stanno consumando crimini di guerra, crimini contro l’umanità. Che bombardare civili e spesso le stesse carovane di abitanti a cui è stato ordinato lo sgombero forzato dalle proprie case, colpire indiscriminatamente abitazioni, ospedali, sedi di associazioni umanitarie, lasciare senza luce, cibo, acqua, oltre due milioni di persone che non possono scappare da nessuna parte, utilizzare armi micidiali come il fosforo bianco, è un abominio.

Vogliamo ricordare che la politica violenta e disumana del Governo Netanyahu è solo la punta dell’iceberg dell’occupazione israeliana che da decenni umilia e opprime il popolo palestinese. Lo stato israeliano, con la complicità degli altri stati regionali, e quindi spesso dei regimi arabi, e dell’Occidente priva il popolo palestinese dei suoi diritti, della pace e della sua terra da decenni. Che la violenza dei coloni armati in Cisgiordania ha raggiunto nell’ultimo anno livelli di brutalità e disumanità quasi inediti.

Noa Arbamani, 25 anni, è stata rapita durante l’attacco terroristico di Hamas al rave. dove furono uccisi oltre 250 ragazzi israeliani.

Dobbiamo riconoscere che lo statuto di democrazia liberale è utilizzato ipocritamente come lo schermo dietro al quale si perpetrano violazioni sistematiche dei principi più blandi del diritto internazionale, si diffonde la più tetra apatia burocratica che riduce la vita dellə oppressə – così come accade per chi viene respintə per mare o ad altre frontiere – a quella di “animali umani”, a mero calcolo demografico, attraverso l’esercizio di un terrore legalizzato, silenzioso e strisciante.

Vogliamo schierarci, mentre un coro unisono invoca il diritto di Israele a difendersi, con quella parte della società israeliana che si oppone all’occupazione dei territori e alla distruzione di Gaza oggi come alla vocazione autoritaria e alla deriva confessionale del proprio Stato fino a ieri, con gli Ebrei americani che occupano Capitol Hill, con il padre di Noa, ostaggio di Hamas, e dire con lui: «dopo quanto accaduto, facciamo la pace con i nostri vicini, a qualunque costo».

La guerra nel nome della vendetta è capace di ogni infamia.

Se uccidere unə bambinə per riparare il torto di unə altrə bambinə mortə sotto i bombardamenti è solo tenebre, la lucida e per nulla lungimirante ferocia della vendetta è l’alibi e l’ispirazione dei crimini commessi da Hamas come di quelli dell’esercito israeliano a Gaza, di fronte agli occhi del mondo. Una politica cieca e auto-distruttiva per lə abitanti di Palestina e Israele. Gideon Levy, Ruba Salih e moltə altrə hanno ben spiegato che l’occupazione, questa punizione collettiva per le Palestinesi, che da decenni i governi israeliani perpetrano, oltre che disumana è il miglior foraggio per il fondamentalismo e fermarla sarebbe l’unico antidoto alla spirale di violenza. E per Netanyahu, un leader corrotto, militarista e sostenuto dai settori più integralisti della società israeliana, sembra essere ormai l’unica opzione di sopravvivenza politica.

Non possiamo non rivolgere il nostro sguardo a chi vive oggi in quel fazzoletto di terra che si affaccia sul Mediterraneo, alla popolazione israeliana sotto la costante minaccia del terrore e alla popolazione della Striscia, che si appresta ad essere invasa e rasa al suolo; a quella terra contesa, spezzettata da muri e confini militarizzati; a quella regione del mondo martoriata da guerre. Non possiamo che pensare a queste persone, tenute in ostaggio dalla guerra, allə Israelianə innocenti sotto il governo Nethanyau, allǝ Palestinesi innocenti intrappolatǝ e agli ostaggi innocenti in mano ad Hamas.

Non esiste una alternativa, se non vogliamo morire come umanità, che non sia la ricerca e la costruzione della pace nella giustizia.
La giustizia che il popolo palestinese attende da 80 anni: la libertà di movimento, la possibilità di esercitare i propri diritti sociali e politici, di vivere in pace nella propria terra, premessa indispensabile per altrettanta sicurezza, libertà e godimento di eguali diritti da parte del popolo israeliano.

Non esiste alternativa alcuna, affinché ciò sia possibile, a quel primo passo che deve compiere Israele: mettere fine all’offensiva su Gaza e, in prospettiva, all’apartheid di cui da decenni è vittima il popolo palestinese e a un’occupazione coloniale e violenta, il cui prezzo continua a pagare la popolazione civile. Possa essere ascoltato il grido dellə Israeliani che chiedono di fare un passo verso la pace, rinunciando all’occupazione.

Fermare le bombe e i missili dal cielo e l’invasione da terra.

Liberare TUTTI gli ostaggi: lə oltre 250 civili rapitə il 7 Ottobre e i 2 milioni e mezzo assurdamente rinchiusə a Gaza e in Cisgiordania che devono avere la garanzia di poter vivere in dignità e libertà nella terra che abitano. Cessare le ostilità per aprire lo spazio della pace.

Faremo il possibile, in questa difficile situazione, affinché le parole di questo comunicato, possano essere anche dei fatti, sul campo, là dove bisogna essere.

Consiglio Direttivo
Mediterranea Saving Humans

Cover: Gli ostaggi israeliani ostaggi di Hamas sarebbero più di 100.

Per certi versi /
Una poesia bambina che grida

Una poesia bambina che grida

Grida questa poesia
Bambina
Grida per tutti i bambini
Sterminati
Tutti gli esseri
Umani
Cancellati
Poi ricorda
Ricorda a tutti
Che per secoli
Gli Ebrei
Sono stati
Perseguitati
Fino alla Shoah
Europei da Gibilterra
Agli Urali
Voi li avete accusati
Confinati
Sbattuti nei
Pogrom
Ricordate?
HANNO DIRITTO
DI VIVERE ?!
E poi poi
condannati
Ad essere gassati
Perché i nazisti
Fuggiti
Ovunque
Anche verso Oriente
L’hanno fatta franca?
Erano soli?
Gli Ebrei dove li mettevate
In Madagascar?
Vi ricordate?
La bambina grida
E i palestinesi?
Sì loro
I libanesi pure
Con gli inglesi
Sopra il capo?
Ah sì i protettorati
Ah sì la Terra promessa
Per gli israeliti
Ma quella terra
Era abitata
Anche da altri…
Strumenti
Di altri ancora
Sunniti
SciitiEcco Dio
Che rientra
Dalla finestra
Spalancata
Dai venti
Dell’odio
Ognuno col suo dio
Il dio terreno
Del denaro
Del petrolio
Armi armi
Armi e guerre
Sante
Fredde calde tiepide
Tutti sicuri
Vari Potenti
Nei vostri bunker! ….

Poi muore la gente
Lo sapete vero
Che è
Gente innocente?

Ogni domenica Periscopio ospita Per certi versi, angolo di poesia che presenta le liriche di Roberto Dall’Olio.
Per leggere tutte le altre poesie dell’autore, clicca [Qui]

Con le teste che ci abbiamo …
Il concerto di Capossela è grande come un mondo

Con le teste che ci abbiamo. Il concerto di Vinicio Capossela 

Walter Benjamin, studiando il processo di estetizzazione della politica avvenuto in Germania nel periodo fra la caduta della Repubblica di Weimar e il trionfo del Nazismo, proponeva come antidoto la politicizzazione delle arti.

Vinicio Capossela, citando il filosofo tedesco, dice la stessa cosa in questo modo: Quando la politica diventa spettacolo, spesso incivile, allora lo spettacolo deve diventare politica, civile”.

“Con i tasti che ci abbiamo” è il titolo dello spettacolo che Capossela sta portando in giro per l’Italia, ed è anche l’ultima canzone eseguita nell’ottimo concerto che Capossela ha tenuto il 10 ottobre al Teatro Comunale di Ferrara.

Scrive Capossela sul suo sito: «I tasti del pianoforte, smontati e privati del loro compito diventano schegge di qualcosa che si è rotto, di un mondo fatto a pezzi come da un congegno che ti è esploso tra le mani. Con i tasti che abbiamo, ci siamo fatti infilzare senza che ne sia venuta beatitudine ma sono venute tredici canzoni, fastidiose e urgenti. Sono canzoni che non si sottraggono al tempo e che parlano da sé: affrontano i temi del pericolo e della grazia, che viviamo in dimensione collettiva, messi sul piatto e serviti con tasti rotti come posate. Pezzi di legno e smalto che a volte feriscono a volte carezzano, a volte grattano la schiena. Possono essere schegge, coltelli o amuleti, ma è comunque tutto quello che abbiamo per affrontare i mostri fuori e dentro di noi. Affrontarli insieme è meglio che affrontarli da soli”.

Con i tasti che abbiamo e … Con le teste che abbiamo: mi permetto di giocare con le parole nel titolo di questo articolo per sottolineare la convinzione che l’immaginazione sia la grande opportunità che abbiamo di trasformare i nostri limiti in possibilità.

Quello di Vinicio Capossela è stato un concerto spettacolare che ci ha aiutato ad ascoltare e ad ascoltarci.

È stato uno spettacolo meraviglioso di politica civile che ci ha emozionati, provocati, commossi e divertiti.

Non è un caso che la scaletta del suo spettacolo [1] fosse imperniata su brani stupendi, selezionati con cura fino a comporre un continuum coerente che potrebbe rappresentare un dizionario di quelli che dovrebbero essere i temi dell’attualità politica.

Oltre a canzoni scelte dal suo vasto repertorio, Capossela ha eseguito tutto l’ultimo album “Tredici canzoni urgenti”, nato dall’urgenza di interpretare e dare voce ai problemi più stringenti del momento storico che stiamo vivendo: la guerra, la violenza di genere, la cattiva educazione alle emozioni, l’abbandono scolastico, la delega da parte degli adulti all’intrattenimento digitale in cui versa l’infanzia, la cultura usata come mezzo di separazione sociale, il carcere inteso come reclusione senza rieducazione, il parossismo consumistico generato dal capitalismo predatorio.

Canzoni fatte apposta per invitarci ad un impegno collettivo, in un periodo in cui siamo sprofondati sul divano di fronte alla continua spettacolarizzazione della realtà. Un mondo in cui ogni cosa, compresa l’emozione, è stata domiciliarizzata e disincarnata sotto un velo che ha nascosto alla coscienza la preparazione della peggiore delle catastrofi: la guerra, con tutto il corollario della violenza, dell’avvelenamento, della semplificazione e della vanificazione di ogni sforzo culturale volto a costruire una comunità di uomini liberi e uguali”.

Vinicio Capossela con Ellade Bandini

Tutto il concerto è stato memorabile, gli arrangiamenti musicali hanno impreziosito le “coliche di immaginazione” di Capossela e le scenografie incantevoli le hanno contestualizzate.

Vorrei ricordare la versione fantastica del Cha cha chaf della pozzanghera, quella esuberante di Uomo vivo, quelle intense e commoventi di Minorità e de La crociata dei bambini, quella delicatissima de Il bene rifugio e quella strepitosa di All’una e trentacinque circa, impreziosita dalla bella partecipazione di Ellade Bandini alla batteria, artista ferrarese con una invidiabile carriera da turnista.

Il tour è appena iniziato, di date ce ne sono ancora 28 quindi, se siete nei paraggi di quelle località, vi consiglio vivamente di partecipare a quel rito collettivo che è un concerto di Vinicio Capossela.

Non è superfluo annotare che l’artista, oltre ad essere un ottimo musicista, è anche uno scrittore eclettico e prolifico ma è anche l’artista a cui i giornalisti musicali hanno consegnato più targhe Tenco per il miglior album [2] e la stessa targa per la migliore opera prima [3].

Note:

[1] Sul divano Occidentale, All you can eat, La parte del torto, Staffette in bicicletta, Bene rifugio, Parla piano, La cattiva educazione, Ballata del carcere di Reading, Minorità, Cha cha chaf della pozzanghera, La crociata dei bambini, Ariosto governatore, Gloria all’archibugio, Bardamù, I musicanti di Brema, Maraja, Che coss’è l’amor, Camminante, All’una e trentacinque circa, Tempo di regali, Uomo vivo, Con i tasti che ci abbiamo

[2] Nel 2001 con Canzoni a manovella, nel 2006 con Ovunque proteggi, nel 2011 con Marinai, profeti e balene, nel 2019 con Ballata per uomini e bestie e nel 2023 con il suo ultimo lavoro Tredici canzoni urgenti.

[3] All’una e trentacinque circa del 1991.

Cover e foto nel testo di Mauro Presini

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