L’INTERVISTA
“Non solo denaro, ma relazioni e comunità”: il crowdfunding territoriale di Ginger
Quando mancano ormai pochi giorni al termine della nostra campagna di raccolta fondi dal basso “Una redazione condivisa per Ferraraitalia” (clicca qui per saperne di più progetto), torniamo a parlare dello strumento del crowdfunding e questa volta lo facciamo incontrando chi ci ha accompagnato per questo tratto di strada: Agnese Agrizzi di Ginger.
Ginger, cioè Gestione Idee Nuove Geniali Emilia Romagna, è una piattaforma di crowdfunding territoriale fondata nel 2013 da Agnese, Virginia, Martina, Nicole e Caterina, cinque ragazze che hanno trovato il modo per far incontrare formazione umanistica e manageriale offrendo ad associazioni, start-up e altre realtà della nostra regione e non solo consulenze e formazione per sviluppare la propria campagna di crowdfunding. Le parole d’ordine sono territorio e comunità, mentre la filosofia che anima la loro azienda è: “Le idee non dormono mai!”
La filosofia del crowdfunding è “Non tanto da pochi, ma poco da tanti”, perché piccole somme aggregate possono fare la differenza.
Sì, la specificità dello strumento del crowdfunding, rispetto alle altre forme di finanziamento, è la richiesta di una partecipazione attiva delle persone che donano: non si tratta perciò semplicemente di chiedere una somma, ma di aprire il proprio progetto a una partecipazione collettiva, di chiedere alle persone un coinvolgimento diretto. Per questo il crowdfunding è perfetto per tutte quelle realtà che hanno non soltanto bisogno di raccogliere finanziamenti, ma anche l’esigenza di aprire le proprie porte alla partecipazione di una comunità.
Una comunità che può essere, anzi deve essere, sia sulla rete sia sul territorio di riferimento, no?
Il bello del web è appunto che non ha confini, perciò tutto il mondo virtualmente può sostenere un progetto. Allo stesso tempo nessun progetto può funzionare se rimane esclusivamente virtuale: serve un’interazione reale, la creazione di una rete di relazioni che deve uscire dal web e coinvolgere fisicamente le persone. Il crowdfunding territoriale ha dalla sua proprio questo vantaggio: può permettersi di usare sia le leve del web, sia quelle del territorio. Per questo puntiamo molto anche sugli eventi e sulla raccolta off-line nelle nostre campagne: fare eventi significa incontrare concretamente i donatori e convincerli davvero che il proprio progetto merita di essere finanziato. In altre parole, ci si mette davvero la faccia e questo è un fattore fondamentale nel crowdfunding.
Dunque il crowdfunding può essere considerato anche uno strumento per creare e consolidare il riconoscimento sociale di un progetto nella comunità di riferimento? E in questo modo diventa anche una leva di sviluppo economico e sociale…
Sì, esatto. Come Ginger in due anni abbiamo assistito alla nascita di circa 50 progetti territoriali che hanno utilizzato la nostra piattaforma per dare inizio alla propria attività, nel settore culturale e creativo ma non solo. Per farlo, hanno prima dovuto fare un’analisi di mercato confrontandosi così con quella che sarebbe stata la loro community di riferimento anche nel prosieguo della loro esistenza, hanno avuto così modo di capire quali linguaggi usare, quali domande avevano più risposta. Ecco che il crowdfunding diventa uno strumento per far iniziare un’impresa con il piede giusto, cioè una buona consapevolezza del pubblico al quale si riferisce e delle sue caratteristiche, dandole così anche maggiori opportunità di rimanere in attività sul lungo periodo.
Agnese, il crowdfunding è ancora uno strumento poco conosciuto in Italia. Da quanto è arrivato nel nostro paese?
In Italia si parla di crowdfunding da non più di tre anni. Nell’ultimo anno se ne è parlato molto più spesso, grazie anche a progetti come “Un passo per San Luca”, che abbiamo curato noi (piattaforma on-line per il finanziamento del restauro dei portici di San Luca, ndr): ha coinvolto una città intera e raccolto circa 340.000 euro, ma è anche diventato un modello di buone pratiche di cui si è parlato sui giornali e in tv. Oggi questa parola è meno straniera e più vicina alle persone, speriamo che vada sempre meglio.
Rimanendo ancora in Italia: sono più i progetti profit o no-profit a ricorrere a questo metodo di finanziamento? E qual è la quota richiesta in media?
In Italia la parte più rilevante e anche il settore che raggiunge maggiori risultati è il no-profit, quasi un progetto su due raggiunge l’obiettivo. Questo è dovuto in parte al fatto che il profit si pone spesso traguardi più difficili, mentre il no-profit riesce a sfruttare anche fattori emotivi, che per il crowdfunding sono abbastanza importanti. Per quanto riguarda la quota media di finanziamento, ti posso dire che quella dei progetti che hanno successo a livello globale è di 4.000 dollari.
A proposito, secondo te qual è il segreto perché un progetto raggiunga l’obiettivo?
Il segreto del successo è la predisposizione da parte dei progettisti ad aprire la propria idea ai donatori: più il processo partecipativo è coinvolgente, più la campagna funziona. Un altro elemento fondamentale è quanto i progettisti si divertono durante la campagna: lo noto quotidianamente, i risultati si vedono subito.
Parliamo un po’ di voi, come e quando è nata Ginger?
Ginger è nata nel giugno 2013 a Bologna. Insieme a Virginia, Martina, Nicole e Caterina, abbiamo deciso di unirci, pur venendo da background diversi: io vengo da Lettere e filosofia, Virginia da Lingue e letterature straniere, Nicole viene dal Dams indirizzo Arte e Caterina dall’indirizzo Musica, Martina da Scienze politiche. Ci siamo conosciute durante il corso di laurea magistrale in Gestione ed Innovazione delle Organizzazioni Culturali ed Artistiche: ha un’impostazione più pragmatica che teorica, con molte esercitazioni pratiche e lavori di gruppo, quindi ci ha permesso di lavorare insieme già durante gli studi e conoscerci anche a livello professionale. Così quando abbiamo iniziato eravamo un team già testato.
La differenza rispetto ad altre piattaforme è che cerchiamo di rimanere molto vicine ai progettisti, per capire insieme a loro qual è il modo migliore di fare crowdfunding per il loro progetto. Si potrebbe quasi dire che Ginger è una sorta di progetto di ricerca perché come fare crowdfunding è una storia ancora da scrivere in Italia ed è la domanda che ci facciamo tutte le mattine andando al lavoro: poter cercare la risposta fianco a fianco con i nostri progettisti ci permette di avere una visuale molto immediata di come si stia strutturando la pratica del crowdfunding nel nostro paese. Nel giro di due anni siamo riuscite a ottenere un grado di successo di circa il 60% e ne siamo molto orgogliose: significa che 6 progetti su 10 raggiungono il finanziamento, mentre in Italia le media è del 30%.
Quanti progetti avete seguito finora? Ce ne sono alcuni ai quali siete più affezionate?
Credo siano circa una settantina in due anni, attualmente sono dieci, compreso il vostro “Una redazione condivisa”. Ammetto di sì, ad alcuni siamo più affezionate. Per esempio abbiamo curato una piattaforma di crowdfunding per conto di Fondazione Nord Est, che riunisce le tre Confindustrie del Nord Est: si chiamava Fablab a scuola e serviva per finanziare 10 fablab all’interno di 10 istituti tecnici del Nord Est.
A proposito della nostra campagna “Una redazione condivisa”, avete altri progetti ferraresi oppure legati al settore editoriale e giornalistico?
Direi che non stiamo seguendo altri progetti su Ferrara, abbiamo invece ospitato un progetto legato all’editoria: si trattava della campagna per finanziare le spese di pubblicazione di un libro inchiesta sulla morte di Francesco Lorusso. Il tema era molto sentito ed è stato un caso di grande successo.
Ora la domanda fatidica: perché avete deciso un tratto di strada insieme a noi?
Abbiamo delle perplessità rispetto al mondo dell’editoria giornalistica in Italia: dal punto di vista gestionale è un settore molto difficile, vediamo testate in difficoltà e costrette alla chiusura, mentre altre sono legate ai finanziamenti pubblici o a partiti politici. Per questo creare un gruppo libero, di qualità e legato strettamente a un territorio ci sembra una bella sfida. Se Ferraraitalia ce la farà con il crowdfunding, porrà una solida premessa per lo sviluppo delle attività della cooperativa. Insomma appoggiamo il progetto culturale, ma anche la volontà di approfondire il lavoro di squadra e il tema della comunità di lettori, tre caratteristiche fondamentali per il crowdfunding.
L’ultima domanda è sul futuro: sia per voi di Ginger, sia per quanto riguarda il crowdfunding in Italia.
I nostri obiettivi futuri sono: arrivare sempre più capillarmente nel territorio della regione, ci piace anche l’idea di poter replicare il modello Ginger su altri territori italiani, inoltre vorremmo lavorare sempre più sui beni culturali, proprio partendo dall’esperienza del Portico di San Luca, un progetto di rilievo portato avanti insieme a un’istituzione pubblica, ma che crediamo possa essere percorribile per molti altri casi. E poi c’è qualcos’altro nel cassetto a cui stiamo lavorando, ma che purtroppo non posso ancora rivelare. Per quanto riguarda il crowdfunding in Italia, io spero da un lato che aumenti la consapevolezza riguardo questo strumento da parte dei progettisti, dall’altro sono fiduciosa che la generosità degli italiani e la loro voglia di partecipare aiuterà sempre di più il successo delle campagne di crowdfunding.
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