LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
La penna benedetta
Qui non siamo più di fronte a una questione di laicità, siamo di fronte a una emergenza: che scuola è la scuola nel nostro paese, che formazione viene impartita ai nostri giovani, chi ne risponde?
È possibile che cultura e superstizione, razionale e irrazionale, si mescolino indifferentemente, che logica e fideismo convivano tra pratica delle discipline e condotte umane? Avremmo bisogno di allenare intelligenze e cervelli, di apprendere a conoscere come si conosce, di teste ben fatte e, invece, ci troviamo la benedizione delle penne che gli studenti useranno per sostenere le prove scritte dell’esame di stato.
Dopo la benedizione pasquale ci mancava solo questa. E perché no gli scapolari e la distribuzione per tutti dei santini di san Giuseppe da Copertino, il frate volante protettore degli studenti?
L’iniziativa è della preside del pluriliceo Niccolò Jommelli di Aversa, con tanto di circolare inviata a studenti, docenti e famiglie, e pure pubblicata sul sito web dell’istituto.
La benedizione delle penne è per di più proposta come “preparazione” all’esame di stato. Questo il testo: “Si comunica ai destinatari in indirizzo che lunedì 30 maggio 2016 dalle ore 12:15 alle ore 13:15 gli alunni delle classi quinte, accompagnati dai docenti in servizio, si riuniranno nell’aula magna per un momento di preghiera in preparazione dell’esame di stato. Nel corso della riunione sarà celebrata la cerimonia “benedizione delle penne”. All’incontro sono invitati anche gli alunni delle classi quinte del turno pomeridiano”.
Un atto di fede, scaramanzia, superstizione? È vero che in Italia si benedice di tutto, dagli animali alle automobili. Ma ci mancavano ancora le penne per l’esame, come le uova per Pasqua.
Un modo per dire “che dio me la mandi buona”, un religioso “speriamo che me la cavo”. La fiducia in se stessi, la coscienza di aver fatto il proprio dovere da che parte stanno nella formazione di questi giovani?
La penna benedetta ha un quid in più che forse noi laici non riusciamo a cogliere, è una penna con il turbo dell’incenso, è una penna autocorrettiva, che impedisce di sbagliare.
Uno studente Harry Potter, una scuola Hogwarts in chiave cattolica. Un’ingiustizia per quei poveri studenti miscredenti o di altre religioni che se la dovranno cavare da soli.
Così, poiché in occasione delle prove d’esame si staccano i collegamenti internet, si ritirano cellulari, smartphone, iphone ed ogni device digitale, non potendo copiare o avere suggerimenti impropri, l’invito che la preside del liceo di Aversa rivolge ai suoi studenti è quello di prepararsi affidandosi al potere benefico della penna benedetta.
Purtroppo la cosa è molto seria, perché riguarda le nostre ragazze e i nostri ragazzi, il loro ambiente di apprendimento, di formazione e di crescita. Come sono preparati e chi li prepara ad affrontare le sfide del futuro che li attende. Forse con un set di benedizioni pasquali e di penne benedette?
Che scuola è una scuola che tollera ciò?
Il tema vero è la qualità della nostra scuola e della professionalità di chi vi lavora e la dirige, di un ministero che di tutto ciò dovrebbe rispondere al paese. Ma difficilmente il ministro interverrà e semmai ci sarà pure un Tar disposto a dar ragione alla preside di Aversa.
Ciò nonostante la questione non può più essere tollerata. Perché investe la responsabilità degli adulti nei confronti delle giovani generazioni, che impiegano il loro tempo migliore sui banchi di scuola per cui, a maggior ragione, hanno diritto a un insegnamento di qualità e a non vedere bruciate le ore di studio dall’incompetenza degli adulti e dalle benedizioni scaramantiche.
Non credo però che l’iniziativa della preside di Aversa sia a caso, sia il prodotto di ignoranza o stupidità. Penso, invece, che sia una provocazione voluta, che abbia il retrogusto della sfida.
Ritengo che celi l’intolleranza per quanto, sia pure lentamente e a fatica, nel nostro paese va cambiando. Aggrapparsi alla benedizione è un recupero di identità attraverso l’esorcizzazione di tutto ciò che la minaccia.
Se le cose stanno così, temo che il caso di Aversa non resterà isolato. Tra benedizioni, obiezioni di coscienza, dall’aborto alle unioni civili, sentinelle in piedi, non mancheranno le sorprese. Pare che le religioni si esasperino a vicenda.
Ce n’è comunque abbastanza per non tollerare più a lungo l’inganno della falsa laicità della nostra scuola.
È tempo di pretendere con fermezza che le religioni tutte, qualunque sia la forma o la confezione assunta, se ne stiano fuori dalle aule, e quelle che vi sono entrate ne escano. Ne va della qualità dell’istruzione dei nostri ragazzi, del loro futuro, della speranza che questo mondo globale, anziché dividersi, possa un giorno incontrarsi e unirsi.