“Non stiamo parlando di un fenomeno che riguarda solo il meridione, come si pensava all’inizio. Si muove lungo l’asse Nord-Sud dell’Italia e attraversa in modo trasversale le stesse regioni settentrionali, espandendosi addirittura fuori dai confini nazionali”, arrivando in Cina, Nord Africa, Est Europa. È il fenomeno degli eco-reati come lo descrive Alessandro Bratti, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali a esse correlati. Il deputato Pd è intervenuto, insieme ai giornalisti di Presa Diretta Giulia Bosetti, Elena Stramentinoli, Federico Ruffo, all’incontro “Le leggi sui delitti ambientali e le inchieste giornalistiche”, organizzato nell’ambito della Festa della legalità e della responsabilità 2015.
“Un ambiente corrotto”, questo è il quadro che emerge dal rapporto 2015 di Legambiente sulle ecomafie citato da Bratti per dare un quadro generale del tema. Non solo per i 29.293 reati accertati nel 2014, con un giro d’affari pari a 22 miliardi di euro, e nemmeno per l’aumento del 26% delle infrazioni nel settore dei rifiuti rispetto al 2013, con 3 milioni di tonnellate di sequestri, tanti da poter riempire “una carovana di tir che parte da Trapani e arriva ad Aosta”. A preoccupare seriamente è il sempre più evidente intreccio fra eco-reati e corruzione. Tanto che Bratti ha affermato: “il termine ecomafie, coniato nel 1994 proprio in un rapporto di Legambiente, è forse ormai fuorviante, perché quando si parla di eco-reati non si parla solo di crimine organizzato”, “i reati ambientali oggi sono quasi sempre associati alla corruzione della pubblica amministrazione”. E poi ha aggiunto: “i reati ambientali sono reati d’impresa” e “la criminalità organizzata è al servizio di imprenditori che vogliono fare profitti bypassando le regole”.
Per questo serve un contrasto durissimo, che non si fermi a chi gestisce le discariche abusive, più 4.827 quelle censite e sanzionate dall’Unione europea nel 2007, nel movimento terra e nell’edilizia, smaltendo irregolarmente materiali nei cantieri delle infrastrutture o nel cemento dei palazzi. Non è (solo) una questione di salvaguardia dell’ambiente e di tutela della salute dei cittadini. Gli eco-reati sono un vantaggiosissimo business di interesse pari a quello della traffico di droga, che causano una ragguardevole “distorsione” nell’economia legale, perché “imprenditori truffaldini” non competono ad armi pari. Per quanto riguarda l’amministrazione, Bratti ha puntato il dito contro “la gestione clientelare del consenso attraverso le assunzioni nelle società preposte alla gestione della raccolta e dei trasporti dei rifiuti con un aumento esponenziale del costo della tariffe a fronte di un servizio via via peggiorato”. “Oggi un’altra grande occasione di affari sono le bonifiche: il timore è che chi ha creato il danno ora ci guadagni anche con il rimedio” e, si potrebbe aggiungere, che la situazione rimanga poi come è ora.
A fronte di tutti questi vantaggi, il settore dei reati ambientali fino a poco tempo fa ha presentato rischi bassissimi, anzi inesistenti: quasi esclusivamente pene di carattere pecuniario. Da maggio però, con la legge n°68, gli eco-reati sono stati introdotti nel Codice Penale: “una legge molto discussa – secondo Bratti – arrivata dopo 21 anni” da quel rapporto di Legambiente del 1994 in cui si denunciava per la prima volta il fenomeno. “Si danno più strumenti alle procure e si allungano i tempi di prescrizione”, ha concluso.
Peccato che l’onorevole Bratti sia arrivato a questo tema così attuale appunto in conclusione del suo intervento e che non ci sia stato tempo per approfondire i nuovi reati: il disastro ambientale, punito con il carcere da 5 a 15 anni; l’inquinamento ambientale, punito con la reclusione da 2 a 6 anni e una multa da 10 mila e 100 mila euro; il traffico e l’abbandono di materiale di alta radioattività; l’impedimento del controllo, che prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni per chi nega od ostacola l’accesso o intralci i controlli ambientali; oppure ancora le condizioni per cui si possa configurare la nuova fattispecie dell’aggravante ecomafiosa.
Ed è un peccato anche che nella disamina degli esempi concreti di eco-reati, dalla Campania “da sempre presente” nei lavori della Commissione fin da quando è stata istituita cinque legislature fa, alla Lombardia dove tra l’80% e l’85% del movimento terra e del traffico dei rifiuti speciali collegati all’edilizia “è in mano alla ‘ndrangheta”, sia mancata l’Emilia Romagna, terra d’origine dello stesso Bratti e della platea che lo stava ascoltando.
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Federica Pezzoli
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