Le recenti parole del leader 5 Stelle Beppe Grillo sulla presunta inefficacia della mammografia ai fini della cura del tumore al seno, oltre che indignare, fanno riflettere. Ma rischiano di indurci nell’errore di concentrarci esclusivamente sulla prevenzione di genere, quando invece prevenzione deve essere per tutti, dal seno alla prostata passando per il polmone.
Verrebbe da dire che le dichiarazioni, poi ‘correzioni di tiro’ di Grillo, lasciano il tempo che trovano, soprattutto perché dette da un uomo che parlava ad un corteo (Perugia-Assisi, per chiedere reddito di cittadinanza) e con riferimento agli inviti ai controlli fatti dall’oncologo Veronesi (dove Grillo, come sempre, ci ha visto del ‘marcio’ e dell’interesse). Verrebbe da dire che dopo una settimana la notizia è vecchia e da buttare, tanto più che siamo abituati alle sue ‘sparate’. Eppure così non è. Perché lui ha lanciato il seme della diffidenza. Che potrebbe germogliare. E perché se anche una sola persona ha dato peso alla sua opinione – che tale è, perché non è il Verbo – significa che c’è un problema.
La portata delle sue ‘valutazioni’ è infatti direttamente proporzionale al clima di esasperazione che si vive in materia di sanità tra liste di attesa, riduzione posti letto, ricorso al privato. Ecco allora che in un Paese normale, in cui su questo fronte il cittadino si sente sicuro e al sicuro, le affermazioni dell’ex comico sarebbero rimaste lì. E invece no, hanno potuto suffragarsi di una insicurezza ormai conclamata, per quanto – per fortuna – abbia trovato ben pochi fautori e difensori. Ovvia e giusta l’espressione della contrarietà da parte degli addetti ai lavori e di chi, anche per ragioni anagrafiche, la cultura della prevenzione l’ha fatta sua. Il problema vero è la zona grigia che c’è in mezzo. Perché in mezzo c’è un mare di gente che giudica con la pancia, con la paura, con la stanchezza, con l’età che avanza, non sempre con cognizione. Ed è su questa platea che bisogna concentrarsi affinché il paroliere Grillo non faccia neppure più ridere. Una platea, appunto, fatta non solo di donne – comunque le più attente, grazie anche alla divulgazione della medicina di genere – ma anche agli uomini.
La domanda vera è: sulla prevenzione, a che punto siamo? Oltre al seno, all’utero e alla prostata, su quali altri ‘organi’ è prevista con l’invito a recarsi a fare esami dall’azienda competente? La famigliarità per certe patologie – penso al tumore al polmone come allo stomaco – richiede la prevenzione? Se sì, il cittadino paziente se la deve fare auto prescrivere o è il medico cosiddetto di base o un eventuale specialista a procedere di default? Fin dove arriva la discrezionalità del paziente? Ammesso e non concesso che non voglia sottoporsi a un esame diagnostico che il medico reputa indispensabile, questo medico ‘rinuncia’ alla prescrizione o procede comunque e lascia al libero arbitrio del paziente il procedere o meno?
Quando sapremo rispondere a queste domande, quando saranno chiare tutte le responsabilità, quando sapremo perché di fronte a cancri tanto veloci e silenziosi l’individuazione è lenta nonostante la prevenzione, le affermazioni di Grillo ci faranno solo pena e penseremo che è tornato a fare il comico. Ma finché avremo un solo dubbio, troveranno spazio per alimentare altri dubbi. E soprattutto diffidenza.
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Camilla Ghedini
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