NOTA A MARGINE
Il senso dei canadesi per lo spettacolo. Sul palco la bibbia laica dei Ballets Jazz de Montréal
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E’ uno SPETTACOLO tutto maiuscolo quello che il direttore artistico Louis Robitaille ha portato in città. Tre momenti di danza interpretati da tre coreografi diversi per un unico spettacolo entusiasmante che ha fatto saltare i ferraresi sulle poltrone del Teatro Comunale domenica.
E’ una sorta di bibbia laica quella che vediamo sul palco. Nella prima coreografia, Zero in on, di Cayetano Soto, ci sono solo un uomo e una donna, che interagiscono e si respingono. Passi a due atletici, ma con una chiara matrice classica. Poi arriva tutta la compagnia nel folgorante Kosmos, qui in prima nazionale, di Andonis Foniadakis, dove la compagine dei danzatori di nero vestita travolge tutto come la frenesia urbana che vuole rappresentare. Gesti precisi, alienati in un crescendo di potenza che culmina con una specie di estasi mistica, di intimo raccoglimento come opposizione al caos cosmico.
C’è tutto, dalla danza tribale a quella classica, passando per la jazz fino alla contemporanea.
Le musiche di Julien Tarride sono un accompagnamento incalzante e coinvolgente, e le luci minimali, ma di grande efficacia di James Proudfoot, completano la scena senza bisogno di nessun altro elemento. Tutto è essenziale e necessario, ed è evidente come questo risultato derivi da un lavoro enorme.
Potranno fare meglio? Ci si chiede dopo Kosmos. Poi arriva Harry di Barak Marshall, uno degli allestimenti di maggior successo dei Bjm. Non è meglio forse, ma è complementare. Riporta la scena in una più colorata ambientazione anni ’40-’50 dove questi danzatori senza limiti vengono anche fatti recitare, attorno alla figura di Harry, grottesca caricatura dell’essere umano, continuamente coinvolto in conflitti intimi, come quelli tra uomo e donna, o sociali, come la guerra. E da questi costretto a morire e rinascere in continuazione, interrogandosi ogni volta sul senso di tutto ciò, con la leggerezza di ci sa che una risposta non c’è.
I danzatori sono da spellarsi le mani dagli applausi. Tengono dall’inizio alla fine un ritmo elevatissimo, sono simpatici e sanno trasformarsi in ogni coreografia.
Il bello di questo spettacolo tardo pomeridiano è anche che dopo arriva Robitaille stesso per un incontro col pubblico, e conferma una serie di pensieri fatti disordinatamente durante la visione.
I canadesi riescono a produrre spettacoli così, perché hanno un governo che investe. Ed è un investimento che dà i suoi frutti dal momento che la compagnia è in tournée dai quattro ai sei mesi all’anno in tutto il mondo. Una dimensione globale di cui i Bjm non hanno paura. Loro pensano in grande e guardano avanti chiamando non i grandi nomi, come ha spiegato Robitaille, ma i giovani più talentuosi di ogni paese, li fanno crescere, permettono loro di lavorare da professionisti e ovviamente alla fine, li rendono tali. Una lungimiranza che a noi italiani, benché non privi di talenti, di idee e di esperienza, purtroppo manca. E poi i canadesi, figli di secoli di migrazioni, non hanno paura delle mescolanze e delle contaminazioni: tra razze, generi, stili. Prendono il meglio di tutto e ce lo restituiscono col sorriso.
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Stefania Andreotti
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