NOTA A MARGINE
“Il rischio mafia esiste, compito di tutti è mantenere sana la città”
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“Nelle zone di origine e presenza endemica, oltre a un vero e proprio controllo del territorio le organizzazioni mafiose hanno una funzione di mediazione sociale che permette loro di acquisire consenso; i risultati sono perdita di competitività del tessuto produttivo e deficit di cittadinanza. Ma il nord è diverso, è zona di colonizzazione: qui si fanno investimenti per riciclare i proventi delle attività illecite e sempre di più il metodo di infiltrazione non si basa sulle intimidazioni, ma su corruzione e strumenti del credito, con la costruzione di un sistema di connessioni in loco attraverso la connivenza di quell’area grigia formata da burocrati, politici, professionisti e imprenditori. Ecco perché Giovanni Tizian scrive di ‘holding finanziaria’ e il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti parla di ‘una visione politica del radicamento’”.
A sottolinearlo è stato Fulvio Bernabei, intervenendo al secondo incontro del ciclo “Chiavi di Lettura, opinioni a confronto sull’attualità” organizzato da Ferraraitalia con lo scopo di chiarificare nodi controversi del nostro vivere quotidiano. Ieri, in biblioteca Ariostea, si è dibattuto di mafia a Ferrara fra allarmismo e rischi reali, per cercare di capire quanto la nostra provincia è davvero permeabile e quali siano i segnali a cui dobbiamo porre attenzione.
Bernabei (Guardia di finanza) e Federico Varese (Oxford university) hanno fornito un inquadramento generale di cosa significhi mafia oggi: un fenomeno complesso e diversificato a seconda delle differenti aree della nostra penisola.
Il problema della diffusione al nord è noto. Il più recente documento che si occupa di illegalità diffusa nel nostro territorio è il rapporto “L’economia illegale in Emilia Romagna”, realizzato per Osservatorio della legalità e Unioncamere regionali dal professor Andrea Mazzitelli di Universitas Mercatorum. E proprio questo documento è stato il detonatore dell’appassionato confronto che ha attratto in biblioteca un folto e attento pubblico. “La nostra ricerca – ha spiegato Mazzitelli in collegamento Skype da Roma – indaga in particolare la presenza del fenomeno illegale nel tessuto produttivo legale, reso più fragile dalla crisi economica di questi anni: attraverso l’individuazione di indicatori e di campioni statistici ripetibili, si sono resi evidenti ‘i fattori di rischio’ e ‘la vulnerabilità economica e sociale’, considerandoli segnali anticipatori dell’infiltrazione”. Ed è “l’ormai palpabile sfilacciamento del tessuto sociale e produttivo”, fotografato anche dal rapporto di Mazzitelli, che ci deve preoccupare, non solo come ferraresi ed emiliani, ma a livello generale, perché è fra queste crepe di illegalità diffusa che le mafie si infiltrano con agilità.
Varese – criminologo noto a livello internazionale in collegamento Skype da Oxford – ha però preso le distanze dalle conclusioni dello studio di Unioncamere, sostenendo che il giudizio è “falsato dalla considerazione di troppe fattispecie di reato non propriamente ascrivibili alle modalità d’azione delle organizzazioni mafiose e che, al contrario, nei settori tipicamente infiltrati dalla mafia (edilizia, movimentazione terra, stoccaggio rifiuti) a Ferrara si è registrata negli ultimi anni una contrazione del volume di attività”. Acqua sul fuoco dunque, accompagnata però dalla raccomandazione di non abbassare la guardia perché le insidie sono reali, come dimostrano le vicende delle vicine province di Reggio e Modena.
Sintetico ma significativo ed eloquente è stato il contributo di Tito Cuoghi (Anpar) sui rischi di presenza e le modalità d’azione delle ecomafie negli appalti, con specifici riferimenti alla ricostruzione dopo il sisma dell’Emilia.
Infine, il referente del coordinamento provinciale di Libera, Donato La Muscatella, ha concluso che il problema del radicamento in Emilia Romagna ormai è innegabile e anche a Ferrara “il rischio esiste: è necessario quantificarlo”. Per quanto riguarda il contrasto e la prevenzione, La Muscatella ha sottolineato che “il fenomeno criminale è competenza di magistrati e forze dell’ordine, ma il fenomeno sociale riguarda tutti; perciò benché non ci sia un vero e proprio allarme, la guardia va tenuta alta ed è compito di tutti i cittadini farlo per ridurre le occasioni di infiltrazione”.
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Federica Pezzoli
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