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Da alcuni anni si è avviata, fra gli storiografi e non solo, una riflessione sulle problematiche poste oggi dalla memoria della Shoah e sulla Giornata della memoria, sulle sue finalità originali e sulle forme che poi ha assunto. Si possono citare “L’eredità di Auschwitz. Come ricordare?” di Georges Bensoussan, oppure “Dopo l’ultimo testimone” di David Bidussa e “Memoria della Shoah: dopo i testimoni”‬ curato da Saul Meghnagi, fino ad arrivare al pamphlet “Contro il giorno della memoria” di Elena Loewenthal.

linguaggi-memorialinguaggi-memoriaA essere criticato è il quadro retorico e celebrativo nel quale vengono spesso relegate le attività istituzionali presenti nel calendario della Giornata della memoria, poco avvertite nella coscienza della popolazione: già quattro anni fa Bidussa, in un intervento su Repubblica, parlava di “sovraesposizione”, di “un sovraccarico di celebrazioni, con gli storici mangiati dalla tv, che banalizza e mitizza nello stesso tempo”. Per sottrarre la memoria della Shoah a questa retorica che la paralizza all’interno del cosiddetto ‘dovere di memoria’ è al contrario necessario fare ricerca, informazione e cultura, e aumentare gli sforzi sull’educazione, in modo da instillare i semi di riflessioni che si svilupperanno nel tempo e in modo duraturo, piuttosto che suscitare emozioni superficiali e momentanee.

Ho ritrovato queste caratteristiche in tre iniziative ferraresi svoltesi domenica scorsa proprio in occasione della Giornata della memoria 2015: la mostra “Le radici del futuro. Tracce, parole, segni”, l’intervento di Luciana Roccas Sacerdoti sui “Giusti fra le nazioni” e lo spettacolo teatrale “Micol e le altre” al Teatro Off.

linguaggi-memorialinguaggi-memoria“Le radici del futuro”, organizzata dal Liceo Artistico Dosso Dossi in collaborazione con il Meis e l’Istituto di storia contemporanea di Ferrara e allestita nella sala dell’Imbarcadero 1 del Castello, è il punto di approdo di un progetto educativo sulla memoria che ha voluto uscire dalla dimensione statica del ricordo fine a se stesso, tentando di trasformarlo in un punto di partenza per interrogarsi sul domani che si desidera creare: “Custodire la memoria per costruire il futuro”, come recita il sottotitolo.

linguaggi-memorialinguaggi-memoriaUn interrogativo ancora più importante se a porlo, agli altri ma soprattutto a se stessi, sono i ragazzi, cioè gli adulti di domani. “Ricorda ed avanza nella vita”, ammonisce il verso finale dell’elaborato vincitore del primo premio, svettante sopra l’opera vincitrice “Il cammino della storia”.
Un altro motivo dell’importanza di questo progetto è la partecipazione attiva dei ragazzi al processo educativo attraverso l’ideazione di un laboratorio didattico per i colleghi più giovani delle scuole medie. Il risultato di questo laboratorio è un’installazione di lanterne: una per ciascun deportato ferrarese ad Auschwitz, perché i nomi diventino infine presenze.

linguaggi-memorialinguaggi-memoriaDi responsabilità personale e di individualità fuori dai grandi numeri si è parlato nell’incontro del pomeriggio al Centro sociale ricreativo del Doro, dove Luciana Roccas Sacerdoti ha raccontato alcune storie di “Giusti fra le nazioni”: non necessariamente eroi, né persone moralmente integerrime – basta pensare a Oscar Schindler – ma “persone capaci di fare del bene in uno dei momenti più bui dell’umanità”. Il Tribunale del Bene – così viene chiamata la commissione di 35 fra storici, sopravvissuti e magistrati, che opera all’interno dell’istituzione memoriale dello Yad Vashem – ha iniziato a operare nel 1963 e da allora ha valutato e valuta istanze sempre portate da sopravvissuti o da loro discendenti: nessuno di coloro che sono stati dichiarati Giusti “si è mai fatto avanti di sua iniziativa”. I motivi di tale ritrosia sono diversi, ma molti di fronte alla domanda “Perché avete aiutato gli ebrei?”, hanno risposto con quella che Grossman ha chiamato “bontà insensata”: “ho fatto il mio dovere, ho fatto ciò che andava fatto”.

linguaggi-memorialinguaggi-memoriaHanno cioè chiamato in causa la propria coscienza. Se la memoria del male si è finora dimostrata inutile, può la memoria del bene sortire maggiori risultati? È l’interrogativo con cui Luciana Roccas Sacerdoti ha lasciato il pubblico: può la memoria delle vicende di questi uomini e donne, a volte interi villaggi o popolazioni, come in Danimarca o Bulgaria, diventare l’esempio concreto per le generazioni di oggi e di domani che è fondamentale esercitare sempre la propria coscienza critica e la propria responsabilità personale? Questo è il motivo per cui anche in questo intervento non c’è retorica, anche se molti potranno pensare l’esatto contrario.

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Roberta Pazi interpreta Gemma Brondi, Clelia Trotti e Lida Mantovani
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Diana Höbel interpreta Micol

Infine lo spettacolo “Micol e le altre” a FerraraOff. Grazie a Roberta Pazi, Diana Höbel, Marco Sgarbi, Giulio Costa, sono le individualità dei personaggi femminili dell’universo bassaniano a essere portati alla presenza del pubblico: Gemma Brondi, Clelia Trotti e Lida Mantovani. Su tutte l’unica protagonista di origine ebraica: Micol Finzi Contini, che funge da collegamento fra i diversi quadri narrativi. Anzi, le sue forse sono le incursioni di una presenza che continua a farsi sentire nonostante la volontà dell’autore: spostandosi dentro e fuori il campo da tennis che mano a mano viene costruito sul palco sembra interagire con Giulio Costa-Giorgio, ma nello stesso tempo non gli dà nessun peso, è l’unica sulla quale egli non ha il controllo. Nello spettacolo, come nelle opere di Bassani, non c’è retorica c’è solo la vita narrata da un poeta.

Le immagini della mostra e dello spettacolo sono di Federica Pezzoli.

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Federica Pezzoli



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