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Nirvana

 

Nirvana: nel buddhismo, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore.

Quando lo ascoltai per la prima volta, ebbi una sensazione mai provata prima ascoltando un disco. La sensazione che lui fosse davvero deluso, disperato, che la sua rabbia fosse sincera, che il grumo di amarezza che urlava non avesse nulla di artefatto. Che non ci fosse alcuna distanza o distinzione tra lui e il suo personaggio artistico, come spesso fanno gli artisti: mettere la loro verità dentro un personaggio, per trovare il coraggio di dirla. Mentre le urla di un cantante heavy o hardcore mi sembravano manieriste e caricaturali, le sue grida mi turbavano.

Ebbi l’ingenuità di credere che il talento ed il successo lo avrebbero salvato dai suoi demoni. Invece non c’è peggior solitudine dell’essere considerato un portavoce generazionale, quando non hai nemmeno la forza di alzarti dal letto, di lavarti. Tu sai chi sei, ma vieni continuamente frainteso, e messo su un piedistallo. Non sai nemmeno cosa stai dicendo, ma quello che dici viene trasformato in qualcosa di messianico. Feci in tempo a vederlo dal vivo, a febbraio, un paio di mesi prima che decidesse di averne abbastanza, quel 5 aprile. Sento ancora in bocca il sapore fumoso di quella sera, una rappresentazione di camicie di flanella a quadri di cui sentiva l’assurda responsabilità. Mi conforterebbe averlo ancora tra noi, invecchiato. Per me è stata come la morte del più caro, indocile animale domestico.

Non ho il tempo di tradurre ciò che comprendo nella forma di una conversazione. Ho esaurito la maggior parte delle conversazioni entro i nove anni. Riesco a sentire solo attraverso grugniti, grida e intonazioni di voce, oltre che con i gesti delle mani e del corpo. Sono sordo di spirito.”
Kurt Cobain

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)