Nella splendida cornice del Ridotto di Ferrara, il concerto della pianista Paola Tagliani
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di Giordano Tunioli
Dobbiamo essere grati a Paola Tagliani, acclamata pianista, per averci proposto un programma su cui riflettere. Brahms – come Liszt e pochi altri -, è compositore temuto dai pianisti, sia per la tecnica esecutiva richiesta sia per la profondità della sua musica che esige sempre consapevolezza, massima concentrazione e notevole sensibilità interpretativa. Il pianismo di Brahms, con l’impiego pressoché costante di ottave, decime ripetute o sciolte in arpeggi in un ordito polifonico arduo da svolgere in modo chiaramente percettibile all’ascoltatore, non concede nulla all’improvvisazione e al dilettantismo: insomma, per suonare Brahms occorre possedere buone doti interpretative. Lo confermano i tre Intermezzi Op.117 composti nel 1892 quando Brahms aveva 59 anni. Opera matura, quindi, che insieme ai precedenti Intermezzi Op.116 e a quelli successi Op. 118 e 119 fanno parte di una più ampia raccolta di pezzi per pianoforte detta “Pezzi d’autunno”, quasi un testamento pianistico, sintesi essenziale delle sue precedenti composizioni.
Brahms definì l’Intermezzo n.1 in mi bemolle maggiore (Andante moderato) – in cui s’annida la nostalgia del passato – «ninna-nanna dei miei dolori». L’autore, senza alcuna intenzione descrittiva – a cui Brahms era contrario-, trae ispirazione dal testo di una antica ninna-nanna scozzese intitolata Lady Anne Bothwell’s Lament (Compianto di Anna Bothwell), tradotta e pubblicata nelle Stimmen der Völker da Herder (che a sua volta trasse dai Reliques of Ancient English Poetry risalenti al 1765, di Thomas Percy). A epigrafe sono proposti dal compositore due versi: “Schlaf sanft, mein Kind, schlaf und schön! / Mich dauert’s sehr, dich weinen sehn”. (Schottisch, aus Herders Volksliedern, “Dormi calmo, bimbo mio, dormi bene! Mi addolora molto vederti piangere”). E’ un Brahms malinconico, riflessivo, che usa la tipica forma tripartita dell’Intermezzo (A-B-A) con un primo tema appartenente alla prima sezione (A) in mi bemolle maggiore, un secondo tema proprio della seconda sezione (B) in mi bemolle minore e una ripresa nella terza sezione del primo tema variato (il concetto di variazione è insito nella maggioranza delle opere Brahmsiane) nel modo maggiore originario.
La struttura armonico contrappuntistica si presenta in tre strati: il basso nel registro grave, un doppio pedale di tonica nel registro acuto e il tema nel registro centrale. La melodia, resa ancor più struggente dall’andamento discendente dell’ incipit, sembra sposarsi con il testo fin dalle prime note, attorniata dalle voci estreme.
L’Intermezzo n.3 in do diesis miniore Op.117 è anch’esso tripartito, con la sezione centrale (Più moto ed espressivo) ritornellata, ampia e complessa. Anche in questo terzo Intermedio il primo tema, dopo essere stato esposto per ottave, s’insinua nel registro di mezzo tra note ripetute nella parte più acuta e un movimento dal carattere tenebroso e inquietante. Non vi è serenità in questo brano: l’atmosfera angosciosa e cupa sembra solo apparentemente diradarsi in una sezione centrale nella quale il secondo tema, “dolce ma espressivo” come indica Brahms, si snoda tra sincopi e un denso contrappunto. La ripresa variata del tema è ancor più ansiosa tanto da giustificare l’affermazione del compositore: «la berceuse dei miei tormenti».
Brahms si pone con lo sguardo volto verso il futuro (Schönberg titolava un suo saggio Brahms il progressivo), uno tra i più grandi innovatori del tardo Romanticismo pur considerato dai contemporanei un musicista “accademico”.
Di Franz Schubert, la pianista ha interpretato la Sonata in si bemolle maggiore D 960, opera profonda e di vaste dimensioni, tanto da costituire il momento fondamentale del concerto.
Schubert (1797-1828) è conosciuto dal grande pubblico come l’autore di numerosi e stupendi Lieder , meno per le sue sonate pianistiche. E’ tuttavia proprio nella produzione pianistica schubertiana che la sonata occupa una posizione centrale. Schubert compose 23 sonate – dodici delle quali incompiute- creando capolavori inconfutabili. La forma-sonata rimane più o meno invariata nella sua struttura tripartita (Esposizione, Sviluppo, Ripresa) e la Sonata si compone solitamente dei tre o quattro movimenti tipici di questa forma: primo tempo di sonata (generalmente Allegro), un movimento lento (non di rado in forma di Lied-sonata), lo scherzo con Trio e un finale in forma-sonata o Rondò.
L’ultima fu proprio la Sonata D960 appartenente al polittico in tre pannelli composto dalle sonate: in do minore D. 958, in la maggiore D. 959 e in si bemolle maggiore D. 960 composte contemporaneamente nel settembre del 1828, circa due mesi prima della sua morte che avvenne il 19 novembre 1828.
In queste composizioni si riassumono gli elementi stilistici essenziali della sonata per pianoforte schubertiana; nella Sonata D960 si avvertono gli echi dei suoi Lieder e delle precedenti sonate. Il primo movimento, il più esteso di tutta la composizione ( Schubert la definiva una «celeste durata»), presenta un tema cantabile – sostenuto da un trillo dissonante – che sembra sorgere dalle nebulose radici del nulla, in tempo Molto moderato. Il primo movimento si svolge nell’ambito della forma-sonata con un primo tema più volte ripreso, una transizione, un successivo secondo tema e vari gruppi tematici derivati dalla prima idea. Segue un’elaborazione sugli elementi tematici già esposti in una tonalità lontana e ripresa del tema iniziale con varie modulazioni.
Dopo il lunghissimo primo tempo segue un Andante sostenuto d’intensa espressività e nella forma di Lied tripartito; l’ostinato dell’accompagnamento ripropone (come altri studiosi, tra cui Brigitte Massin, ebbero ad evidenziare) il drammatico clima di alcuni Lieder del Winterreise (Viaggio d’inverno).
Segue lo Scherzo (Allegro vivace con delicatezza) di inebriante freschezza, nella forma tipica (A-B-A) con il consueto Trio ma con libertà di modulazioni e l’irregolarità di accenti ritmici che contraddistinguono soprattutto le ultime opere schubertiane.
L’ultimo tempo (Allegro ma non troppo) è sostanzialmente un Rondò-sonata basato su tre temi con carattere diverso, sintesi armoniosa di un’atmosfera tra malinconia e giocosa lievità. La Sonata si conclude con un susseguirsi di ottave nel registro grave, a sostegno dell’elemento motivico. Sergio Sablich in un programma di sala annotò:
«Forse si riferiva proprio a questo movimento, e al suo continuo ricominciare da capo, Robert Schumann quando scriveva dell’estrema composizione di Schubert: “Come se ciò potesse non avere mai fine, mai preoccupato di ciò che verrà dopo, egli continua a correre, pagina dopo pagina, in modo sempre musicale e ricco di cantabilità, interrotto solo qua e là da isolate, violente convulsioni seguite da un rapido ritorno alla calma” . Una corsa che nel suo arco temporale e spaziale, chiuso e infinito insieme, ha qualcosa di liberatorio e di tragico, di individuale e di universale» .
Paola Tagliani, allieva di Rina Cellini, ci offre una lettura sensibile, attenta all’analisi delle componenti di entrambi gli autori interpretati, con un fraseggio ed una tecnica sempre controllata, mai fine a sé stessa e sempre al servizio di una ponderata logica musicale. Al termine del programma, dopo calorosi e meritati applausi, la pianista ha regalato al pubblico due bis: il Walzer Op.9 n.12 (dai trentasei Ester Walzer D365) e il Walzer sentimentale n.11 (dai trentaquattro Walzer sentimentali D.779 Op.50).
Ancora una volta la pianista ferrarese è riuscita nell’intento di donare ai numerosi ascoltatori intervenuti nella splendida cornice del Ridotto del Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara, la gioia di rivivere intense emozioni.
(servizio e foto di Giordano Tunioli)
Paola Tagliani in concerto al Ridotto del Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara (sabato, 25-03-2017)
Programma:
J. Brahms (1833 – 1897
Intermezzi op 117
N. 1 Andante moderato
N. 3 Andante con moto
Schubert (1797 -1828)
Sonata in si bemolle maggiore D 960
Molto moderato
Andante sostenuto
Scherzo – allegro vivace con delicatezza
Allegro, ma non troppo
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Redazione di Periscopio
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