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di Federica Mammina

Non molti giorni fa ho sottoscritto una petizione in favore dell’allattamento in pubblico, solo l’ultima di una lunga serie. Il fatto scatenante, anche questo l’ultimo di una lunga serie, è stato l’invito ad allontanarsi rivolto da una guardia giurata ad una donna che si è trovata nella necessità di allattare il proprio bambino all’interno dell’Università degli Studi di Parma. La motivazione: non urtare la sensibilità degli studenti. Al di là del singolo episodio che per fortuna si è concluso con le scuse dell’Università ai genitori del piccolo che tanto scalpore ha creato con la sua strampalata richiesta di latte, vale la pena forse fare una riflessione più generale.
È sempre più necessario rendersi conto di come si assista ad un capovolgimento nell’attribuzione di significato, nella valutazione degli eventi e ancor più di quelli costitutivi della vita dell’uomo: un mutamento radicale tra ciò che è naturale in quando insito nella natura umana, e necessario per la sua sopravvivenza, e ciò che naturale non è. Bisogna ormai per forza accettare le più svariate situazioni innaturali per essere al passo con i tempi, ma si rinnegano gesti connaturali all’uomo.
E ciò perché si confonde ciò che è naturale con ciò che è normale, laddove i due termini però non coincidono e non possono pertanto essere intercambiabili.
Ebbene non è vedere un seno che nutre un neonato ciò che urta la mia sensibilità, ma che agli occhi di qualcuno sia celata l’innocente naturalezza del gesto.

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Redazione di Periscopio



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