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25 Dicembre 2017

Una storia di Natale

Tempo di lettura: 2 minuti


Albero di Natale, pacchetti sparsi sul pavimento, caramelle confezionate, scartate e buttate…
Sala d’aspetto d’ospedale: luci al neon, sedie e tavoli vuoti, pulsanti alle pareti.
Vado a prendere un te caldo al distributore, cammino lungo il corridoio. Pareti e soffitto arancio per rallegrare, luci soffuse per non disturbare. Sulla sinistra un corrimano grigio, sulla destra una porta dietro l’altra e all’interno di ognuna involucri umani giacciono in penombra, immobili, intrappolati nei loro sudari computerizzati.
È tardi, l’orario di visita è finito, un infermiere con una busta di soluzione fisiologica in mano mi passa accanto sfiorandomi, forse sono invisibile, certo vorrei esserlo. Mi pesa quest’aria viziata di disinfettante, escrementi e candeggina.
La vita si scontra con la morte, di nascosto. Avverto uno strano pudore, mentre orgoglio e dignità sono definitivamente sconfitti da bisogni e necessità. Gli umori fuoriescono, lacerazioni e piaghe purulente infiammano corpi già martoriati, umiliati.

Continuo a camminare senza fare rumore, gli occhi indugiano irrispettosi e dispiaciuti nell’intimità altrui. Un fracasso di urla sommesse mi raschia i timpani: rantoli, ansimi, lamenti bisbigliati m’inseguono anonimi lasciando solchi.
Corpi collegati a cavi e sensori, attaccati a tubi e sacche, perforati da aghi e sonde…
Intravedo cicatrici, come cerniere richiuse sulla pelle, e nervi spezzati, come le speranze.
Si vive la giornata, il dolore è come il pane quotidiano: si mangia per sopravvivere.
È rimasta poca carne in quei corpi pallidi, avvolti nei pigiami comprati in offerta, all’occorrenza.
Impulsi vitali monitorati ogni secondo. Anime e circuiti elettronici coabitano in simbiosi. L’esistenza è sospesa in un sonno indotto. Il pensiero è rarefatto. Forse è un sogno profondo, lontano, perso in altri luoghi e tempi.

Altrove sembra tutto normale: fuori le luci brillano a festa, la gente si prepara per uscire. Pizza o ristorante? Cinema o pub? Poi la messa di mezzanotte, per scambiarsi un segno di pace e rimirare il presepe coi suoi effetti scenici. Ormai satolli di cibi e vino ma non paghi di baldoria.
È Natale dopotutto.

Il Natale è altrove, penso. Eppure l’albero e gli addobbi sono qui davanti a me, in questa saletta dove quei corpi troppo fragili non possono arrivare.
No, forse mi sbaglio, il Natale è qui!

Fragile (Sting, 1987)

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it