NADIYA ANZHUMAN:
Io sono una donna afghana
E questo é il mio lamento.
Tempo di lettura: 2 minuti
Non ho voglia di aprir bocca
Per cantar cosa, poi…?
Io, disprezzata dalla vita stessa.
Cantare e non cantare? Non c’é differenza.
Perché dovrei parlare di dolcezza
Quando provo solo amarezza?
Oh, il diletto dei tiranni
Ha colpito la mia bocca
Se non ho un compagno nella mia vita
A chi dovrei dedicare il mio affetto?
Non c’è differenza fra parlare, ridere,
Morire, esistere.
Io e la mia solitudine forzata.
Insieme al dispiacere e alla tristezza.
Sono nata per il nulla.
Le mie labbra dovrebbero essere sigillate.
Oh, cuore mio, lo senti che è primavera
Ed è tempo di festa.
Cosa posso fare con un’ala intrappolata
Che mi impedisce di volare?
Sono stata zitta per troppo tempo,
Ma non ho dimenticato la melodia,
Poiché continuo a bisbigliare
Le canzoni nel profondo mio cuore,
Per ricordare a me stessa
Che un giorno distruggerò questa gabbia,
E volerò via dalla solitudine
E canterò, con la mia malinconia.
Io non sono come un debole pioppo
Che si piega al vento.
Io sono una donna afghana,
E questo é il mio lamento.
Nadiya Anzhuman (1980–2005) ebbe una vita breve, il decesso avvenne non molto tempo il suo matrimonio e appena sei mesi dopo aver dato alla luce una bambina. Le circostanze della sua morte prematura non sono mai state del tutto chiarite, anche perché all’epoca della disgrazia non fu fatta nessuna autopsia sul cadavere. Nonostante alcuni fallimentari tentativi da parte di alcuni individui per far risultare la sua morte un caso di suicidio, è certo che Nadiya morì dopo una furibonda lite col marito e dopo aver subito una dichiarata violenza fisica da parte di quest’ultimo, in seguito alla quale l’uomo fu incarcerato, anche se per poco tempo, in quanto ritenuto il principale (ed unico) sospettato.
Nadiya provò sulla sua pelle le conseguenze delle riforme statali messe in atto dal governo del Talebani a partire dal 1995 che, fra le altre riforme e i vari interventi sul territorio, vietò alle donne l’accesso alle scuole statali. Dunque, Nadia si trovò a dover fare i conti con la sua passione letteraria da un lato, sua compagna sin dall’epoca della sua infanzia, e dall’altro lato l a difficoltà di essere donna e poter studiare. Si unì al circolo di donne intellettuali guidate da Muhammad Ali Rahyab, professoressa universitaria di Herat.
Fra le varie difficoltà e le mille ostilità incontrate, Nadia riuscì comunque a laurearsi con ottimi risultati in letteratura e a pubblicare un libro di raccolta di poesie, Gul-e-dodi (Fiore Rosso Scarlatto) in lingua farsi. In Italia è stato pubblicato un libretto, Elegia per Nadia Anjuman, che raccoglie alcune delle sue poesie e qualche frammento scritto di un’autobiografia.
Sostieni periscopio!
Redazione di Periscopio
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it