Da MOSCA – Mosca è davvero verde, ricca, di cultura e tradizioni, ma anche di eventi, manifestazioni, scambi e, soprattutto, di parchi e giardini. Capitale da sempre circondata da enormi spazi verdi, la loro cura richiede non solo tanta disponibilità economica ma anche amore e grande rispetto per la natura. E qui tutto questo non manca. A maggio di ogni anno, usciti dal rigido inverno, i colori si risvegliano, i parchi brulicano di giardinieri indaffarati che rifanno completamente il manto erboso e fiorito di questi spazi dove i moscoviti vengono a respirare ogni domenica estiva o ogni sera dopo il lavoro. Una corsetta, una pedalata, una partita a tennis, e poi pattini, monopattini, biciclette, monocicli, skateboard e bambini vocianti riempiono stradine e vialetti profumati.
Guida colorata sotto braccio, mappa aperta sul cuore e mente libera, eccoci pronti ad avventurarci nella nuova e conturbante Mosca. Nuova perché ci ha accolto a braccia aperte, perché profuma di avventura, perché ci apre un mondo inaspettatamente verde e fresco. Nuova perché noi stessi siamo nuovi, rinati e felici, esultanti, intraprendenti, frementi, scalpitanti, impazienti. Entriamo al Gorky park allora. Forse il più bello fra i 96 parchi e i 18 giardini moscoviti.
Ovviamente ci avventureremo nella natura con qualche libro che uscirà dal nostro zaino colorato, sempre con noi, sempre lui, eterno e paziente compagno di viaggio, un cilindro magico pieno di continue e mirabolanti sorprese. Accompagnati dalla musica che pervade e impregna la città…
Ci siamo. Stiamo per entrare al Gorky, ma improvvisante ci appare una sorpresa gradita, qualcosa di totalmente inaspettato. Tantissimi fiori, il loro profumo delicato, note che vi danzano intorno, solo note, tante note in girotondo. Ovunque c’è musica, solo musica, sempre musica. Chi la ascolta e chi la fa, chi la sente anche dove non c’è. Ognuno può suonare le sue note, ciascuno può giocare allegramente e spensieratamente con il suo spartito reale o immaginario.
Terminato lo stupore del vedere come ci si possa lasciare andare alla musica, in mezzo al traffico impazzito e a tante persone dalle mille culture e lingue, piedi e idee ci portano a entrare nel parco vellutato e ondeggiante. La sorpresa è la stessa di quando, da ragazzini, aprivamo il baule della soffitta delle meraviglie. L’entrata è maestosa, come tutto in questa città, e ci invade il colore, i fiori ci danno il benvenuto, quasi minuscoli esseri animati che sorridono alla nostra curiosità infinita ed interminabile. Un tulipano piega leggermente la sua corolla per indicarci la strada, un inchino, un saluto affettuoso che ci fa dirigere verso aiuole splendenti ovali, rettangolari, circolari, ovoidali; ogni forma ha un suo perché, quasi un disegno di un giovane angelo dispettoso che si è divertito e sbizzarrito a lanciare colori qua e là. La natura è splendida, qui, come ovunque, incredibilmente benevola e generosa nel regalarti emozioni forti ed indimenticabili. Anche qui gli alberi, come scriveva Tagore, sono lo sforzo infinito della terra per parlare al cielo in ascolto. Il cielo ascolta, ascolta i pensieri e i sogni che in questo posto magico abbiamo finalmente il coraggio di esprimere.
Prendiamoci per mano e sediamoci allora su questa panchina accanto ai tulipani fioriti, per una volta proviamo a rivelarci i nostri segreti, proviamo a scambiarci i desideri ed a capire cosa vorremo veramente. C’è anche una ninfa leggera laggiù che, con la sua scintillante bacchetta magica ornata di tulle bianco, ha spruzzato qualche goccia di stella su un vaso fiorito solo per noi.
E’ un tripudio di colori e luccichii gioiosi, qualche giacinto sorride scherzoso, anche voi (che so che ormai siete insieme a me…) faticate a capire dove girare il capo, destra, sinistra o ancora sinistra, dritto, dietro, davanti. Viole, iris, tulipani, rose, calendule, fontane, il degno quadro di una favola. Dicevamo, vediamo sbucare una ninfa da un cespuglio fiorito. Forse è una ninfa, o la sua delicata ombra, forse è invece una nobile principessa o una zarina che si aggira per i viali.
Scorci mozzafiato. Il vostro piccolo libro, ecco ecco, ora ricordate. Quello che ritrovate seduto al caffè del parco, nascosto fra i libri arancioni allineati, a disposizione di tutti. Ci fermiamo un attimo in questo gazebo bianco, un caffè nero forte ci aiuterà a continuare il cammino, mentre le rose in fila rigorosa riflettono i loro colori accesi negli animi di chi, al riparo di quel candido legno, chiacchiera allegramente con amici ed estranei incrociati lungo la via.
Forse avevate sentito, dal nonno, la favola della bella zarina liutista, la giovane innamorata che era stata coraggiosamente capace di sfidare la sorte, travestita da paggio liutista, per salvare lo zar rapito da un sultano durante un viaggio nel lontano Oriente. Con il suo liuto aveva convinto il sultano a restituirle il prigioniero, in cambio delle sue note, lei che si era tagliata le lunghe e folte chiome e che in un prato fiorito, accanto ad una fontana, aveva rivelato al marito ritornato con lei, il suo trucco per salvarlo. Lei che, con il coraggio che dà solo l’amore vero, aveva compiuto il miracolo che vascelli carichi d’oro e di pietre preziose non avrebbero potuto compiere [leggi].
Da dietro quel cespuglio fiorito, che ora accarezziamo, sono sbucate le note della zarina liutista. Sono loro, le stesse amorose e potenti note, ne siamo certi. Sono forti ed intense. I sentieri sono alberati, snelli e lunghi, ma retti e piacevoli. Come tutti i pazienti e curiosi sentieri che si rispettino ci porteranno in luoghi davvero fantastici.
Camminiamo ancora, ve ne prego, continuiamo a passeggiare lungo l’imponente e calma Moscova, cerchiamo di arrivare insieme al limitrofo giardino Neskuchnyy, il più antico parco della città, utilizzato dagli zar come residenza privata. Altro tripudio di verde smeraldo.
So che fa caldo per essere maggio, siamo a quasi trenta gradi, ma se avrete la pazienza di accompagnarmi ancora per un bel tratto vedremo uno spettacolo indimenticabile. La stanchezza si sentirà solo a fine giornata, ma sarete felici di avermi ascoltato. Prometto. Ma cosa intravvediamo laggiù fra vocii e risate? Canoe, remi, natanti, salvagente e ponti. Quasi fossimo in un altro mondo nel mondo.
Rincuorati procediamo, finché, insieme a un profumo di fresie bianche che non ci sono, eccoci apparire uno specchio d’acqua illuminato dal sole. I raggi di luce si abbracciano amorosamente per giocare a nascondino con i tuoi pensieri e le tue sensazioni. Ti innamori della loro passione, del loro essere insieme e uniti, del loro legame tenero e forte ma allo stesso tempo libero di sciogliersi in qualsiasi momento, in un attimo di polvere. Solo che loro, pur liberi in sé stessi e per sé stessi, vogliono restare allacciati per te, quasi ad indicarti la strada. In fondo allo specchio ti vedi, ammiri la natura che si specchia nei tuoi occhi. La foresta intorno è una vera e propria foresta nella città, ne senti i suoni e gli odori. Ti pare quasi di sentire le parole che la graziosa figlia di Grigorij Ivanovič Muromskij, Lizaveta-Akulina, sussurrava di nascosto al suo bel Aleksej, figlio dell’odiato vicino Ivan Petrovič, lungo la strada ombreggiata del boschetto che Puškin descrive con la maestria che lo contraddice. I cespugli e le frasche fruscianti paiono le stesse, i messaggi trepidanti lasciati negli incavi degli alberi potrebbero davvero essere ancora nascosti lì. Vi piace immaginarlo, vi piace l’idea di andare a cercarne qualcuno. Adorate Puškin quando non descrive fino in fondo e lascia immaginare parole e discorsi, la storia che si preferisce, il finale che si desidera. Cerchiamo allora qualcuno di quegli antichi messaggi.
Una nota manoscritta, una calligrafia femminile tornita ed elegante, ci dice di tornare indietro e di dirigerci ora ai giardini dell’Hermitage… Non sono vicinissimi, dobbiamo percorrere all’indietro il cammino fatto per arrivare, risalire verso il Bolshoi e arrivare alla Petrovka. Non sentirete la fatica. Ancora uno sforzo, allora, prima che arrivi il tiepido tramonto. Ci tengo a portarvi qui, perché questo luogo nasconde delle fate. Siamo accolti dal rosa, da palloncini a forma di cuore che ospiteranno un evento sul matrimonio. Il giardino curato attira le farfalle, e quindi anche noi siamo qui. Noi che siamo diventati farfalle grazie anche a quest’aria colorata e profumata, noi che stiamo prendendo il volo, con grazia. Abbigliati di gelsomino, attraversiamo gli alberi di pesco fiorito. Ammetto che non sono veri, come quelli che si trovano all’interno dei moderni e imponenti magazzini Gym sulla Piazza Rossa, ma il loro fascino è eterno e quasi sovrannaturale. Una signora dal cappello di paglia li sfiora e li accarezza, prima di scomparire, con il nipotino, sotto il gazebo verde.
Vi avevo detto che qui le fate passeggiano per i sentieri curati. Scambiamoci allora un segreto per il futuro, non siate timorosi di aprire il vostro cuore a questa natura che canta e incanta.
Usciti da questo magico giardino saprete dove andare. Promesso.
Postilla doverosa: alcune foto del Gorky park sono del maggio 2013, quest’anno una recente ondata di maltempo ha fatto soffrire molti fiori. Ma il parco risplende comunque per la sua bellezza e il suo verde immenso. Da vedere.
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Simonetta Sandri
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