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«Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli,
e voi Marino Serri, Reverberi e Farioli
dovremo tutti quanti aver d’ora in avanti
Voialtri al nostro fianco per non sentirci soli»
Fausto Amodei: Per i morti di Reggio Emilia

Mi chiedo cosa dica oggi (e a chi) una vicenda di sessanta anni fa e la canzone che ne fa memoria, Per i morti di Reggio Emilia. I miei ricordi sono più o meno questi.
Con l’amico di sempre, Ranieri Varese, frequento il Consiglio Provinciale della Resistenza, che si occupa di diffondere la conoscenza di quelle vicende tra i giovani. È un argomento pressoché tabù negli anni ’50. Ricordo in particolare, come illuminanti, le conferenze di Riccardo Bauer ed Enzo Boeri. Ranieri ed io siamo i più giovani in quegli incontri preparatori.
Nella primavera del 1960, in un incontro in vista del 25 aprile, vengono espresse preoccupazioni per la situazione del Paese. Si è insediato il governo Tambroni, monocolore democristiano con l’appoggio determinante dei neofascisti. La convocazione del congresso nazionale del MSI a Genova riceve una netta ripulsa dalla città. Viene annullato a fine giugno.

Manifestazioni contro il Governo, per la democrazia e l’antifascismo, si svolgono in varie città nei primi giorni di luglio. Anche a Ferrara, come a Reggio Emilia, la data è il 7 luglio, piazza Municipale strapiena, direi di ricordare una sola camionetta della Celere a garanzia dell’ordine pubblico. Tutto si svolge tranquillamente. Più oratori si susseguono. Saprò poi che la notizia dell’eccidio di Reggio Emilia è giunta al palco, ma è responsabilmente taciuta.

Reggio Emilia, 7 luglio 1960. Le Forze dell’Ordine sparano sulla folla.

Reggio Emilia, 7 luglio 1960. Le Forze dell’Ordine sparano sulla folla.A Reggio Emilia la Celere apre il fuoco sui manifestanti. Muoiono Ovidio Franchi, operaio, 19 anni; Lauro Farioli, operaio, 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bambino; Marino Serri, pastore, 41 anni, partigiano della 76SAP, primo di sei fratelli; Afro Tondelli, operaio, 36 anni, partigiano della 76a SAP, quinto di otto fratelli; Emilio Reverberi, operaio, 39 anni, partigiano nella 144a Brigata Garibaldi e commissario politico nel distaccamento G. Amendola.

Quest’anno Reggio li ha ricordati con diverse iniziative e in particolare con una manifestazione – promossa da Comune, Provincia, Cgil, Cisl e Uil, Anpi, Alpi-Apc, Anppia, Istoreco e Comitato democratico e costituzionale – il 7 luglio. Partecipava pure Silvano Franchi, il fratello di Ovidio. A Reggio, evidentemente, pensano che la data qualcosa ci dica sessanta anni dopo.

In quel tempo un giovane cantautore, Fausto Amodei, fa servizio militare soldato semplice, Centro Addestramento Reclute di Montorio Veronese. La notizia lo sconvolge e il suo modo di solidarizzare consiste nel comporre una canzone [puoi ascoltarla qui]. Sarà la sua più ascoltata e cantata. Amodei è già attivo nel gruppo di Cantacronache, sorto a Torino nel 1957 tra musicisti, letterati e poeti. Sono le prime canzoni ‘impegnate’ – pure belle – che ho modo di sentire nell’ospitale casa, a Ferrara, di un compagno di Liceo, Afro Maisto. Nella canzone l’autore chiama a una nuova resistenza nel nome dei caduti, già partigiani o loro eredi ideali, i due giovanissimi. Ranieri ed io abbiamo la stessa età di Ovidio!

Di Amodei non dirò altro. Le sue canzoni si possono ancora ascoltare con piacere. Io non le so cantare. Alla cresima, nelle prove del coro, mi dicono “Tu apri solo la bocca!”. Le parole però le so, non solo Per i morti di Reggio Emilia, ma almeno La zolfara, Qualcosa da aspettare, La marcia della pace. Le suggerisco quando qualcuno, chitarra in mano, le intona. Ora non succede più. Di Fausto Amodei, che però non ho mai incontrato, ho condiviso pure una parte di percorso politico: Unità Popolare, Psi, Psiup…

Io sono sicuro che occorre recuperare il meglio dell’Antifascismo e della Resistenza, di fronte al ritorno di un passato infame, nell’esplodere della diseguaglianza sociale, nella negazione delle diversità, nel connubio tra nazionalismo e religione, nella negazione dei diritti fondamentali.
In una intervista Enzo Biagi chiede a Primo Levi: “Come nascono i lager?” “Facendo finta di nulla” è la risposta. È una risposta che condivido e che considero attuale.

Le vicende che ho semplicemente evocato sono state importanti nella mia formazione. Mi piacerebbe parlare ai ventenni di oggi per sentire se a loro questa vecchia storia dica qualcosa di vivo nel loro presente.
Poi penso: se a me, diciannovenne, avessero chiesto di riflettere su un fatto avvenuto sessanta anni prima, nell’anno 1900 cioè, come avrei reagito? Posso pensare all’uccisione di Umberto I o alla Guerra Boera. Alla monarchia si è posto fine con un referendum e non con colpi di pistola e tra coloni olandesi e soldati inglesi i più simpatici sono gli zulù. Sono risposte possibili. Non so se le avrei date.

Questo articolo è apparso con altro titolo anche sull’edizione in rete della storica rivista del Movimento Nonviolento [www.azionenonviolenta.it]

Cover: Il corpo di Lauro Farioli, una delle cinque vittime della strage (wikipedia commons)

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Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà presidente nazionale dal 1996 al 2010, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali – argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni – e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948.


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